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SIMBOLOGIA NELL’APOCALISSE DI SAN GIOVANNI EVANGELISTA

Aggiornamento: 26 giu 2020

Il libro dell’Apocalisse è una foresta di simboli e il suo simbolismo è proprio uno degli elementi caratteristici e straordinari dell’opera, insieme naturalmente al linguaggio incalzante.

È un libro affascinante, suggestivo e orientarsi nei suoi simboli rappresenta un’avventura culturale, perché, se si vuol tentare di conoscerne il messaggio, si deve imparare a padroneggiarne il linguaggio.

Ho letto le versioni comparate dell’Apocalisse della bibbia C.E.I., della Diodati, di quella Riveduta, compreso un paio delle loro versioni nuove, e per capirne di più ho utilizzato i riferimenti incrociati e il commentario. Ma non è stato sufficiente, le interpretazioni “ufficiali” lambiscono la superficie e non vanno nel profondo.

Il termine greco apokálypsis (ἀποκάλυψις) vuol dire "rivelazione" e significa l’atto di scoprire una “cosa” prima nascosta, poi anche la “cosa” stessa da cui è stato rimosso il velo. Lo si trova usato nel Nuovo Testamento in relazione al piano divino della salvazione, che sarebbe rimasto un “mistero” per la mente umana se non fosse stato rivelato da Dio stesso (Rm 16,25-26; Gal 1,12; Ef 3,3).


L'Apocalisse appartiene al gruppo di scritti neotestamentari noto come "letteratura giovannea", in quanto scritta, se non dallo stesso apostolo che avrebbe dovuto avere più di novant’anni, nei cenacoli che a lui e al suo insegnamento facevano riferimento.

Il linguaggio e simboli appartengono al genere ‘apocalittico’, una corrente letteraria e teologica molto diffusa nel giudaismo di quell’epoca, il libro si autodefinisce “profezia” (Ap 1,3-22,7-19), cioè è l’interpretazione di come Dio agisce nella storia dell’uomo. Non è infatti una predizione sulla fine del mondo, come spesso si crede, ma un messaggio di speranza rivolto alle chiese in crisi interna e colpite dalla persecuzione di Babilonia o della prostituta o della bestia, perché ritrovino fermezza nella fede e coraggio nella testimonianza. Il fine ultimo verso cui si muove la storia dell’uomo non è il trionfo del drago ma quello dell’Agnello e alla Babilonia devastatrice subentrerà per sempre la Gerusalemme della pace e della vita.

Il libro è tutto costellato di simboli e di segni, tra i quali dominano i settenari: i sette sigilli, le sette trombe risuonanti, i sette angeli con le sette coppe del giudizio. Colori, animali, sogni, visioni, numeri, segni cosmici e città sono le componenti di questa interpretazione giovannea della storia alla luce della fede e della speranza.


All’inizio e alla fine dell’opera si hanno le due scene decisive: da un lato la corte divina con l’Agnello e il libro della storia umana (Ap 4-5); dall’altra il duello definitivo tra Bene e Male, tra la Prostituta imperiale e la Sposa ecclesiale, suggellato dall’epifania, la manifestazione della Gerusalemme celeste, per la venuta in pienezza del Cristo salvatore (Ap 16-22).


E vidi nella mano destra di colui che siede sul trono un libro a forma di rotolo, scritto sul lato interno ed esterno, sigillato con sette sigilli, per custodire la storia dell’umanità, il passato, il presente, il divenire, la vita, la verità. Chi è degno di aprire il libro della storia e scioglierne i sigilli? Chi potrà svelare il vero senso delle cose che Dio ha preparato per noi? Nessuno in cielo né in terra né sottoterra è in grado di aprire il libro e leggerlo. Nessuno ne è degno. No, mio Dio, fa che qualcuno apra i sigilli, questa è la nostra unica speranza. Solo uno. Oh Dio, allontana le ombre dal mio cuore. Fa che io sia degno della tua chiamata. Fa che io sia degno di te. Rendimi degno della tua luce (Crf Ap 5,1-14 e preghiere sparse).

Un aiuto all’interpretazione del simbolismo di scuola giovannea in particolare, e del simbolismo cristiano in generale, ci viene dallo studio della Cabala [1]. Eh già, bisogna conoscere almeno le basi di questa disciplina, perché il cristianesimo non è arrivato così dal niente, ma è il risultato di più tradizioni che si sono innestate sulla tradizione ebraica. D’altra parte Gesù è stato certamente istruito alla Cabala, la conosceva bene, perché era necessario possederla per discutere con i farisei, gli scribi e i sadducei. Ricordiamo che a dodici anni si fermò a conversare con gli anziani, che furono meravigliati, data la sua giovane età, della sua conoscenza delle scritture. Una conoscenza che di certo si sarà ampliata nei quasi due decenni successivi. Gesù non poteva non conoscere la Cabala, perché questa faceva parte della tradizione ebraica nella quale era stato istruito, e fu Lui a rivelare a Giovanni tutta quella scienza di cui ritroviamo elementi nel suo Vangelo e soprattutto nell’Apocalisse.

Ogni religione possiede un insegnamento essoterico da dare a tutti i fedeli ed un insegnamento esoterico riservato ad una élite spirituale capace di comprenderlo [2]. Nella religione cristiana l’insegnamento essoterico è rappresentato dalla Chiesa di San Pietro e quindi di San Paolo e quello esoterico dalla chiesa di San Giovanni.

Gesù ha dato a Giovanni, discepolo prediletto, un insegnamento che non ha dato agli altri apostoli e di ciò ce ne rendiamo conto proprio dalla diversità dei loro scritti. La Chiesa di San Giovanni è detentrice della quintessenza della dottrina di Gesù e, se la si sa interpretare, svela i misteri della creazione, le verità del mondo invisibile e i segreti dell’evoluzione dell’essere umano.

L’Apocalisse è il libro della Chiesa di San Giovanni, e per interpretare tutti quei numeri, quei simboli, quelle immagini che essa contiene, bisogna possedere delle conoscenze che offrono la Cabala, l’alchimia, finanche l’astrologia e altre conoscenze iniziatiche che, in quanto tali, sono esoteriche. Per questo motivo la maggior parte dei preti e dei pastori evita di interpretare l’Apocalisse, perché sarebbe obbligata ad accettare tutte quelle discipline ed anche a cambiare certi aspetti della religione di cui sono portatori. Nella Chiesa cattolica si preferisce lasciare da parte l’Apocalisse, perché è la prova che anche taluni Libri sacri hanno bisogno della conoscenza iniziatica per essere interpretati. Bisogna quindi studiare la Cabala per poter penetrare i simboli, decifrarli oppure il libro rimane oscuro. Noi iniziati possediamo la chiave per far sì che questo libro non sia oscuro. Noi possediamo la chiave di lettura per affermare che l’Apocalisse è un libro chiaro.


Le immagini, i simboli e i numeri non sono ordinati come ci si potrebbe aspettare e appaiono come se fossero confusi e messi a caso, ma ci sono dei varchi d’accesso che si trovano all’inizio e in mezzo all’opera che l’iniziato è in grado di trovare. Quando si conosce il significato dei numeri e il significato nascosto dei simboli, tutti i pezzi che sembrano non essere in relazione fra di loro, possono essere confrontati e uno spiega l’altro, offrendo un insieme incredibilmente logico.

Come ho affermato all’inizio della tavola, le numerose interpretazioni dell’Apocalisse che ho letto possono essere veritiere, ma nessuna è andata in profondità. Bisogna leggere l’essenziale, soffermarsi alla descrizione degli elementi e degli avvenimenti e interpretarli nel senso della vita interiore e porli in relazione alla vita cosmica (macrocosmo come microcosmo). Le varie esegesi che ho consultato hanno cercato di individuare dei personaggi, dei paesi o degli eventi storici, perdendo di vista l’essenza del messaggio. Allora, evidentemente, si fanno interpretazioni imperfette e insufficienti, ad esempio sui tempi in cui avverranno le aperture dei sigilli o sui quattro cavalieri con cavalli bianco, nero, rosso e verde, sulla bestia dalle sette teste e dalle dieci corna, sulla donna con la corona di stelle, sulla grande prostituta, sulla nuova Gerusalemme e via discorrendo. Ciò che è narrato simbolicamente da Giovanni come lotta nel mondo esterno cela sapientemente la lotta interiore dei nostri vizi e delle nostre virtù.

Darò ai Fratelli Maestri l’interpretazione esoterica di alcuni passaggi in una mia prossima tavola, ma c’è un argomento da trattare prima.

Che cosa ne facciamo dell’Apocalisse, noi Fratelli che abbiamo già lavorato per conseguire le basi del cammino spirituale?

Non è sufficiente comprendere tutti i simboli solo intellettualmente. Come sempre ci ripetiamo, i simboli bisogna farli vivificare dentro di sé.

E finché non si sarà fatto un lavoro di purificazione interiore, di dominio di sé per uno slancio spirituale, si resterà fuori dalle meraviglie dell’Apocalisse.

Tenterò d’essere più chiaro.

Quello che Giovanni ha visto, gli è stato comandato di scriverlo e mandarlo a tutte le comunità. E Giovanni lo ha fatto, scrivendo simbolicamente solo a sette chiese dell’Asia minore, ora territorio turco, ma dando ad ognuna di esse delle indicazioni precise in cui anche le altre chiese non citate possono riconoscersi. Sono messaggi che contengono un giudizio sulla loro condotta, poi dei consigli e concludono con promesse di ricompensa per colui che riporterà la vittoria.

Ascoltate che cosa dice alla chiesa di Laodicea.

“Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! (Ap 3,15)

Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca. (Ap 3,16)

Tu dici: 'Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!' Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo” (Ap 3,17).

Ho citato questi versetti, perché sono rivolti alla chiesa che più assomiglia alla nostra società occidentale e troppo spesso all’Iniziato che si è fermato ed è sul baratro della controiniziazione.

Essere freddo è lo stato dell'uomo naturale, del non convertito, che è estraneo alla vita dello Spirito; essere caldo vuol dire essere fervente, ed è di colui che è preso interamente dallo Spirito.

Il tiepido è colui che conosce la Parola, la via di conversione e i mezzi della grazia, ma non è riuscito a staccarsi dal mondo e da se stesso, è ancora attaccato ai metalli. Non c’è né zelo né entusiasmo nel suo vivere la vita iniziatica. Non è contrario alla religione, non è un ateo, ma non è neppure acceso di passione per la Verità, di amore per Dio, il G.A.D.U. e nemmeno per i suoi simili, magnificando di lavorare per il bene dell’umanità, senza nemmeno provare a far bene il percorso di miglioramento personale: si abbandona alle piccolezze.

“Oh fossi tu pur freddo o fervente!”

La preferenza di Giovanni per un gruppo o un singolo che sia freddo o caldo piuttosto che tiepido si spiega col fatto che c'è maggior speranza di cambiamento in chi ignora il cammino, o vi è contrario, perché lo conosce male, che non in chi, dopo averlo conosciuto, è rimasto tiepido.

Un Paolo di Tarso può esser nella sua ignoranza, un persecutore, ma è sincero e quando Dio si rivela alla sua anima, desiste, e diventa un ardente apostolo, anzi l’Apostolo che darà inizio alla nuova religione staccandola dall’ebraismo in cui ancora si tratteneva come una delle tante sette.


“Così, perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca!”

Sono stato molto colpito da queste parole. Come l'acqua tiepida provoca il vomito, così la tiepidezza spirituale e morale, provoca in Dio che si rivela a Giovanni avversione e rigetto. Il giudizio minacciato alla chiesa tiepida, se non si pente, comprende la sua possibile ricusazione e la condanna dei singoli suoi membri restati indifferenti e soddisfatti di se stessi: “Chi non è con me è contro di me” (Mt 6,24; 12,30); “Chi vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio” (Gc 4,4).


Il tiepido è disprezzato da Dio, perché si considera già ricco spiritualmente e non intende chiedere di più a se stesso per migliorare, non ha coscienza della sua miseria e della grandezza a cui rinuncia, è soddisfatto di se stesso, ed è ben lontano dall’essere quel che potrebbe.

Simbolicamente questi versetti possono essere intesi così: il freddo è equiparato al male, a tutto ciò che contrae e paralizza, mentre il calore simbolizza ciò che è bello, buono, vivente, e si è concluso che lo Spirito volesse dire: sii deciso per il bene o il male e non esitare tra i due. Come se essere tiepidi fosse la scelta più malvagia, più ancora dello scegliere convintamente il male stesso, perché chi sceglie il bene può individuare con sicurezza il male, ma quando si trova di fronte all’ignavo e al vile l’individuazione è difficoltosa.

Questa interpretazione può aver del vero, ma è incompleta. Esistono diversi tipi di freddo e di caldo, c’è il caldo che brucia e lascia cenere e quello che vivifica il cuore nelle passioni come il calore della famiglia, c’è il freddo polare che pur conservando ogni cosa la blocca e quello che crea condizioni per l’intelletto, che isola l'individuo nel pensiero e nella meditazione. Il calore favorisce le passioni e il freddo l’intelletto.

“Tu non sei né freddo né caldo” in realtà vuol dire che non possiedi né saggezza né amore. E quando non si ha né saggezza né amore non si è attendibili. Se si è tiepidi si è più facilmente tratti in inganno, perché non si comprende appieno la conoscenza dell’amore e della saggezza. È attraverso la saggezza che ci si raffredda ed è attraverso l’amore che ci si riscalda. Non bisogna però restare freddi o caldi per tutta la vita. Chi è freddo, cioè riflessivo e meditativo, deve saper diventare caldo e chi è caldo, cioè pieno d’amore deve saper diventare freddo. È attraverso il passaggio da una polarità all’altra che si trova l’equilibrio e si scopre la vita in questo movimento. Colui che resta eternamente nel caldo o nel freddo non evolve e colui che resta tiepido semplicemente non vive. Meditiamo su quanto essere caldi o freddi, e capaci di spingersi nell'esperienza di entrambi gli opposti sia essenziale nel cammino iniziatico, mentre l'essere tiepidi e il persistere nell'essere tiepidi possa essere un ostacolo. Come poterlo evitare.


Ecco, c’è una speranza. Desiderare il cambiamento e sforzarsi con volontà di perseguirlo.

“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me. Chi ha orecchie ascolti ciò che lo Spirito dice, che si converta e cambi vita.” (Ap 3,20)

Se pensiamo d’essere pronti a far vivificare i simboli dentro di noi e non solo a voler tentare di capirli intellettualmente, possiamo proseguire nell’apprendimento successivo della Rivelazione.

Assimilare i simboli è possibile, ma non ci si deve fermare alla sola lettura per cercare di comprenderne il senso (la lectio), ci si deve addentrare cercando di assaporare il gusto del brano (la meditatio), passando dall’attività che è solo intellettuale all’apertura all’azione dello Spirito, perché possa illuminare. Il passaggio dalla lectio alla meditatio avviene attraverso la ripetizione lenta del simbolo o la parola o la frase che interessa (la ruminatio), in un lavoro di purificazione interiore e di elevazione spirituale.

E le meraviglie dell’Apocalisse si sveleranno a noi.

Ho detto

F.M.A. Daniele


[1]Il termine Cabala (in origine Qabbalah, o Kabbalah, dall'ebraico קבלה) significa "dottrina ricevuta, tradizione" e indica degli insegnamenti di natura esoterica e mistica dell'ebraismo. Secondo la credenza tradizionale, Qabbalat Rabbotenu ("tradizione dei nostri Maestri"), la prima conoscenza cabalistica fu trasmessa oralmente dai patriarchi, dai profeti e dai saggi (in ebraico: חכם ḥaḵam sing., ḥaḵamim e/o chakhamim plur.), successivamente "intrecciata" in cultura e scritti religiosi ebraici (cfr Cabala ebraica - wikipedia) [2] - "Ho ancora molte cose da dirvi, ma non le potete sopportare per ora" (Gv 6,12). - "Quando poi fu solo, i suoi insieme ai Dodici lo interrogavano sulle parabole. Ed egli disse loro: "A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole" (Mc 4,10). - "Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere. Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa". (Mc 4,34). - "Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino colle loro zampe e poi si rivoltino per sbranarvi" (Mt 7,6). - "Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla; parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria" (1 Cor 2,6).

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