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Liberi Muratori

bresciani - C

CADEI Virginio

(?)          

Loggia Arnaldo del 1915.

Fratello facente parte del Triangolo di Chiari (Brescia), autorizzato con decreto n. 226 del 17 febbraio 1915 per la Loggia Arnaldo all’OrØž di Brescia. Gli altri FF erano Rasio Stefano, Rocco Domenico, Zecconi Battista (Ambrogio Viviani, Storia della Massoneria lombarda, Bastogi, 1992, p. 171).

Qualora alcuni FF intendano alzare le colonne di una nuova Officina, ma non sia ancora raggiunto il numero di sette o più Fratelli previsto, ai Massoni regolari domiciliati in uno stesso Oriente, possono formare di un Triangolo. Questo deve essere costituito da almeno tre Fratelli, che però restano alla dipendenza della Loggia alla quale gli stessi appartengono.

Art. 74 Reg. dell’Ordine GOI del 2018:- Tre o più Fratelli che risiedano in una località ove non esista una Loggia, possono, con il consenso delle Logge di appartenenza e l’autorizzazione della Giunta del Grande Oriente d’Italia, costituirsi in Triangolo. Compito del Triangolo è quello di seguire con particolare attenzione le domande dei profani residenti nella sfera di azione del Triangolo e di operare a1 fine di promuovervi la costituzione di una Loggia. La autorizzazione decade ove, entro tre anni, non venga costituita una Loggia. L’appartenenza al Triangolo non esime i Fratelli dall’osservanza dei loro doveri nei confronti della propria Loggia.

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CALINI Antonio

1776 – 1846

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55 e 358).

Nacque il 23 (o 21) giugno 1776. Patriota, militare di carriera.

Figlio del Conte Orazio (gentiluomo di camera del Duca di Parma, poeta, fu autore di tragedie) e della nobile Elisabetta Bargnani.

Fu comandante della Guardia d’onore di Napoleone quando questi fu a Brescia nel 1805, Cavaliere della Corona di ferro, Scudiere del Re di Roma, Governatore di palazzo del Vicerè a Milano.

Sposò nel 1807 Teresa Gambara, figlia di Giovanni Battista e sorella di Ottavia (moglie del poeta e professore di belle arti G.B. Carrera Spinelli di Bergamo). La moglie, ultima erede del suo ramo, portò alla famiglia Calini l’archivio Gambara.

Nel 1802 fu nominato capitano della Guardia Nazionale Sedentaria della prima Repubblica Italiana.

Nel 1804 venne assegnato col grado di capitano all’unico Reggimento (o Battaglione) di bersaglieri della Guardia.

Nel 1805 il Prefetto Mosca lo nominò tenente della Guardia d’onore a cavallo costituita in città fra gli aristocratici per le accoglienze a Napoleone, re d’Italia, e fu aiutante del F.: Giovanni Estore Martinengo Colleoni, che pochi mesi dopo, il 10 luglio, sostituirà col grado di colonnello.

Nel 1806 aderì alla Massoneria ed ebbe incarichi riservati e segreti rapporti con la città di Verona.

Risulta nell’Elenco dei FFr.: Originarj, col grado di A.: , nell’opuscolo Inaugurazione dello stendardo della L. del g. 2. del m. 8. dell’anno 5807.

Antonio accolse le idee rivoluzionarie e rinunciò ai titoli nobiliari (in “Aspetti di vita bresciana ai tempi del Foscolo”, Atti dell’Ateneo di Brescia, 1978, P.169).

Nel 1810 fu presente al matrimonio di Napoleone con Maria Luisa d’Austria a Parigi.

Sbrigò mansioni importanti a Parigi nel 1812; a Francoforte dal dicembre 1812 al febbraio 1813; a Udine la Viceregina, conosciuta la disfatta in Russia, gli affidò l’incarico di rintracciare il marito fra i superstiti e di scortarlo a Milano. Antonio lo rintracciò e lo riportò a Milano.

Fiducioso nella rivincita di Napoleone, arruolò a proprie spese un corpo di soldati, che non poté essere adoperato per il rapido crollo dell’impero.

Nel 1817 gli fu confermato il titolo della Corona di Ferro, nel 1819 il grado di nobiltà, nel 1839 il titolo di cavaliere di Malta ottenuto già nel 1791 colla dispensa della minore età. Vedi “Aspetti di vita bresciana ai tempi del Foscolo”, Atti dell’Ateneo di Brescia, 1978, P.169”.

Passò all’Or.: Eterno il 22 dicembre 1846 all’età di 70 anni.

 

                           

CALINI Beniamino

1774 – 1815

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1806).

 (Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Nacque a Brescia il 15 ottobre 1774. Conte. Militare di carriera, patriota.

Mastro delle Cerimonie onorario della Loggia nel 1809.

Colonello della Guardia Nazionale in Brescia, poi Capo-battaglione del 2° Regg. Leggero, Comandante della piazza di Tolosa.

Figlio del conte Orazio (gentiluomo di camera del Duca di Parma, poeta, fu autore di tragedie) e di Elisabetta Bargnani.

Nel 1797 fu nominato colonnello comandante una compagnia di ussari a cavallo reclutati a Brescia fra giovani dai 17 ai 25 anni; e quindi aiutante del generale di cavalleria Lauristen.

Catturato dopo la battaglia di Salò coi prigionieri politici destinati da Venezia all’esilio di Sebenico in Dalmazia, e liberato in seguito dell’armistizio di Leoben, fu scelto dai compagni di prigionia a provvedere al viaggio di ritorno in Brescia, perché aveva ricevuto dal Ministro di Francia l’annuncio della loro libertà. Beniamino nominò suo aiutante e segretario il F.: Francesco Filos, che gli fu amico per tutta la vita. Dopo l’armistizio di Leoben ricondusse in patria i prigionieri politici che Venezia aveva destinati a Sebenico e tra questi il Filos. 

Nominato colonnello della Guardia Nazionale di Brescia, capo battaglione del secondo reggimento leggero e comandante della Piazza di Tolosa, ottenne che il Filos continuasse ad essere suo segretario di Stato Maggiore, e lo ospitò in casa sua come familiare. Insieme si recarono a Milano per chiedere a Murat le armi per la Guardia Nazionale di Brescia, sciolta poi dal Prefetto Verri allo scopo di evitare spese superflue. Dal Murat, che li volle a pranzo, seppero della convocazione dei Comizi a Lione per i quali rappresentò la guardia nazionale del Dipartimento del Mella. Appartenne al collegio elettorale dei possidenti.

Nel 1802 fu tra i 454 Rappresentanti italiani ai Comizi di Lione.

Nel 1806, Beniamino aderì alla Massoneria, e nella Loggia bresciana coprì le cariche di Maestro e di Maestro delle Cerimonie onorario.

Dimorò a lungo a Milano, ove conobbe il F.: Foscolo.

Nel 1810, destinato in Spagna, ebbe il comando della piazza di Tolosa da dove tornò, ammalato.

Sono suoi fratelli Carlo, primogenito, alieno dalla politica, e Antonio, che accolse le idee rivoluzionarie e rinunciò ai titoli nobiliari (in “Aspetti di vita bresciana ai tempi del Foscolo”, Atti dell’Ateneo di Brescia, 1978, P.169).

Colpito da una forma di monomania e preso da sogni di grandezza e dall’idea di volare si gettò dal secondo piano morendo miseramente. Fu da tutti pianto per la sua generosa bontà.

Lasciò un “Rapporto del cittadino Beniamino Calini” sulla rivoluzione bresciana.

Passò al’Or.: Eterno celibe a Brescia il 9 aprile 1815 all’età di 41 anni.

 

 

CALINI Rutilio

1755 –1836

Affiliato alla Reale Loggia Amalia Augusta e prima ancora con Alemanno Gambara e Faustino Lechi alla Loggia bresciana legata alla Massoneria templare tedesca, come testimoniato dal Francovich e dal Soriga. (Vedi anche op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ‘21).

Nacque a Brescia, 11 gennaio 1755. Patriota.

Della nobile famiglia Calini le cui origini risalgono al XII secolo, figlio del conte Muzio e di Lavinia Sala.

Attivo nella vita pubblica bresciana, ricoprì diversi incarichi.

Il Soriga annovera il Fr.: Rutilio tra i primi e più accesi Massoni bresciani.

Nel 1787 sposò la nobile Paola Uggeri, figlia della contessa Bianca Uggeri, nata Capece della Somaglia, animatrice di un salotto cittadino che, attorno agli anni 70 del XVIII sec., raccoglieva numerosi Massoni bresciani e lombardi.

Con la moglie fece viaggi in Francia e in Inghilterra. Per le loro nozze furono fatti segno di lodi di poeti (don Rozzi, il nob. Giacomo Chizzola e G.B.Corniani).

Filo francese, ricevette da Napoleone particolari lodi per l’ospitalità data ai generali francesi, fu nel 1802 deputato per i Notabili ai Comizi di Lione e appartenne al Collegio elettorale dei Possidenti.

Rutilio Calini fu iniziato alla Massoneria fin dal 1787 a Lione (in “Aspetti di vita bresciana ai tempi del Foscolo”, Atti dell’Ateneo di Brescia, 1978, p. 140).

Si distinse nella lotta ai privilegi e quale sostenitore che alle pubbliche cariche dovessero essere ammesse persone degne e capaci, si batté infatti contro i troppi privilegi nel Consiglio Generale.

Il 1 maggio 1806 venne nominato cavaliere della Corona ferrea e il 7 febbraio 1810, fu nominato barone del Regno.

In suo onore furono dedicate le “Rime per le nozze de’ Nob. S.S.ri conte Rutilio Calini feudatario di Pavone e co. Paola Uggeri, raccolte da Giuseppe Maccarini” (Brescia, G.B. Bossini, 1788) con composizioni di Cesare Fenaroli, Giuseppe Colpani, At. Brognoli, Lod. Ricci, P.L. Grossi, G.B. Zalini, Dom Colombo). Fonte: Paolo Guerrini, La Massoneria a Brescia prima del 1821 – con l’elenco dei Massoni della loggia bresciana del 1809 –  in: I cospiratori bresciani , Biblioteca Queriniana BQ SB P III.

Passò all’Or. Eterno nell’anno 1836 all’età di 81 anni.

 

 

 

CANTÙ Giuseppe Giacomo Achille

1873 – 1940

Affiliato alla Loggia (?).

Nacque a Orzinuovi (Bs) il 24 maggio 1873. Militare di carriera.

Figlio di Giovanni e di Augusta Viola.

Entrò all’Accademia Navale di Livorno nel 1888, fu imbarcato per la prima volta il 1º luglio 1889 sulla Francesco Caracciolo, divenne Guardiamarina nel 1893 nel corpo dello Stato maggiore generale della Regia Marina, fu assegnato al 3º dipartimento marittimo.

Nel 1903 fu Aiutante di bandiera del comandante dell’Accademia navale.

Nel 1918, appena promosso capitano di vascello, venne assegnato all’Accademia navale, dove rimase fino al 1922 come Comandante in seconda e Comandante.

Si trasferì successivamente al Dipartimento marittimo di Pola e al Comando militare marittimo di Venezia.

Sottocapo di Stato maggiore della marina dal 1º aprile 1925, comandante del dipartimento marittimo dell’alto Adriatico nel 1929, dal 1931 al collocamento a riposo fu Direttore generale del personale e dei servizi militari al Ministero della marina, membro del Consiglio superiore dell’educazione nazionale, Presidente del Consiglio superiore di marina, Presidente del Comitato degli ammiragli.

Percorse tutti i gradi della “marina da guerra” fino a quello di “Ammiraglio di Squadra designato d’Armata” conseguito il 1 maggio 1935.

Da Tenente di vascello fu per vari anni insegnante di astronomia alla Reale Accademia Navale.

Partecipò poi ad una campagna militare in Estremo Oriente, alla guerra italo-turca e alla prima guerra, meritandosi la “Croce di guerra al valor militare” per ardite missioni sulle coste nemiche.

Successivamente fu Direttore degli studi della Reale Accademia Navale, Capo di Stato Maggiore della armata navale, Comandante della divisione siluranti, Sottocapo di Stato Maggiore della Regia Marina.

Dopo varie crociere all’Estero, fu Comandante della prima squadra navale e finalmente, nel 1935, Presidente del Consiglio Superiore di Marina e, nel 1936, del Comitato degli Ammiragli.

Dopo aver lasciato per raggiunti limiti d’età il servizio attivo, venne richiamato per incarichi speciali.

Il 25 marzo 1939 fu nominato senatore del Regno.

Il 5 agosto 1906 sposò a Firenze Adriana Lemmi, la nipote (di nonno) di Adriano Lemmi, Grande Maestro della Massoneria italiana.

Insignito delle più alte onorificenze italiane e estere, nel 1939 fu commissario italiano all’Esposizione di New York.

Passò all’OrØž Eterno a New York (U.S.A) il 25 ottobre 1940 all’età di 67 anni.

 

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CAPPONI Giuseppe

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55 e 63).

Giudice. Elettore nel Collegio dei Dotti, Presidente della Corte di Giustizia Civile e Criminale (Tribunale) di Fermo poi Presidente della Corte d’Appello in Brescia.

Oratore della R.L. Amalia Augusta nel 1809.

Fu uno dei corifei della rivoluzione bresciana del ‘97.

Presidente del Tribunale di Fermo fino al 1811, poi a Milano e quindi a Brescia (dove ancora dimorava nel 1831).

Dal Giornale italiano di Milano del 19 gennaio 1812, per gli atti ufficiali amministrativi del Regno d’Italia il Fr.: Giuseppe è nominato quale Presidente della Corte d’Appello in Brescia in sostituzione del sig. Panichi.

In altro documento del 1811 è indicato come Cancelliere presso la Corte d’Appello di Brescia – Dipartimento del Mella (non è documento ufficiale, vedi nell’elenco dei nomi degli associati che onorano le opere di Vittorio Alfieri in Le opere di Vittorio Alfieri, Vol. ultimo o Vol. XIII, 1811).

Citato dal Guerrini in La Massoneria a Brescia prima del 1821.

Amico del F.: Giacomo Pederzoli. Oratore aggiunto della Loggia nel 1808, firma con il Segretario Pagani, promotore il venerabile Ostoja, un nuovo Ordinamento di Loggia contenuto in un rarissimo opuscolo stampato alla macchia in Brescia col seguente titolo: Discipline della RØž LØž Amalia Augusta all’OrØž di Brescia in appendice agli Statuti generali della FØž MassØž in Italia (pp. 24 in 8 s.i.t., Brescia, tip. Bettoni 1808).

Una sua ode per le nozze di un FØž si trova nell’opuscolo “Inaugurazione dello stendardo della L. del g. 2. del m. 8. dell’anno 5807”; nel medesimo opuscolo quale Oratore Aggiunto scrive un Discorso per la recezione di due FFØž neofiti e un altro Discorso sui travaglj dell’ultimo semestre durante l’Agape di S. Giovanni d’Estate aØž VØž. LØž. 5808, che rivela lo sviluppo assunto dall’Ordine, con l’accoglimento in quel semestre di quaranta neofiti e come la Loggia entrò in corrispondenza con le consorelle Arena di Verona, Pace di Padova, Vittoria di Vicenza, Amici all’Onore di Bologna, Letizia di Venezia, ravvivando gli antichi legami con la Loggia Madre Giuseppina di Milano e con la vecchia consorella Amici dell’Aurora di Cremona. Dice il FrØž Capponi: “La frequenza e l’ampliazione di questa massoniche alleanze rendendo più attivo e possente l’ordine per la cospirazione delle forze, imprime alla FrØž MassØž Italiana quel carattere di nazionalità, a cui ogni morale e fisica circostanza la invita, e che sta massimamente a cuore del GrØž  OrØž  d’Italia, siccome il mezzo più sicuro di giungere con maggiore rapidità a quei grandi risultati che egli si è nella sua profonda sua saggezza prefissi”.

Vedi anche all’ Archivio di Stato di Milano, Processi politici del Senato Lombardo-Veneto (1814-1859), Capponi Giuseppe (busta 201), Capponi Giuseppe consigliere (busta 68).

Ancora vivente intorno al 1831 (secondo il rapporto Torresani edito dal Luzio nell’Archivio storico lombardo,1917).

 

 

CAPRA Carlo

(?)

Fratello Affiliato alla Regia Loggia Arnaldo all’OrØž di Brescia di RSAA (1868).

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 121).

Avvocato.

Nulla sappiamo di questo FrØž, mancando notizie certe su di lui. Il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

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CAPRIOL Vittorio

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Capitano del Reggimento dell’Artiglieria a piedi (vedi Alessandro Zanoli, Sulla milizia cisalpino-italiana cenni storico-statistici dal 1796 al 1814, Vol. I, p. 279).

Null’altro sappiamo di questo FrØž, mancando notizie certe su di lui. Il nome del FrØž Capriol non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

CAPRIOLI Francesco

(1774–1797)

Fratello della Reale Loggia Amalia Augusta.

Citato come massone: assieme al fratello Giovanni e molti altri del FFØž del sodalizio era alla testa dei moti che diedero vita alla Repubblica bresciana del 1797.

Figlio di Tomaso (n. 1721) e della nobile Giulia Martinengo da Barco.

Sposò la nobile Elena Ugoni (m. 1° luglio 1821) da cui ebbe il figlio Giulio Tartarino (1803-1891), uomo di coltura letteraria e patriota, che fu Sindaco di Brescia nel 1866.

I fratelli Caproli (Francesco e Giovanni) furono in stretti rapporti con gli esponenti del giansenismo bresciamo, come il Guadagnini, che difenderà il curato di S. Agata, Giovanni Battista Moladori, allorquando questi verrà messo sotto accusa dal vescovo per aver sposato il Massone Francesco Caprioli con Elena Ugoni, già coniugata Bargnani e il cui matrimonio era stato annullato dall’autorità civile (vedi Silvano Danesi, Liberi Muratori in Lombardia, ecc. o. c., 1995, p. 85).

“Nel giugno del 1795 ecco infatti ricomparire gli aristo­cratici Giovanni Mazzuchelli, Carlino Arici, Giacomo Lechi, ideologo del gruppo, e con loro Giovanni e Francesco Caprioli, irrequieti rampolli di un’antica famiglia dalla tradizione sempre viva di intelligenti imprese, che protestano facendosi vedere in giro per la città con un’acconciatura per l’epoca strava­gante, in considerazione della loro condizione sociale: capelli alla brutus al posto della parrucca incipriata e barba al mento mostruosa come scrive inorridito il Mocenigo” (M. Berengo, La società veneta cit. p. 285).

Già nell’autunno 1796 avea Giuseppe Lechi stretto a Milano intelligenze con quel comitato, dove si pensava a sollevare tutte da Padova in qua le città venete, quando lo scoppiare inaspettato della rivoluzione in Bergamo si affrettò a Brescia. I principali complici bresciani adunaronsi la notte del 17 al 18 marzo 1797 in casa Poncarali (or Balucanti), via S. Eufemia, nel’appartamento di un commissario francese; e benché resi da un proprio messo consapevoli, che i promessi aiuti di Milano e Bergamo riduceansi a poche centinaia d’uomini (non giunsero a 150), deliberarono, giacche il dado era gettato, di venire senz'altro la mattina ai fatti. E ordinatala cosa, prima di separarsi, ciascuno prestò sulla bandiera tricolore, e sottoscrisse di suo pugno in un foglietto, di cui reco fedel copia, il giuramento seguente:

Formolo di Giuramento. Giuriamo di vivere liberi o di morire tutti noi sottoscritti … Caprioli Francesco, [con altri 38 firmatari]… Brescia la notte de' diecisette marzo venendo li dieciotto 1797”. Gli altri sono Giacomo Lechi, Brasa Paolo, Bianchi Giambattista, Luigi Mazzuchelli, Carlo Martinengo, Lechi Angelo, Arici Pietro, Foresti Pietro, Marco Antonio Peroni, Endrico Chizzola, Francesco Gambara, Vincenzo Arici, Angelo Tadini, Francesco Fillos, Lechi Bernardino, Giuseppe Ventura, Antonio Tadini, Pietro Mocini, Angelo Lonati, Vincenzo Viganò, Carlo Arici, Gregorio Labrano, Luigi Morosi, Beuguiee , Pietro Zanetti q. m Gio. Batta, Antonio Valli, Faustino Tonelli, Carlo Gagliardi, Antonio Bianchi, Teodoro Lechi, Luigi Torre, Gian Bali., Rizzardi, Spranzi Innocenzo, Giov. Giacomo Tonduti

L’11 maggio 1797, Francesco Caprioli fu nominato a “Capo di Coorte” nella Legione della Repubblica Bresciana.

Passò all’Or.: Eterno nel 1797 all’età di soli 23 anni.

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CAPRIOLI Giovanni

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Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55 e 358).

Conte. Comandante di cavalleria (Reggimento di Usseri) nell’Armata cisalpina, al suo comando i due capi di squadrone Lechi Angelo ed Arici Pietro (vedi Alessandro Zanoli, Sulla milizia cisalpino-italiana cenni storico-statistici dal 1796 al 1814, Vol. I, p. 142).

 

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CARACCIOLO Sebastiano

(1922-2013)

Membro Fondatore della Loggia Brixia de Le Droit Humain.

È stato uno scrittore e saggista, nonché un importante massone e martinista (l’amatissimo e rispettato Maestro Vergilius).

Alto grado dell’ordine massonico Le Droit Humain in Italia, si è dedicato al Misraim - Rito di Memphis, divenendo nel 1981 Sovrano Gran Generale Ierofante dell’Antico e Primitivo Rito Orientale di Misraim e Memphis, succedendo a Gastone Ventura.

Caracciolo ricoprì anche la carica di Sovrano Gran Maestro dell’Ordine Martinista in Italia.

Nel 1949 fu ospite alle riunioni della Loggia Leonessa della GLDI-ALAM, frequentata anche dal generale Sandro Piazzoni, e poi fondò la Loggia Brixia all'Ordine de Le Droit Humain (Danesi, Liberi Muratori in Lombardia, la Massoneria dal ‘700 ad oggi, Edimai 1995, p. 256).

Scrisse: La scienza ermetica. Considerazioni sulla tradizione dell'antico e primitivo rito di Misräim e Memphis, Lo Scarabeo, Bologna, 1992; L'Esoterismo ne "Il Mercante di Venezia" di William Shakespeare, Lo Scarabeo, Bologna, 1993; L'Iniziazione femminile in Massoneria.

Libreria Chiari, Firenze, 2004.

Passò all’Or Eterno il 4 aprile 2013 all’età di 91 anni.

 

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CARELLA Antonio

(?)

Fratello Maestro Venerabile della Regia Loggia Arnaldo all’OrØž di Brescia di RSAA nel 1909.

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 121).

La LØž Arnaldo risulta ancora attiva nell’annuario del GOI nel 1909, quindi dopo la scissione di Piazza del Gesù.

Null’altro sappiamo di questo FrØž, mancando notizie certe su di lui. Il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

 

CARNEVALI Eutimio

1776 - 1845

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ‘21, p. 55, citato come Carnovali).

Poeta, politico, funzionario pubblico ed economista.

Nacque a Pesaro l’8 settembre 1776 (come si ricava dalla documentazione archivistica e non tre anni dopo, come citato da i suoi biografi ottocenteschi, vedi Biografie illustri italiani di questo secolo).

Figlio di Pietro Antonio e da Anna Maria Fabbrini.

Compì studi regolari, frequentando anche la facoltà di legge, a Roma, ma non consta che conseguisse la laurea, probabilmente per gli avvenimenti rivoluzionari.

La famiglia, composta di altri due fratelli e da una sorella (che nel fervore giacobino depose l’abito monacale), sarà in grado negli anni del Regno d’Italia di soccorrerlo finanziariamente, permettendogli così di aspirare agli alti gradi della carriera negli uffici statali; tuttavia le loro rendite, anche più tardi, resteranno modeste: qualche fondo nella campagna pesarese, nel Maceratese e nel Ravennate, più una cointeressenza in una società costituita nel 1810 per l’acquisto di caseggiati demaniali.

Avendo aderito fin dal 1797 alle idee rivoluzionarie, il Fr.: Eutimio abbandonò lo stato ecclesiastico (vedi Norbis, Storia di Napoleone, Volume 2, p.63) e si distinse subito nella municipalità democratica pesarese per il suo zelo patriottico, ottenendo l’incarico di pronunciare il discorso di inaugurazione del Circolo costituzionale.

Repubblicano intransigente, non risulta tuttavia che entrasse a far parte del partito dei “terroristi”, in cui spiccava Federico Cavriani.

Al principio del 1798 caldeggiò con particolare foga l’alleanza fra la Cisalpina e la Francia, mostrandosi particolarmente consapevole dei limiti e della precarietà del movimento rivoluzionario nazionale (cfr. Il Ragionamento sulla ratifica del trattato d’alleanza e di commercio tra la Repubblica Francese e Cisalpina e Il Quadro dei patrioti, discorsi pronunciati entrambi nel circolo costituzionale durante l’anno 1798 e dati alle stampe per conto della municipalità [Pesaro 1798]).

Caduta la Pesaro democratica nel 1799 sotto i colpi delle bande degli “insorgenti”, il Fr.: Eutimio, che nel luglio dell’anno precedente aveva ricoperto per ultimo la carica di moderatore del Circolo costituzionale, non patì, pare, alcuna rappresaglia. Poté anzi conservare l’impiego che aveva ottenuto nell’amministrazione comunale, a patto di astenersi da quel momento da ogni forma di attività politica.

A partire dall’anno 1802 il Fr.: Eutimio entrò alle dipendenze del ministero dell’Interno della Repubblica Cisalpina, trovando impiego nella Viceprefettura di Ravenna col grado e la qualifica di Segretario aggiunto.

Risulta dai suoi attestati di servizio che compì in quegli anni un duro e delicato lavoro, date le condizioni ancora precarie degli uffici governativi periferici, poveri di personale.

La sua competenza amministrativa gli venne riconosciuta nel 1806 con la promozione a Prosegretario generale e il trasferimento nel dipartimento del Mella. Qui svolse anche funzioni di Viceprefetto (Verolanuova), fu Delegato aggiunto alla libertà della stampa e infine ebbe la promozione a Caposezione presso la prefettura di Brescia.

Fattosi notare dal Ministro dell’Interno Ludovico di Breme, nel 1808 venne chiamato a Milano, dove si stava apprestando la riforma delle amministrazioni locali. Collaborò così con Benedetto Bono, nella Direzione generale dei comuni, alla compilazione del Codice dei podestà e sindaci (Milano 1811).

Dopo essere stato insediato a capo di una sezione del ministero, il Fr.: Eutimio per ragioni sconosciute non ottenne altri avanzamenti di carriera e quando nel 1810 fece ogni tentativo per essere nominato Assistente al Consiglio di Stato non venne praticamente preso in considerazione. Con la medesima qualifica di Caposezione restò in servizio fino al 1814, quando gli venne notificato il licenziamento in virtù delle nuove disposizioni sugli impiegati “forestieri”.

Grazie alle amicizie e alla sua anzianità di servizio negli impieghi statali, nel 1816 ottenne però facilmente di essere riabilitato dal papa.

Divenne Ispettore per le provincie della Prefettura degli archivi e Direzione generale delle ipoteche (1818-1823), poi Ispettore del sistema ipotecario della Delegazione apostolica di Macerata (1818) e Consigliere nella Congregazione governativa della Delegazione di Macerata (1832-1837).

Fu anzi inviato in missione a Milano in occasione della delicata operazione di liquidazione del debito pubblico gravante sull’ex Monte Napoleone e subito dopo fu promosso Ispettore alle ipoteche per le Marche. Trasferitosi a Macerata ebbe quindi l’Ispettorato per tutto lo Stato pontificio e al culmine della carriera fu compensato per i suoi servizi col titolo di conte (1834).

Nella Milano napoleonica il Fr. Eutimio, che si dilettava di poesia, entrò a far parte di numerose accademie letterarie, senza tuttavia acquistare notorietà.

Fin dal principio del secolo lavorava all’ottima traduzione in versi sciolti de I Giardini dell’abate Giacomo Delille, che pubblicò nel 1809. Per questa fatica non ottenne, come sperava, la dedica di Melzi d’Eril, ma nel 1810 fu ammesso a far parte del Collegio dei dotti, figurando nelle liste del dipartimento del Metauro.

La traduzione fu stampata a Brescia nel 1808 dall’editore e Fr.: nella Loggia Amalia Augusta, Nicolò Bettoni, che il Fr.: Eutimio conobbe negli anni del suo impiego in Brescia e col quale strinse poi duratura amicizia.

Il Fr.: Bettoni nel 1812 gli commissionò la biografia di G. Filangieri per le Vite e ritratti d’illustri italiani (Padova-Milano 1812-20) e nel 1828 dedicò al Fr.: Eutimio la sua Ultima lettera tipografica da Milano, nella quale per altro discorreva soltanto delle proprie burrascose vicende editoriali.

Autore anche, nel 1813, di un Omaggio dell’Italia alla Maestà di Napoleone I, in versi, il Fr.: Eutimio negli anni Venti e Trenta lasciò la poesia per gli studi economici, con i quali acquistò una certa notorietà in ambito provinciale.

Una sua ode si trova nell’opuscolo in miscellanea “Inaugurazione dello stendardo della LØž del gØž 2Øž del mØž 8Øž dell’anno 5807” col titolo “Installazione dei nuovi Dignitari ed Uffiziali ed agape del S. GioØž d’Inverno 5807 nella quale si festeggiò pure il ritorno della Divisione italiana della Grande Armata”. Nella stessa miscellanea si trova un suo Sonetto in occasione del funerale del FØž G. Giulj letto all’Agape di S. Giovanni d’Inverno del 5807”.

A Macerata divenne Segretario della locale Società di agricoltura e industria, che aveva contribuito a promuovere.

Membro dell’Accademia dei Catenati di Macerata e degli Incolti di Cingoli, vi sostenne le teorie liberoscambiste, professandosi seguace della teoria della distribuzione di Jean-Baptiste Say (Se il commercio arricchisca alcune nazioni a danno delle altre, e se tutte ad un tempo le arricchisca, edito poi in Giornale Arcadico, 1828, t. 38, pp. 1-19; Sul ristagno dell’industria e del traffico, e sull’aumento dei poveri, ibid. 1829, t. 41, pp. 1-16; Se e come si debba proteggere l’industria nazionale, ibid., 1830, t. 47, pp. 286-300 t. 48, pp. 3-15). Al F.: è stato anche attribuito un articolo (siglato C.E.P.) comparso sull’Ape italiana nel 1823 (I, pp. 293-309) relativo alla mendicità. Ma gli unici interventi del F.: su periodici di una certa importanza culturale sono l’articolo Sull’agricoltura italiana, in Giornale agrario toscano, 1839, t. 13, f. 52 e la sua continuazione Sulla antica agricoltura in Italia e sui nuovi metodi per migliorarla, in Giornale agrario lombardo-veneto, 1843, t. 20, pp. 3-28, nei quali, pur non negando validità alle innovazioni agronomiche, difendeva i sistemi di conduzione tradizionali. Il suo articolo del 1830 sull’industria nazionale venne anche favorevolmente recensito da G. Sacchi sugli Annali universali di statistica, 1831, t. 30, pp. 8-12.

Fonti e Bibl.: Pesaro, Bibl. Oliveriana, mss. 458 (v. II), 963, 966 (v. IV), 1549, 1762, 1899; Arch. di Stato di Milano, Autografi, 119; Ibid., Studi p.m., 285 e 296; Ibid., Ufficiregi p.m., 413 e 493; Ibid., Uffici regi p. spec. 22; Almanacco reale per l’anno 1810, Milano s.d., p. 94; Giornale Italiano (Milano), 26 giugno 1812; Biographie des hommes vivants, I, Paris 1816-1817, p. 49; Biogr. degl’Italiani viventi, Lugano 1818, I, pp. 151 s.; F. Coraccini, Storia dell’amministraz. del Regno d’Italia durante il dominio francese, Lugano 1823, p. LXXV; D. Diamilla Müller, Biografie autografe ed inedite di illustri Italiani di quosto secolo, Torino 1853, pp. 382-85 ; N. Bianchi, I Circoli costituz. durante la prima Repubblica cisalpina nella Romagna, nelle Marche e nell’Umbria, in Rass. stor. del Risorg., VI (1919), p. 407; S. Caponetto, Il giacobinismo nelle Marche. Pesaro nel triennia rivoluzionario, in Studia Oliveriana, X (1962), pp. 88 s., 93-97, 100.

Passò all’Or.: Eterno a Macerata nel 1845 all’età di 69 anni.

CARUGATI Angelo

1887 – 1949

Nacque a Brescia il 2 maggio 1887. Giornalista.

Cresciuto in una famiglia di orientamenti zanardelliani, militò nelle file del combattentismo ghislandiano e poi nel partito democratico. Fu iscritto alla Massoneria e boicottato dal fascismo nelle sue attività professionali dalle autorità locali.

Augusto Turati, (si pensa che fosse FØž Massone di Piazza del Gesù) quand’era ancora segretario del fascio provinciale di Brescia affermava in merito alla Massoneria bresciana, in una sua relazione del 1923 al Pnf locale, che vi erano due fronti sui quali andava condotta l’offensiva con maggior determinazione: da un lato i popolari (in provincia più socialisti dei socialisti stessi) e dall’altro i “democratici dissidenti” che “vanno combattendo e sono morti” e “che si sono costituiti guardie del santo sepolcro senza badare che nel sepolcro invece di Cristo, che già è risorto, conservano una carogna”. Quanto ai primi Turati preconizza addirittura un loro compattamento coi socialisti, fino alla costituzione di un blocco “social-popolare” e riguardo ai secondi – gli uomini raccolti attorno a “Il Garibaldino” del FØž Angelo Carugati e alle componenti del quotidiano zanardelliano “La Provincia”, prima restie e poi contrarie all’abbraccio con i fascisti -, sebbene numericamente esigui e “roba di poco conto”, ridotta a “puro fantasma”, incita a non “perderli d’occhio”.

Nel giugno 1925, a seguito delle leggi contro le associazioni segrete, viene chiusa la Loggia cittadina “Cesare Abba” e viene perquisita la casa del direttore de “Il Garibaldino”, Angelo Carugati, massone e membro del comitato provinciale della disciolta sezione bresciana dell’associazione “Italia libera”. Durante la perquisizione vengono trovati documenti massonici e, in particolare, una circolare del Grande Oriente d’Italia, numero 46, in data 21 aprile 1925, diramata a tutte le Logge massoniche del Regno per protestare contro la legislazione fascista.

Si trasferì nel giugno del 1927 a Ligonchio (Reggio Emilia) e poi, dopo una brevissima parentesi ancora a Brescia, andò a Cosenza, dove acquisì gradi di un certo rilievo nella Libera Muratoria. (Silvano Danesi, Liberi Muratori in Lombardia, ecc., Edimai 1995, p. 190).

Passò all’Or Eterno a Cosenza l’8 settembre 1949 all’età di 62 anni.

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CASSOLA Carlo

1814 – 1894

Fratello Affiliato alla Regia Loggia Arnaldo all’OrØž di Brescia di RSAA.

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 121).

Nacque a S. Alassio di Pavia il 9 agosto 1814.

Avvocato e poi giudice, garibaldino, politico e patriota.

E’ il nonno dell’omonimo romanziere.

Si laureò in legge all’Università di Pavia nel 1837 ed iniziò subito a Milano la carriera giudiziaria.

Nel 1842 si trasferì a Brescia come Attuario dell’Imperiale Regio Tribunale Civile e Correzionale e si meritò le lodi delle autorità austriache.

Aderì al partito mazziniano e a Brescia ne divenne il principale esponente.

Nel marzo 1848 partecipò alla rivoluzione e dopo il suo fallimento, fuggì sui monti.

Nel 1849 fu tra i più impazienti promotori della rivolta delle Dieci Giornate.

Benché essa fosse promossa dal Piemonte e da elementi monarchici il Cassola criticò il Comitato insurrezionale per la sua azione prudente e dal 22 marzo invitò Gabriele Camozzi a marciare su Brescia.

Il 24 marzo riuscì a farsi nominare con Luigi Contratti a capo del Comitato di pubblica sicurezza, diventando in tal modo con lui il “duumviro” delle Dieci Giornate.

Con lui organizzò i capisquadra e le Commissioni per coordinare la rivolta non mancando di entrare anche in contrasto con la Municipalità, benché destituito, insieme al Contratti, dal Consiglio Comunale il 27 marzo, quinto giorno della rivolta, volle rimanere al suo posto, facendosi sostenere dalla folla e dando ad intendere ad essa di aver l’approvazione del Sangervasio, che era capo del Consiglio Comunale, e cercando di sostenere lo slancio con i bollettini di guerra che probabilmente sapeva essere falsi.

Il generale Nugent, che si era asserragliato nella cittadella, morì negli scontri. Ma dopo poco ritornarono le truppe imperiali rafforzate da nuovi contingenti, guidate dal generale von Haynau, che per la ferocia del suo operato fu chiamato «Iena» (con un gioco di assonanza sul suo cognome).

Dal 30 aprile il Fr.: Carlo non partecipò alle ultime riunioni del Comitato. Brescia, e la città fu difesa da comuni cittadini riforniti di poche armi e stremati dal fuoco nemico.

La città si arrese subendo ogni sorta di atrocità.

Abbandonato palazzo Bargnani, sede del Comitato, il Fr.: Carlo si salvò attraverso porta S. Giovanni e, come molti altri combattenti per la libertà, dovette riparare in esilio “e lo fece con molta eleganza: Si limitò a vestirsi tutto di nero, a prendere a nolo una carrozza nera con cocchiere in nero, e così si mescolò al corteo dei dolenti austriaci, che accompagnavano alla sua tomba il Generale Nugent (quello che dalla rocca posta sulla collina che domina Brescia, aveva bombardato la città)... All’altezza dell’ingresso al cimitero, tutte le carrozze nere svoltarono ed entrarono, ma il nostro Carlo fece invece proseguire la sua, e presto se ne liberò, dirigendosi invece a piedi verso le Alpi... In mezzo alla neve, ormai lasciato dal contrabbandiere, che gli aveva indicato con la mano la direzione da seguire, all’improvviso si trovò faccia a faccia con un orso: bello grande e ritto sulle zampe di dietro. Si guardarono, e poi il mio bisnonno, terrorizzato, si mise a cantare a gran voce un brano d’opera. Questo spaventò l’orso, che scappò da una parte, mentre Carlo fuggiva dall’altra!

Riuscì a rifugiarsi in Svizzera, inseguito da una taglia di mille fiorini sul suo capo dagli austriaci, e fu escluso dalla amnistia concessa il 12 agosto 1849.

Entrò in contatto con Giuseppe Mazzini.

Rimase qualche tempo a Capolago, in Svizzera, dove diede alle stampe alcuni opuscoli, fra cui un resoconto delle eroiche dieci giornate di Brescia (23 marzo-1 aprile 1849); poi si rifugiò a Londra e solo dopo l’Unità tornò in Italia stabilendosi a Volterra, dove svolse l’attività di magistrato.

Nel 1853, insieme al triestino Clementi, ebbe l’incarico di rientrare clandestinamente a Brescia, per far insorgere la città, in aiuto all’insurrezione di Milano del 6 febbraio 1853. Per quest’impresa ebbe 600 fucili e casse di munizioni. Scoperto al confino svizzero, fu arrestato e processato. Condotto a Coira subì cinque mesi di prigionia, dalla quale fu liberato mediante una cauzione di 2400 lire offerta da due sconosciuti.

Costretto dal governo svizzero ad abbandonare il paese si rifugiò in Inghilterra, scortato da un gendarme per tutta la Francia, che aveva difficoltà a lasciarlo passare. Nel frattempo anche il governo piemontese emetteva il bando contro di lui.

Rientrò per qualche tempo a Brescia nel 1859, dopo la battaglia di Solferino e S. Martino.

Nello stesso anno tentò inutilmente di rientrare nella magistratura della quale tornò a far parte nel 1865.

Fu giudice a Volterra dove fu istruttore, reggente la presidenza e poi presidente del Tribunale.

Nel 1875 vi venne nominato anche consigliere comunale.

Nel 1882 venne promosso consigliere della Corte d’Appello di Brescia, fino al 1889 quando, giubilato (messo a riposo) con il grado di Presidente d’Appello, tornò a Pavia, dove continuò battaglie politiche in campo repubblicano.

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Ricoprì cariche importanti nella Massoneria e nel 1882 si sforzò di ristabilire a Brescia la Loggia “Arnaldo”. Anticlericale, repubblicano convinto, la sua attività suscitò profonde polemiche e giudizi severi da parte specialmente di Lucio Fiorentini, Arsenio Frugoni e don Paolo Guerrini,  e che per quest’ultimo furono occasione di processo nel 1949-1952 per le opinioni da lui espresse (vedi la monografia La mia bella avventura giudiziaria _ per aver parlato male di ... Carlo Cassòla e della massoneria, Monografie di storia Bresciana – XLIV di Mons. Paolo Guerrini in “Memorie storiche della diocesi di Brescia” Volume XX - 1953).

Ormai vecchio, tornò a Pavia. Per sue disposizioni testamentarie la sua salma cremata venne trasferita a Brescia, dove vennero celebrati i funerali a spese dei comune. Il suo corpo fu richiesto dalla città di Brescia, perché fosse ospitato nel famedio degli eroi; qui tuttavia non ha ricevuto l’onore atteso, poiché sul monumento non sono riportati i nomi dei personaggi illustri che vi riposano e l’apparato scultoreo è in cattivo stato di conservazione.

A suo ricordo una lapide commemorativa fu posta in via Villa Glori a Pavia, ne ricorda le gesta e la sua partecipazione alle battaglie risorgimentali a fianco di Garibaldi. A memoria di lui e di Luigi Contratti venne posta su palazzo Bargnani un’altra lapide: “Da questo palazzo /Luigi Contratti /e / Carlo Cassola/ imperterriti e saggi/ Ressero il popolo/ nell’epico cimento/ delle X Giornate/ 1849/ 20 settembre 1908”.

Pubblicò: “Insurrezione di Brescia ed atti ufficiali durante il mese di marzo 1849, esposti da Carlo Cassola membro di quel Comitato di pubblica sicurezza” (Capolago, Tip. Elvetica 1849 in 16°); “Tentativo d’insurrezione del 6 febbraio 1853 in Milano ed altre memorie politiche” (Pavia, tip. Popolare, 1896. VII - 91 p. in 16°); “I misteri del papato esposti al popolo dal Giureconsulto Carlo Cassola” (II ed. Pavia, tip. Ceruti e Grossi, 1904, 88 p. in 16°).

Passò all’Or.: Eterno il 5 giugno 1894 a Brescia all’età di 79 anni.

 

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CASTELLANI Andrea

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Fratello di Gaetano (vedi).

Null’altro sappiamo di questo FrØž, mancando notizie certe su di lui. Il nome del FrØž Castellani non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

CASTELLANI Gaetano

1750 – 1823

Fratello Fondatore della Reale Loggia Amalia Augusta (1806).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p.55 e Cfr. A. Schivardi).

Nacque a S. Eufemia (Brescia) nel 1750.

Medico chirurgo e professore. Conte. Comandante di cavalleria nell’Armata cisalpina.

Studiò nella Università di Bologna, ma si laureò nell’Università di Firenze, per poi perfezionarsi a Parigi; a Brescia fu primario chirurgo dell’Ospedale Maggiore in S. Luca, ove fu docente alla Scuola di Medicina e vi introdusse le tecniche innovative della nuova chirurgia di cui fu pioniere.

In: don Antonio Fappani [1977] si legge che: “insegnò nelle scuole universitarie bresciane dell’ Ospedale di S. Domenico”; è noto che il trasferimento dell’Ospedale Maggiore dalla Crocera di S. Luca al Convento di S. Domenico avvenne solo fra 1844 e il 1847 e solo dal 1849 (per un anno) vi si tennero corsi universitari di Medicina e Chirugia per supplire alla chiusura, decretata per scopi politici dall’Imperiale Regio Governo, della Facoltà di Medicina dell’Università di Pavia; tuttavia una conferma dell’affermazione del Fappani la si trova in P. Bordoni, I medici e la medicina a Brescia, in: «Storia di Brescia» vol. 3., parte 21. (1964), ove a pag. 1045 scrive: “non possiamo qui dimenticare gli insigni medici chiamati alle cattedre della già ricordata Scuola di medicina istituita dal governo della Repubblica Bresciana del 1797 nelle corsie del «S. Luca» e in alcuni locali dell’ex Convento di S. Domenico” e qui cita anche il nostro Fr.: Gaetano Castellani quale docente di Chirurgia.

Inoltre, del Castellani, sul frontespizio dell’opera del Caldani da lui tradotta (cfr. bibliografia qui riportata), si legge: “Dottore in Filosofia e Medicina, professore di Chirurgia e di Clinica nel Liceo e negli Ospedali di Brescia, Socio delle Accademie degli Apisti e Georgofili di Firenze, degli Animosi di Bologna, di quella di Venezia e di Brescia, e delegato per la Facoltà Medica nel Dipartimento del Mella”.

Stabilitosi a Brescia fu nominato chirurgo primario dell’Ospedale S. Domenico e, per il suo spirito innovatore, venne ritenuto il pioniere della nuova chirurgia e delle cure mediche. Insegnò nelle scuole universitarie bresciane.

Socio attivo dall’istituzione dell’Accademia del Dipartimento del Mella, poi Ateneo di Brescia (1801), poi socio onorario.

Scrisse numerose opere di carattere scientifico, molte delle quali pubblicate dall’amico e Fr.: di Loggia Nicolò Bettoni.

Tra le sue opere: “Sull’abuso di seppellire i morti in città” (Lettura all’Accademia di Lettere arti ecc. 30 aprile 1806 - Accad. Dipart. del Mella: «Sunti Scevola» IV, 1806), “Dei cimiteri. Memoria” (Brescia, Bettoni, 1807 in 8°); Sull’applicazione de’ sistemi nella medicina (in: «Comm. Accad. Sc. Lett. e Arti del Dipart. del Mella» 1809: 29/ms).

Tradusse inoltre: “Istituzioni anatomiche di Leopoldo Caldani tradotte in Italia da Gaetano Castellani” (Brescia, 1807 4 vol. n 8°); “Memorie ed osservazioni anatomiche fisiologiche, e fisiche sull’occhio e sopra quelle malattie dalle quali è attaccato quest’organo. Con un compendio delle operazioni e de’ rimedi da mettersi in pratica per guarirle” Opera del signor G. Janin de Combe-Blanche, tradotta dal francese da Gaetano Castellani medico chirurgo bresciano (2 voll.; Venezia 1784);

Passò all’Or.: Eterno a Brescia nel 1823 all’età di 73 anni.

 

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CATALANO Lamberto

1926 - (?)

Fondatore nel 1971 della Loggia Atanor di Brescia della Gran Loggia d’Italia ALAM di Palazzo Vitelleschi.

Nato il 2 gennaio 1926 a Gissi (Chieti).

Medico odontoiatra.

Fu Maestro Venerabile della Loggia.

Secondo il Fr.: Silvano Danesi, il Fr.: Lamberto si trasferì a Brescia, nella prima infanzia.

Coniugato con Valeria Fioretti, padre di quattro figli.

Dopo gli studi classici si è laureato in medicina e chirurgia a Pavia nel 1952.

Direttore scientifico della rivista odontoiatrica “Dental Cadmos” (1953-1962), membro del “Centre International des recherches en odontostomatologie” (1962-1978), fondatore della “Società italiana di ricerche implantologiche in odontostomatologia”, con la carica di Segretario generale (1964-1978), fondatore del C.P.M. (corsi teorico pratici di formazione professionale per medici) e docente dei corsi per odontoiatri (Brescia, 1983-1991), autore di varie pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero. Socio fondatore della “Società italiana di Bioeneregetica strumentale” (1998) e membro della “Società Internazionale di Bioeneregetica” (1992).

Il Fr:. Lamberto è stato iniziato alla Massoneria il 27 aprile 1965 nelle Loggia Vittoria Italica di Milano ed ha raggiunto il 33° grado del Rito Scozzese Antico e Accettato l’8 agosto del 1985. Nella Gran Loggia d’Italia degli Alam ha ricoperto le cariche di: Grande amministratore generale Aggiunto della Giunta Esecutiva dell’Ordine; Membro effettivo della Giunta esecutiva dell’Ordine; Grande Ispettore Provinciale per Brescia-Cremona-Mantova; Membro Aggiunto del Supremo Consiglio con le cariche prima di Gran Cerimoniere e poi di Grande Elemosiniere. Nel 1989 è diventato membro del Sacro Collegio.

Membro fondatore della Loggia Maestri Comacini (Como), affiliato nel 1968 alla Loggia Principi Rosacroce di Milano, fondatore  nel 1971 della loggia Atanor di Brescia (Maestro Venerabile), fondatore nel 1982 della Loggia Virgilio (Mantova). Il Fr.: Lamberto ha rivestito numerose cariche nel Rito Scozzese Antico e Accettato, fino a giungere alla carica di Presidente dell’Arcicapitolo Nazionale dei Principi Rosacroce nel 1991.

Il suo nome appare nell’”Elenco completo dei Massoni italiani” in circolazione da anni in versione integrale e risulta liberamente consultabile da uno qualsiasi dei vari network “Peer to Peer”; lelenco è stato estratto dalla lista dei 26.410 nominativi sequestrata nell’inchiesta promossa nel 1992 del giudice Agostino Cordova e archiviata dal tribunale di Roma nel 2.000; la lista e i documenti sono stati dissequestrati solo nel 2017 .

 

 

CAZZAGO Lorenzo

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Nobile bresciano. È citato nel Catalogo degli Associati, Governo della Repubblica italiana [napoleonica], per Brescia (Benedetto Varchi, Storia Fiorentina, p. 268) con i FFØž Anelli Angelo, Bettoni Nicolò, Bonvicini Giovanni, Calini Beniamino, Malacarne Claro Giuseppe e Martinengo Colleoni Vincenzo.

Nulla sappiamo di questo FrØž mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

CHINELLI Antonio

( ?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 56).

Forse fratello di Giulio Cesare Chinelli.

Nulla sappiamo di questo FrØž mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Nel 1740 un Chinelli Antonio (forse parente, nonno, del nostro) era a Venezia con l’ufficio di Procuratore delle “Maestranze delle armi da guerra” di Gardone Val Trompia.

Le Maestranze erano “collegi di lavoratori” e ve n’era una per ogni arte, detta Fraglia (fratellanza+famiglia). Avevano l’obbligo solidale del mutuo soccorso, ed assumevano lavori per conto dell’associazione, e garantivano un corrispettivo minimo del lavoro.

Il collegio delle “maestranze della armi” ottenne nel 1740 dal senato veneto «che ad esse sole sia riservato il commercio e consumo delle canne da scioppo, azzalini ed altre « armi da fuoco».

I Chinelli (Del Chino nella prima metà del XVI secolo) furono una dinastia di inventori e fabbricanti d’armi da guerra, in genere maestri di canne e, nel XVII secolo, anche di proiettili d’artiglieria, di Gardone Val Trompia (Brescia). A causa della distruzione degli archivi comunale e parrocchiale di Gardone risulta praticamente impossibile ricostruire con un minimo di attendibilità la genealogia della famiglia.

All’epoca che ci interessa è vivente Chinelli Pietro Paolo, Armiere italiano,  Gardone V.T. (BS), 1810 (Edoardo Mori, Banca dati di armi ed armieri, in Enciclopedia delle armi).

Nel Palazzo Chinelli Rampinelli di Gardone Valtrompia, costruito nel XVIII° secolo dalla ricca famiglia dei Chinelli, al primo piano c’è ora il Salone del Consiglio Comunale, probabilmente antica sala da ballo, che reca sul soffitto, leggermente a volta, un affresco di Giuseppe Mozzoni 1937, la fucina di vulcano. Sulla parete di fronte un elegante camino settecentesco è sovrastato dallo stemma civico in marmo, mentre prima del restauro (ahimè!) lungo le pareti si potevano leggere alcuni versi del carissimo FØž Giosuè Carducci tratti dalla raccolta Juvenilia: “O del Mella Viragine forte, batti pur sulle incudin sonanti.”

 

CHINELLI Giulio Cesare

1781 - ?

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 56 e 63).

Diacono della Loggia nel 1809.

Nobile. Impiegato all’Ufficio Tasse di Brescia e agiato proprietario.

Null’altro sappiamo di questo FrØž mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Ancora vivente intorno al 1831, aveva 50 anni (secondo il rapporto Torresani edito dal Luzio nell’Arch. stor. lomb.,1917).

 

COCCHI Gaetano

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 56 e 358).

Elemosiniere aggiunto della Loggia nel 1809 e Cavaliere Eletto dei IX del R.: S.: A.: A.:.

Fratello di sangue di Giuseppe Cocchi, entrambi esponenti della massoneria bresciana nell’epoca della restaurazione.

Null’altro sappiamo di questo FrØž mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

COCCHI Giuseppe

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 56 e 358).

Maestro delle Cerimonie aggiunto e del Com. di Finanza. della Loggia nel 1809.

Fratello di sangue di Gaetano Cocchi, entrambi esponenti della massoneria bresciana nell’epoca della restaurazione.

Null’altro sappiamo di questo FrØž mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

COCCOLI Domenico

1747 – 1812 (o 1822)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 56).

Nacque a Brescia il 12 agosto 1747.

Noto matematico famoso in tutta la Repubblica Cisalpina per i suoi studi di ingegneria idraulica, professore di fisica matematica, patriota.

Figlio di Carlo e di Elisabetta Apostoli.

Di povera famiglia, fu scoperto da padre Cavalli, insegnante di matematica nel Collegio dei Gesuiti alle Grazie, che vide alcune sue figure delineate col gesso e il punteruolo sulle assi di una bottega di falegname. Il gesuita lo avviò agli studi specie scientifici, in cui fece progressi insperati.

Nel 1774 era professore nelle Scuole delle Grazie ed iniziò dal 1777 al 1792 una serie di pubblicazioni di matematica, statica, geometria ecc., che lo fecero conoscere.

Una Dissertazione idraulica in cui nel 1781 pose all’Accademia di Mantova il quesito “Stabilire la vera teoria delle acque” lo impose all’attenzione dei dotti, battendosi egli per la conservazione delle forze vive, e confutando le dottrine del Bermolli.

Nel 1790 venne chiamato a far parte della commissione per il regolamento delle acque del Padovano e del Vicentino e nel 1795 diresse i lavori di bonifica di una vasta zona tra Asola e Orzinuovi.

Partecipò alle riunioni nei salotti bresciani, specialmente in quello della contessa Bianca Capece Uggeri della Somaglia [filo massonico] (in Rassegna storica del Risorgimento).

Nel 1796 partecipò alla rivoluzione giacobina e l’anno seguente venne chiamato ad insegnare matematica nel Liceo di Brescia.

Dopo Marengo, ripristinata la Repubblica Cisalpina, fu nominato Commissario della Pubblica istruzione ed incaricato di redigere un piano per l’organizzazione delle scuole del Dipartimento del Mella.

Partecipò ai Comizi del Mella in rappresentanza del Liceo di Brescia e vi difese con energia la conservazione di istituti minori di istruzione contro la tendenza accentratrice in favore di poche università.

Fece parte del Collegio elettorale dei Dotti a Bologna nel 1802 deputato ai comizi di Lione e membro della Massoneria.

Esperto anche in idraulica nel 1806 lasciò l’insegnamento per diventare, con decreto del 23 luglio, Ispettore Generale delle strade e delle acque durante il Regno Italico.

Studiò, tra l’altro, la regolamentazione del Brenta e progettò un canale che congiungesse il lago d’Iseo con Brescia e con l’Adriatico (fattibile, ma mai realizzato perché troppo costoso).

Sue opere: “Proposizioni fisico-matematiche estratte dalle lezioni private del presente anno di Domenico Coccoli da dimostrarsi e sostenersi a richiesta di chiunque da Giuseppe Avanzoni ecc.” (Brescia per Francesco Bagnoli 1776 in 8.o, Brescia Fr. Pasini 1781); “Esposizione cosmografica della Ipotesi Copernicana ad uso de’ principianti” (Brescia, Pasini 1778 in 8.o); “Elementi di Statica ad uso della città di Brescia” (Ib.); “Elementi di geometria e trigonometria ad uso delle scuole pubbliche” (Brescia Pasini 1777 e 1792 in 8.o); “Dissertazione sopra il quesito: Stabilire la vera teoria delle acque uscenti da’ fori aperti ne’ vasi e mostrare in quali circostanze possa ella applicarsi alle acque correnti negli alvei naturali. Presentata dal sig. Domenico Coccoli professore di fisica e matematica nelle scuole pubbliche e prof. onorario d’Idraulica”; “Dissertazione in risposta a quella fatto da Agostino Sangervasi al general Consiglio della Università del Naviglio edito nel 1798” (in 8.o s.n.t.).

Passò all’Or.: Eterno il 27 novembre 1812 all’età di 65 anni.

 

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CONTI Febo

(1926  2012)

Affiliato alla Loggia Leonessa Arnaldo n.951 OrØž di Brescia del GOI.

Nato a Bresso (Milano) il 25 dicembre 1926.

È stato un conduttore radiofonico e conduttore televisivo italiano.

Fu iniziato nel 1966 in una loggia di Piazza del Gesù; diventò Maestro nel 1973 e fu regolarizzato al G.O.I. alla Loggia Carlo Montanari n. 746 di Verona e [con doppia appartenenza] alla Franklin Delano Roosevelt [Loggia della Nato, considerata negli elenchi GOI delle Logge esterea]. Passò successivamente alla Leonessa – Arnaldo n. 951 di Brescia e infine della Cremieux n. 761 di Sanremo.

Il FrØž Febo è dai più ricordato come il presentatore della trasmissione per ragazzi “Chissà chi lo sa?”.

Iniziò la sua carriera in radio, poi in tv negli anni ‘50. Il grande successo arrivò nel 1961 con il quiz per ragazzi “Chissà chi lo sa?” e la sua popolare frase rituale «Squillino le trombe, entrino le squadre», ossia, Febo fu l’inventore della Tv dei ragazzi, colui che per ben 13 edizioni consecutive condusse il popolare quiz del sabato pomeriggio.

Non fu un uomo qualsiasi. Da Milano si trasferì con la famiglia nel 1968 a Moniga del Garda e dal 1989 a Desenzano del Garda, perché dal 1975 contribuì a fondare «Gardaland», il più grande parco giochi italiano, che dirigerà in prima persona fino al 1980.

Durante la Seconda guerra mondiale frequentò l’istituto tecnico e si fece notare dai compagni per l’imitazione di Larry Semon, il comico americano dei tempi del muto meglio noto nel nostro Paese come Ridolini. Conti riusciva uguale all’originale in maniera formidabile, tant’è vero che a più riprese in carriera riproporrà il numero: dal ‘58 al ‘61 nel «Carosello», quindi tra il ‘70 e il ‘72 per la pubblicità delle rivoluzionarie penne a sfera Bic.

Il primo contratto in radio risale addirittura al ‘45: Conti si presentò a una selezione per rumoristi della Radio della Svizzera italiana. Quando seppero che aveva il diploma di perito avrebbero voluto assumerlo come tecnico, ma il conduttore, in barba alla giovane età, fece carte false per convincerli che la sua strada era un’altra. E così cominciò riproducendo il galoppo di un cavallo battendo le dita sulla latta di una confezione di Nivea, per poi ritrovarsi a presentare popolari trasmissioni come «La costa dei barbari» e «Il Dante avvelenato». Frequentò l’accademia di Giorgio Strehler e nel 1948 entrò nella Compagnia del Teatro Comico di Radio Milano.

Parallelamente alla carriera di annunciatore radiofonico, faceva anche teatro e arrotondava con l’attività di talent scout. Un giorno scritturò, per 3.500 lire a serata, un giovane imitatore che rispondeva al nome di Alighiero Noschese (che diverrà a sua volta Libero Muratore, Cavaliere di Kadosh del R.S.A.A.  e per 500 lire in meno a esibizione, mise sotto contratto un ragazzo alto e magro, bravissimo a fare il verso a Louis Armstrong e a parodiare storie del Vecchio Testamento, si chiamava Dario Fo e, qualche decennio più tardi, avrebbe vinto il Nobel. Ma questa è un’altra storia.

In Rai Febo approdò nel 1954 collaborando a una serie di programmi televisivi che lo vedono fianco a fianco con altri protagonisti di lungo corso della tv di Stato. Il vero e proprio salto di qualità ci sarà nel settembre del ‘61 con il lancio di «Chissà chi lo sa?». Formula rivoluzionaria per l’epoca: concorso a squadre di cultura generale tra studenti delle scuole medie di diverse città italiane. Modello di riferimento per innumerevoli programmi di là a venire.

Il rapporto di Conti con la Rai si interruppe nel 1974, dopo la trasmissione «Circodieci» ma in età avanzata il conduttore tornò a lavorare per Tv di Stato tra il ‘98 e il ‘99, partecipando alla rubrica «Io amo gli animali», inserita nel programma «Ci vediamo in tivù» di Paolo Limiti.

Ci fu una testimonianza che riguarda il FØž Febo alla Corte di Assise di brescia, nel Procedimento penale R.G. 003/08 - 23/02/2010  a/c Carlo Maria Maggi e altri (p. 175, 176) con domande poste al consulente Piera Amendola (ma con notizie approssimative):

Domanda – E di Febo Conti cosa emerge?

Amendola - Dunque Febo Conti lo schedario è sempre quello del Goi, Grande Oriente d’Italia, nato a Bresso nel ’26, la residenza, il telefono, perito tecnico repubblicano iniziato in piazza del Gesù, poi regolarizzato. Allora è stato iniziato nel ’66 in una loggia di Piazza del Gesù. E’ stato poi regolarizzato nel ’73 nella loggia 746 di Verona. Poi è passato nella loggia Montanari di Verna [Vorona, ed è sempre la stessa Loggia Carlo Montanari n. 746], conservando la doppia appartenenza (?). E nel ’77 è passato a costituire la loggia Roosevelt quindi una loggia Nato, 948 di Verona.

Domanda – Quindi anche lui una loggia Nato?

Aamendola- Sì. Però a partire dal ’77. Quindi viene da Piazza del Gesù ha poi questo percorso anche con doppia appartenenza al Grande Oriente. Nel ’77 quando costituisce e quindi è tra i soci fondatori, devono essere almeno sette fratelli, lui era uno dei setti, la loggia Roosevelt, cessa la doppia appartenenza. Quindi ha un’affiliazione esclusiva in questa loggia Nato [è quanto mai strano che un iscritto a una loggia regolare finisca poi in un elenco di affiliati a logge Nato].

Passò all’OrØž Eterno il 16 dicembre 2012 all’ospedale di Desenzano (Brescia)all’età di 85 anni, ne avrebbe compiuti 86 dopo pochi giorni, il 25 dicembre.

 

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COPETTA Astorre

1876 – 1954

Fratello della Loggia Cesare Abba del 1910 (?) del GOI all’OrØž di Brescia.

Ritenutosi discepolo del FØž Maestro Cesare Abba.

Nacque a Brescia il 26 febbraio 1876. Ragioniere, fu agricoltore provetto e commercialista.

Figlio di Luigi e di Pierina Ronchi. Si dedicò giovanissimo alla vita amministrativa e politica bresciana, militando nel Partito zanardelliano.

Fu un FØž membro della Loggia Cesare Abba (dedicata al suo Maestro) attivo sino alla sua chiusura.

Fu nel gruppo dei liquidatori dell’Unione bancaria nazionale (testimonianza resa a Silvano Danesi da Enrico Porro Savoldi, in Liberi Muratori bresciani, ecc., Edimai, 1995, p.192). Fu anche nominato dalla Banca d’Italia commissario liquidatore della Cassa Cooperativa di Prestiti di Isorella-Visano (Bollettino dell'Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito, 1938).

Fu consigliere comunale di Brescia, assessore nella giunta Gadola e sindaco di Mazzano e amministratore esperto di organismi pubblici e di società fra cui la “Soc. Terinelli”, “La Canova” di Gambara, della “Società Lago d’Idro”, della S.p.A., Polotti Santo, della “S.R.L. Cooprolana”, ecc.

Fu tra i promotori della Cassa rurale di Molinetto e del “Collegio Ragionieri di Brescia”, di cui fu presidente. Combatté nella I guerra mondiale  e al ritorno fu tra i promotori dell’Associazione Combattenti. Fece parte di numerose commissioni tecniche e finanziarie. Azionista della “Provincia di Brescia”.

Si dichiarò per l’incompatibilità con il fascismo.

Più tardi, nel 1929, fu presidente della sezione industrie estrattive dell’Unione industriale. Nel 1946 fu tra i promotori dell’Associazione mazziniana di Brescia.

Bibliofilo, fu sull’esempio della madre, una Ronchi di Breno, appassionato d’arte. Socio dell’Ateneo di Brescia dal 19 marzo 1949; lasciò all’Accademia nel 1955 la sua biblioteca e non meno rilevante il legato di una serie di incisioni antiche di soggetto bresciano, quadri, ecc. Scrisse: “Dalle memorie di G.C.Abba di Astorre Copetta suo discepolo anno 1930”, vedi Il notiziario, 1972-197 (Antonio Fappani, Enciclopedia Bresciana, ad vocem, vol.3, Brescia 1978, p. 10-11).

Carlo Bonardi, Presidente dell’Ateneo, così lo ricorda nel 1954: «Pochi giorni prima della sua scomparsa, in occasione di una nostra visita nella sua villa, festosamente accogliendoci, ci aveva fatto sperare dileguata la sorte inesorabile contro la quale aveva tanto lottato, sorretto dalla amorosa e sollecita dedizione della sposa incomparabile. Mostrandoci allora i tesori della sua biblioteca… oggi, nella amarezza del lutto recente, l’Ateneo vuol ricordare il suo socio ed amministratore ed io adempiere, come posso, la sacra promessa per rivivere ancora qualche istante con l’amico di gioventù.

Il proposito di Astorre Copetta mi aveva conquiso come una bella rivelazione di quel suo spirito pel quale, uomo di numeri e conti saggio e scrupoloso, riposava dalla prosaica fatica nel culto della Patria e del sapere: felice rara armonia! Chi non ricorda il suo costante studio della storia del Risorgimento, la fedeltà devota al ricordo di Giuseppe Cesare Abba patriota, educatore troppo dimenticato?

Non indarno egli era stato tra i giovani che Ugo Da Como aveva raccolto in quel Circolo Goffredo Mameli che, nelle esuberanze della felice età, diede, con azione di generosa fede, tanta vivacità al patriottismo in Brescia fino al sacrificio bellico di valorosi giovani. Egli fu da allora amico sicuro di Ugo Da Como dividendone le ansie, confortandone le delusioni, affinando alla sua scuola la passione del cercare e raccogliere cimeli storici, autografi, edizioni rare non per angusto egoismo di collezionista ma per la funzione di elevamento di diffusione della cultura. Per ciò aveva assunto, come dovere e giustizia, ricordare ai bresciani il grande artista concittadino continuatore della gloria dei maestri antichi.» (Commentari dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1954 – Atti della Fondazione Ugo Da Como 1954, Anno accad. CLIII, in memoria di Angelo Zanelli, p. 77 -78).

Necrologio dell’Ateneo:

Nella ospitale residenza della Patuzza moriva il 13 ottobre 1954 il Comm. Rag. Astorre Copetta, nato il 26 febbraio 1876. Ancora studente fu chiamato a far parte del Comitato promotore della Sezione bresciana della Lega per la difesa della libertà; nel 1897 fu consigliere del Circolo “G. Mameli” e quindi del Circolo “G. Mazzini”, ai quali dedicò gli entusiasmi della giovinezza e nei quali poté stringere sincera e feconda amicizia con uomini illustri.

Dall’On. Zanardelli apprende l’esempio di una sana e benefica politica amministrativa; dallo scultore Angelo Zanelli l’amore per l’arte. Ugo Da Como lo appassionò alla cultura umanistica e l’ebbe paziente raccoglitore di rare edizioni, di raccolte, di incunaboli; l’ebbe fedele amministratore e convinto continuatore della Fondazione da lui con generosa liberalità istituita a Lonato.

Ma il nome di Copetta è ancor oggi intimamente legato a quello di G. C. Abba, che soleva chiamarlo suo figlio adottivo, e del quale volle imitarne gli esempi partecipando, come volontario, alla prima guerra mondiale.

Nel 1902 fu eletto consigliere del comune di Brescia e di Nuvolera. Vi si distinse per saldezza di propositi e lunga pratica amministrativa. Nel 1920 fu assessore alla Pubblica Istruzione del comune di Brescia. Eletto sindaco a Molinetto vi costituì la Cooperativa Combattenti e innalzò a sue spese il monumento ai Caduti per la Patria, inaugurato dall’amico Innocenzo Cappa.

Al nostro Sodalizio si accostò fin dal 1898 in occasione delle cerimonie indette in onore del Moretto, e vi tenne una serie di conferenze promosse dall’Accademia per la diffusione del sapere nel popolo. Nel 1903 vi collaborò come membro della Commissione per la riforma del Teatro Grande, istituita allo scopo di renderlo democratico; e nel 1908 per la Esposizione nazionale di applicazioni di elettricità. Eletto socio effettivo il 19 marzo 1949, e quindi economo, provvide a restaurarne i difficili bilanci e le scarse finanze per dare all’Ateneo il sicuro affidamento di una decorosa continuità.

Cittadino altamente benemerito, fu tra i più reputati professionisti per la bontà sincera, la dottrina, l’equilibrato criterio, doti in lui superate dalla sola modestia e dal silenzio che ambiva intorno al suo continuo operare.

All’Ateneo, da lui considerato come l’unico geloso custode delle nobili memorie bresciane, legò parte della preziosa biblioteca, dei quadri, e la casa in città perché abbia a continuare nei giovani studiosi dell’arte e delle scienze la passione che lo sorresse e lo confortò nella vita”.

Bibliografia: Curò l’edizione “Da Quarto al Volturno” di G. C. Abba, nel 1909, con la prefazione di Giovanni Pascoli, che fece stampare in carattere maiuscolo per non ripetere la lettera minuscola, dopo il punto fermo, come aveva scritto il poeta. Il Maestro, in “G. C. Abba nell’anno 25° del suo magistero in Brescia, dicembre 1884 - dicembre 1909”, Numero unico, Brescia, Tosini, 1910, pp. 12-16. Relazione dei revisori dei conti economici e finanziari delle Aziende municipalizzate del Comune di Brescia per l'anno 1912, Brescia, Apollonio e C, 1914, in 4', pp. 8. Relazione all’Onorevole Commissione tecnico-amministrativa del Consorzio Cooperativo di Bagnolo Mella (in collaborazione con Giuseppe Gnaga e Walter Poli), Brescia, 1914, in 40, pp. 12. Lodo del Giudice d’Onore nella vertenza fra il dott. Guido Poli e il rag. Astorre Copetta, Brescia, 1920, in 80, pp. 16. Giuseppe Cesare Abba, in «Brescia», rassegna mensile, aprile 111 (19301), pp. 21-24. Pensieri e ricordi su Tito Speri, in Brescia Eroica s, p. 6.)

Passò all’ OrØž Eterno a Molinetto il 13 ottobre 1954 all’età di 77 anni.

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CORBOLANI Giordano

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Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 56 e 63).

Impiegato forestale. Nel 1829 è Conservatore dei Boschi a Casalmoro (Mantova); “Brav’uomo in fondo, e solo un po’ trascurato come funzionario” (in Archivio Storico Lombardo,  La Massoneria sotto il Regno italico, ecc., p.335).

Null’altro sappiamo di questo FrØž, mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Era settuagenario e ancora vivente nel 1831.

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CORDIANO Fausto

(1921 – 2015)

Nell’elenco della Loggia Propaganda 2 del GØž OØž IØž.

L’elenco dei soggetti appartenenti alla P2 fu reso pubblico dalla presidenza del Consiglio dei ministri in seguito il 21 maggio 1981.

Il prefetto di Brescia Fausto Cordiano si è dissociato in maniera totale dalla massoneria (L’Unità del venerdì 22 magio 1981, p. 18). L’appartenenza alla P2 sembra non sia supportata da documenti.

Cordiano Fausto, Brescia, prefetto, Tessera n. 2195, fascicolo 910 (Licio Gelli: Vita, misteri, scandali del capo della Loggia P2, p. 367).

Nato a Regio Calabria il 1 gennaio 1921. Prefetto.

Il dottor Fausto Cordiano fu prefetto di Brescia dal 16/08/1979 al 31/03/1985.

Non è possibile sottacere, in questo elenco dei Massoni bresciani ancorché incompleto, i Fratelli, o presunti tali, che sono stati coinvolti nel fenomeno piduista. Sulla base della documentazione acquisita agli atti della Commissione parlamentare sulla vicenda della Loggia P2 di Licio Gelli, all’Obbedienza del Grande Oriente d’Italia, si può ragionevolmente affermare che la Massoneria bresciana non sia stata interessata al fenomeno se non in forma assolutamente poco rilevante.

I bresciani nell’elenco ritrovato della P2 sono cinque: Cordiano Fausto, Folonari Marco, Frau Aventino, Montanaro Giuseppe e Pedini Mario.

Il Ministero dell’interno, con riferimento, alle interrogazioni e interpellanze dirette a conoscere i provvedimenti adottati nei confronti dei funzionari di quella amministrazione risultati iscritti alla P2 ha, in attuazione delle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio, instaurato appunto procedimento, disciplinare a carico dei funzionari i cui nomi risultavano, inclusi nel noto elenco dei presunti appartenenti all'associazione segreta P2. In merito alle conclusioni si precisa che, per quanto concerne la posizione dei prefetti di prima classe…e Fausto Cordiano [omissis] il Ministro dell’Interno ha esaminato le giustificazioni prodotte dagli interessati ai sensi dell’articolo 123 dello statuto degli impiegati civili dello Stato in attesa delle ulteriori determinazioni (Senato della Repubblica, 19499, VIII Legislatura 369 Í£ seduta, resoconto stenografico 2 febbraio 1982).

È passato all’OrØž Eterno a Roma il 29 settembre 2015 all’età di 94 anni.

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CORTI Bruno

(1920 – 2001)

Nacque a Villanuova sul Clisi (Brescia) il 13 maggio 1920. È stato un politico e sindacalista italiano. Laureato in Scienze politiche.

Sindacalista, segretario confederale UIL dal 1953 al 1969, è stato segretario generale UILM (Unione italiana lavoratori metalmeccanici) e Presidente della Camera sindacale provinciale di Brescia.

Deputato per quattro legislature. Eletto nel collegio Brescia il 28 maggio 1968 nel Partito Socialista Italiano, nel 1969 passò al Partito Socialista Democratico Italiano. È stato anche sottosegretario alle Partecipazioni Statali nel Governo Andreotti II nel 1973 e al Ministero del Lavoro e la Previdenza nel Governo Rumor IV e V nel 1974, poi all’Industria, commercio e artigianato nei governi Cossiga e Forlani, e infine agli Affari Esteri nei governi Spadolini I e II, Fanfani V e Craxi I e II. Ha presentato 88 progetti di legge.

Dal 1986 al 1991 titolare del seminario in Archeologia Industriale del programma di dottorato in Chimica industriale presso la Technische Universität Wien.

Studioso e docente di Archeologia Industriale, fu promotore negli anni ottanta e novanta del movimento dell’Archeologia Industriale italiana ed internazionale come presidente dell’ICMAI, Istituto per la cultura materiale ed industriale. Autore della voce Archeologia Industriale 1991 dell’Enciclopedia Treccani.

Studioso di teoria dell’Arbitrato internazionale, oggetto della sua tesi di laurea all’Università di Pavia con relatore Benvenuto Griziotti di cui fu assistente.

Ha partecipato come esperto alla redazione della procedura Uncitral di arbitrato internazionale ed è stato consulente per arbitrati Uncitral presso la Corte Permanente di Arbitraggio dell’Aja.

Il FrØž Bruno Corti, da giovane sindacalista affermò: “Nei grandi stabilimenti del Nord, e in particolare nel Bresciano e nel Milanese, registravamo adesioni spontanee del 10-15 per cento. Si trattava di gente che era stanca di stare nella Cgil, ormai dominata dai comunisti, e che non intendeva aderire all’organizzazione di Pastore, definita il “sindacato dei preti” (In S. Turone, Storia dell’Unione italiana del lavoro, Franco Angeli, Milano, 1990, pag.75). 

Una testimonianza, quella di Corti, che in estrema sintesi dà pienamente il senso della distanza notevole che separava le correnti laiche dalla cattolica Lcgil. Una distanza che era il portato della storia del nostro Paese e della quale gli americani non avevano tenuto ben conto. “Lo stesso errore – aggiunge Corti [in una testimonianza resa al FrØž Silvano Danesi (giornalista, scrittore e Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli Antichi Liberi Accettati Muratori; vedi la sua biografia)]- che gli americani fecero in politica, con l’appoggio totale alla Dc. Essendo gli americani in prevalenza di religione protestante ed ebraica, questa Italia terra del Papa non li vedeva particolarmente entusiasti, ma la Chiesa era una struttura organizzata capillarmente e la Dc e la Cisl erano ad essa intimamente legate. Gli americani fecero pertanto un ragionamento di “real politike scelsero di appoggiare chi era in grado di contrastare il comunismo. Soltanto le organizzazioni massoniche americane, nelle quali c’erano anche alcuni emigrati come il socialista Vanni Montana, esiliato durante il periodo fascista oltre oceano, lavorarono per aiutare i laici e per impedire che l’Italia fosse divisa tra cattolici e comunisti. La Uil fu aiutata da questi ambienti e da uomini come Vanni Montana, massone e responsabile di un sindacato dei tessili e da Walter Reuter, anche lui massone e responsabile del Cio, il sindacato dell’auto. Il Dipartimento di Stato americano, e lo posso affermare con cognizione di causa, visto che ero io stesso a tenere i rapporti con l’America per conto della Uil, guardò alla Chiesa, alla Cisl e alla Dc, non certamente a noi”.

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Lettera di Bruno Corti per la presentazione del libro sulla storia della Uil di Brescia:

“Cari amici, nella sua prefazione al libro di Danesi, l’amico Zanelli ha detto molto bene perché è stato necessario scrivere questo libro, ed anche perché è stato un lavoro maledettamente difficile. E’ stato necessario e giusto perché, e non poteva essere altrimenti, gran parte della storia, soprattutto quella dei primi anni, della nostra Uil bresciana era conservata solo nella memoria di chi ne fu protagonista. E’ stato difficile perché raccogliere e dare forma a questi ricordi, e poi confrontarli con i dati e con le fonti storiche, è un lavoro improbo. Esserci riuscito, per di più con un’opera ben scritta ed appassionante anche per chi non ha un interesse diretto, è il grande merito di Silvano Danesi. Chi mi conosce sa che non ho mai amato i discorsi lunghi e le troppe parole. Tranne, naturalmente, quando dovevo tirare in lungo le trattative. E’ quando sono passato a far politica che ho dovuto imparare a parlare troppo, ed ho soprattutto dovuto ascoltare troppi discorsi a vuoto. Oggi vorrei soltanto dire due parole su quello che noi che abbiamo creato la Uil volevamo fare nel 1950. Anzi, che avevamo cominciato a fare già prima, quando lasciammo i comunisti e la Fil e scegliemmo di non entrare nella Cisl. Chi non l’ha vissuto, fa fatica a capire il clima di allora. Ma è certo che in quegli anni il rischio per l’Italia non era solo quello della dittatura comunista. In un paese tutto da ricostruire, anche moralmente, con l’ambizione e l’entusiasmo che la fame ed una disperata speranza nel futuro davano un po’a tutti, noi avevamo visto con lucidità quale era il vero problema. E cioè che se volevamo, ed erano in pochi a crederci, lanciare l’Italia fra le grandi nazioni dell’Europa, dell’Europa ricca e democratica, e fare un salto di qualità che i nostri padri, poveri contadini ed operai, neanche si sognavano, il bipolarismo di allora era un rischio gravissimo. Mentre accanto a noi tutta l’Europa occidentale, pensiamo solo alla Germania distrutta fino alle fondamenta, entrava in una fase di crescita della ricchezza senza precedenti nella storia dell’uomo, noi rischiavamo di perdere un’opportunità storica. E il rischio lo correvamo perché lo scontro politico di due sole ideologie, entrambe, a loro modo, nell’Italia di allora, estreme, ci relegava al deserto della competizione ideologica, ad un vero e proprio sottosviluppo politico. Il salto da una società rurale ad una società industriale e tecnologica richiedeva tutta una serie di capacità e di competenze nel tessuto sociale e nella guida del paese che non solo non c’erano nei due partiti principali; ma che erano addirittura il contrario della loro visione ed ideologia. Per noi, allora, il problema di cercare un via diversa, una via laica e moderna, più pragmatica ma saldamente ancorata nel lavoro, da cui provenivamo, non era solo politico. Per noi, il problema era quello della sopravvivenza e del futuro dell’Italia. Sono parole che, a dirle oggi, appaiono retoriche. Ma allora non era così. Ed in questi anni i fatti ci hanno dato ragione. Noi oggi rivendichiamo come nostri quei valori della lotta sindacale che oggi tutti hanno fatto propri, a cominciare dagli avversari di allora. E sentiamo che se comunque l’Italia è diventata uno dei paesi più ricchi e progrediti del mondo, il merito è di quei valori che allora eravamo i soli a difendere, contro tutti. E’ in questa luce ed in quest’ottica, se volete ascoltare uno che allora c’era, che si dovrebbe leggere questo libro, al di là della grande precisione e profondità della sua ricostruzione. L’entusiasmo e la passione dei dirigenti della Uil bresciana di oggi, e lo testimonia anche la costanza con cui hanno voluto ricostruire una storia che è la loro, sono il migliore biglietto da visita per un sindacato cui io personalmente ho dedicato gli anni più belli. Auguri a loro, a tutti gli amici presenti, ed un grazie di cuore all’Autore per l’ottimo lavoro”.

Passò all’OrØž Eterno a Roma il 14 aprile 2001.

 

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COSTA Giannandrea

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Fratello affiliato della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 56).

Nulla sappiamo di questo FrØž, mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

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COUPÈ Alessandro Luigi

(?)

Fratello affiliato della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 62).

Lontano da Brescia per domicilio o per ufficio.

Nulla sappiamo di questo FrØž, mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

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