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Storia

del

Rito Simbolico Italiano

 

IL RITO SIMBOLICO ITALIANO:

CENNI STORICI

Fonte informazione Zanni - Moramarco - Novarino

Medaglia RSI recto Aquila romana su fasc
Medaglia RSI verso Pentalfa pitagorico.j

Introduzione

  Il Rito Simbolico Italiano nasce storicamente dalle vicende della Massoneria Italiana dell'Ottocento, con la fondazione avvenuta a Torino nell’ottobre 1859 e della quale ci sono stati tramandati i fondamentali documenti.

   Ci forniscono informazioni i brevi « Cenni Storici » scritti dal F. M.A. Umberto Zanni nel lontano 1913 e pubblicati nel N. 47 della nostra Rivista "L'Acacia" e che qui riproponiamo parzialmente ed integrati con note di approfondimento.

 

  Con la Restaurazione, il Grande Oriente "napoleonico" si sgretolò e la Massoneria visse nella clandestinità e nella diaspora una vita stentata. Per quanto la carica spirituale fosse notevole in tutti i massoni italiani, le loro manifestazioni anche in campo profano restavano autonome e risentivano della mancanza di un indirizzo comune, di un potere centrale coordinatore a carattere nazionale, che desse effettivamente la dimostrazione del raggiungimento dell’unità fra i massoni e costituisse un buon auspicio per la riunione di tutti gli italiani in un unico Stato indipendente. Di questo diffuso stato d’animo si resero interpreti alcuni massoni piemontesi che, avendo la fortuna di operare nel cuore della fucina del futuro Stato italiano ravvisarono la necessità storica di dare vita ad una Libera Muratoria indipendente da influenze straniere. Non è ardito supporre che, nel serrato gioco politico e diplomatico di quel momento, il genio di Cavour abbia intuito l’utilità di questo distacco di una parte della Massoneria italiana dalla sudditanza estera ed in particolare da quella francese. 

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   Nel 1859, a Torino, un gruppo di Massoni fondò la Loggia Ausonia, che praticò esclusivamente, fin dalla nascita, i tre gradi universali dell'Ordine. I Fratelli fondatori furono Livio Zambeccari (colonnello dell’esercito), Filippo Delpino (stenografo della Camera dei Deputati), Carlo Flori (avvocato), Sisto Anfossi (medico), Celestino Peroglio (docente universitario), Francesco Cordey (litografo), Giuseppe Tolino e Vittorio Murano (commercianti).  Di tale iniziativa sono promotori anche altri Fratelli da Giuseppe La Farina e Carlo Emanuele Buscaglione, capi della famosa “Società Nazionale" e a causa di tale loro carica, e per evitare sospetti e gelosie del Partito d’Azione, preferiscono restare nell’ombra e farsi surrogare in quel compito da altri Fratelli meno impegnati politicamente. 

 

Livio Zambeccari.JPG

Fr.: Livio Zambeccari

Priorità storica del Rito Simbolico

  La nuova Officina adotta il Rito primitivo ispirato direttamente alle costituzioni di Anderson e cioè il Simbolico, il quale riconosce soltanto i primi tre gradi che si chiamano appunto simbolici. Indiscutibilmente il Rito Simbolico è il Rito con tre gradi soltanto, è il Rito primitivo. I tre primi gradi sono chiamati simbolici (e simboliche sono pur dette le Logge in cui si lavori in questi tre gradi) perché in essi si racchiude tutto il simbolo massonico.

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  La Massoneria professionale od operativa non aveva alti gradi e si perfezionava nel grado di Maestro; e la Massoneria moderna o speculativa, che da quella deriva, non ebbe, ne’ primi tempi, altri gradi oltre i tre simbolici: i gradi di Apprendista, di Compagno e di Maestro. Anzi, a voler precisare, quando – col tramontare dell’arte gotica vennero a preponderare gli architetti e gli ingegneri sui costruttori che lavoravano empiricamente, secondo antiche regole divenute consuetudine, e, a poco a poco, si introducevano nella Fratellanza elementi estranei, accettati, che dovevano trasformarla completamente da operativa in speculativa – l’Istituzione stava subendo una profonda crisi di adattamento, non si avevano neppure tutti i tre gradi Simbolici: infatti nel 1717, allorché fu costituita in Londra la prima Grande Loggia, il grado di Compagno non esisteva e forse neppure quello di Maestro.

 

  Il Rito Simbolico non è mai scomparso dalla storia universale della Massoneria anche nel periodo migliore della fioritura degli alti gradi, nella seconda metà del secolo XVIII: vi furono sempre paesi dove gli alti gradi non si vollero introdurre o non furono riconosciuti dalla Massoneria regolare.

 

  In Italia ogni periodo di vita massonica si è iniziato esclusivamente con Massoneria di Rito Simbolico.

 

  Le prime Logge furono introdotte in Italia da Grandi Logge estere - dalla Gran Loggia d’Inghilterra e poi dalla Gran Loggia d’Olanda - forse prima del 1733, certo non più tardi di questa data, e specialmente in Toscana e nel Napoletano e negli Stati Sardi e nel Veneto e queste Logge, come le loro Grandi Logge madri non avevano alti gradi. Questi furono introdotti dopo il 1785 dalla Stretta Osservanza nell’Alta Italia e nel Napoletano dove si diffusero e prevalsero sino ai tempi della Rivoluzione Francese quando i lavori massonici quasi dappertutto, sul continente, furono sospesi.

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  Il secondo periodo comincia con la conquista napoleonica dell’Italia e le Logge costituite (la prima a Milano nel 1801) non riconoscevano gli alti gradi sino a quando non fu costituito un Supremo Consiglio Scozzese a Milano nel 1805 e poi il Rito di Mizraim a Venezia ed a Napoli nel 1806 i quali si diffusero in tutta Italia.

 

  Il terzo periodo procede dalla costituzione della Loggia Ausonia a Torino nel 1859.

La Loggia Madre « Ausonia »

e il Grande Oriente d’Italia

 

  Col rinnovarsi della vita massonica, dopo il sonno quasi completo che va dalla caduta di Napoleone ai primi anni della seconda metà del secolo XIX, la prima Loggia veramente attiva che si costituì in Italia fu la Loggia Ausonia che volle limitare i propri lavori ai tre primi gradi. 

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  Scopo principale ed immediato della R∴L∴ Ausonia è quello di dare vita ad una Gran Loggia Nazionale completamente staccata da qualsiasi obbedienza estera. Si è avuta la fortuna di rintracciare a Torino nell’archivio lasciatoci dal Fr∴ Felice Govean i primi cinque verbali e due lettere riguardanti la fondazione della R.·.L.·. Ausonia: il primo verbale documenta l’elezione a M∴V∴ del Fr∴ Filippo Delpino ed il proposito di estendere il nuovo Rito a tanti altri Fratelli sparsi in Italia ma particolarmente a Genova dove sembra esistere una Loggia semiclandestina denominata “Unione dei Cuori” di tendenze simboliche.Tra il 22 ottobre ed il 3 dicembre dello stesso anno i lavori rituali vengono interrotti, certamente a causa degli avvenimenti che stavano maturando nell’Italia centrale, ove nel frattempo s’era recato il Fr.·. Livio Zambeccari per aiutare l’opera di Garibaldi. Non per questo viene a cessare l’opera di proselitismo, specialmente in Piemonte ed in Liguria, tant’è che in virtù degli ottimi risultati raggiunti, alla ripresa dei lavori della R.·.L.·. Ausonia avvenuta il 13 dicembre 1859, data veramente memorabile, i Fratelli torinesi su proposta del Fratello Felice Govean dichiarano solennemente costituito il Grande Oriente Italiano, nominando Gran Maestro provvisorio lo stesso Venerabile Filippo Delpino, con un programma ben definito di cui riportiamo testualmente i principi fondamentali e cioè:

 

  L’Ausonia dimostrò il suo favore radicato verso il Rito Simbolico con la sua insistenza nel non volere che il Grande Oriente Italiano - che ad essa deve la vita nel dicembre 1860 quando l'Ausonia deliberò di trasformasi in Grande Oriente Italiano - riconoscesse gli alti gradi.

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  L'azione dell’Ausonia fu diretta ed aiutata dal Fr.: Benso conte di Cavour e la neonata Obbedienza fu a prevalente composizione cavouriana, tant'è che si contrappose al Supremo Consiglio del Rito Scozzese di Palermo, affollato di garibaldini. Fu eletto primo Gran Maestro ad interim il Fratello Filippo Delpino. La prima assemblea costituente del GOI fu organizzata il 20 dicembre 1860 e i primi problemi da affrontare furono quelli dell'eccessiva frammentarietà della massoneria italiana, con diverse logge nel territorio italiano ancora legate all'obbedienza del Grande Oriente di Francia e in conseguenza la volontà di costituire una massoneria nazionale unitaria e indipendente. 

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 In quel periodo la R∴L∴ Ausonia raggiunge un organico di circa 200 Fratelli, fra i quali desideriamo ricordare alcuni che ebbero notevole fama per varie attività nel mondo profano, e cioè Costantino Nigra, Luigi Kossuth, Stefano Turr, il Ministro Filippo Cordova, i Deputati Giuseppe La Farina, Pier Carlo Baggio, Michele Coppino poi Ministro della P.I. David Levi, Antonio Corrado e tanti altri.

  Sempre dai documenti di archivio risulta che in tutte le Logge appartenenti al Grande Oriente Simbolico nei primi mesi del 1860 venne unanimemente deliberato di affidare il maglietto di Gran Maestro al Fratello Cavour, (vedi i verbali della  R∴L∴ Azione e Fede di Pisa), progetto non realizzato per l’immaturo passaggio all’Oriente Eterno del grande statista, degnamente sostituito nel prestigioso incarico dal suo delfino Costantino Nigra: questi, tra i tanti meriti, ebbe anche quello di iniziare il logico avvicinamento e riconoscimento del nuovo Grande Oriente Italiano da parte della Gran Loggia Madre d’Inghilterra, opera portata a compimento dopo oltre un secolo dal G.·. M.·. Lino Salvini.

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  Il secondo Gran Maestro fu Costantino Nigra, regolarizzato presso la loggia Ausonia nel febbraio 1860. Venne eletto il 3 ottobre 1861 pochi mesi dopo la morte di Cavour, ma, nel novembre dell'anno successivo, rinunciò all'incarico. Fra le ragioni che possono aver spinto a lasciare la gran maestranza, vi è il fatto che Nigra rimaneva ambasciatore d'Italia in Francia in un momento in cui la massoneria italiana, repubblicana e garibaldina, aumentava la propria distanza dal Secondo Impero. Nella propria lettera di rinuncia, Nigra faceva comunque diplomaticamente cenno alla propria disponibilità a rappresentare il GOI presso il Grande Oriente di Francia (GODF). Tra le altre ragioni, vi era forse anche l'imbarazzo per un sincero monarchico cavouriano di guidare un'istituzione che negli anni sessanta sarebbe divenuta sempre più repubblicana.

 

 La vivace ed intensa lotta che si faceva con le logge di Rito Scozzese, nate o risorte più di recente ma indubbiamente meglio organizzate e più compatte, fecero sì che, all’Assemblea di Firenze del 1863, Celestino Perroglio e David Levi (libero religioso, stilò un programma secondo il quale compito della Massoneria era la realizzazione di riforme sociali e politiche di carattere progressista), che rappresentavano il Grande Oriente, per un alto spirito di sacrificio e grande amore all’Istituzione, lasciassero liberi i delegati di deliberare se accettare i soli primi tre gradi del Rito primitivo o aggiungervi tutta la gerarchia scozzese.

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  L’Assemblea deliberò di nominare una Giunta la quale provvedesse nel miglior modo perché l’accordo si avesse tra tutte le Logge d’Italia, prima della convocazione di una nuova Assemblea.

Camillo Benso conte di Cavour.jpg

Fr.: Camillo Benso conte di Cavour

Labaro Loggia Madre Augusta di Torino.jp

Labaro della Rispettabile Loggia Madre Ausonia

I cinque punti della Fratellanza

 

  A due anni dalla fondazione della Loggia Madre Ausonia, a cavallo tra il 1861 ed il 1862, nella Grande Assemblea svoltasi a Torino furono approvati «I cinque punti della fratellanza dei Liberi Muratori», un manifesto unico ed universale che esemplifica e rappresenta tutt’oggi lo spirito che ha animato i nostri progenitori. Tale documento, la cui lettura e rilettura consiglio a tutti, appare ancor oggi di un’attualità incredibile, a testimonianza del fatto che esistono valori umani oggettivamente indiscutibili ed universali

Prevalenza del Rito Scozzese nel Grande Oriente

 

  Con la Dichiarazione dei Principi del Rito Simbolico, avvenuta il 1° gennaio 1862, si chiude la prima e più gloriosa pagina del Rito stesso. Infatti le Logge di Rito Scozzese, dopo i fatti ed i fattacci della II guerra di indipendenza, avevano ripreso forza e vigore e, indubbiamente meglio organizzate e più compatte di qualsiasi altra famiglia massonica allora esistente in Italia, fecero sì che in un’Assemblea tenuta a Firenze nel 1863 fosse affrontato lo scottante problema dei gradi, facendo all’uopo nominare una Giunta incaricata di stendere un apposito accordo in vista di una futura Assemblea. Questa ebbe luogo nel 1864 e vi parteciparono non solo le Logge di ogni Rito ma anche le Camere superiori Scozzesi. A questo punto per il Rito Simbolico la partita era perduta sebbene dall’Assemblea fosse uscito un Grande Oriente formato da 20 scozzesi e 20 simbolici, indipendentemente dal numero delle Logge che professavano l’uno o l’altro Rito: infatti nelle riunioni rituali i gradi scozzesi venivano a prevalere su quelli dell’Ordine. 

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  Ma pare che non tutte le Logge di Rito Scozzese fossero soddisfatte e molte di esse non aderirono al Grande Oriente malgrado la proclamata libertà dei riti e malgrado – dice il Bacci – «la enorme prevalenza dello Scozzesismo nei consessi direttivi dell’Ordine». Tuttavia le Logge di Rito Italiano o Simbolico non potevano ormai più essere di ostacolo: esse erano minoranza, si sentivano deboli e mancava in loro la fede e l’energia per aumentare il loro numero e affermare le ragioni del Rito Simbolico.

 

  Anzi alcune Logge di Rito Simbolico preferirono di starsene appartate e non aderire al Grande Oriente e alcune di queste, specialmente Piemontesi, si strinsero intorno all’Ausonia e si organizzarono all’obbedienza di un Gran Consiglio Simbolico sorto da un’Assemblea tenuta a Milano (1-5 luglio 1864).

  Questo per vario tempo visse avendo sede prima a Torino e poi a Milano e con la presidenza di Ausonio Franchi, finché non pensò di fondersi nel Grande Oriente Italiano nel 1868 con un atto firmato per il Gran Consiglio dai Fratelli A. Franchi, G. Guastalla, P. M. Loria, C. Luppi, L. Larcher, E. Rognoni, P. Moneta. Per questa fusione il Grande Oriente ebbe alla sua obbedienza anche le Logge Adriaca di Venezia, Arena di Verona, Avvenire di Milano, Ferruccio di Pistoia, Insubria di Milano, Progresso di Torino, Unitaria di Livorno, Pietro Micca di Torino, Vittorio Alfieri di Asti, Gogliando di Alessandria e La Pace di Padova.

Gaetano Pini e la Loggia « Ragione » di Milano

 

  Le Logge di Rito Simbolico, isolate fra di loro ma a contatto delle Logge di Rito Scozzese, non resistettero all’influenza di queste: a poco a poco andavano abbandonando il proprio rito sacrificando il loro vivo sentimento di autonomia che in pratica rendeva scarsi benefizi e aderivano allo Scozzese. Si prevedeva fatale la scomparsa del Rito Simbolico come era avvenuto per il Rito di Menfi.

 

  Ma per fortuna del Rito Simbolico, in Milano si trovarono uniti, nella Loggia Ragione costituita nel 1873, uomini di un grande volere e di alto valore morale i quali per il prestigio che veniva dalla loro persona e per l’affettuose cure da essi date al Rito resero possibile la sua rinascita. A proposito di questa Loggia – che, con la Loggia Ausonia di Torino e con la Loggia Roma di Roma, deve essere ricordata dai Fratelli di Rito Simbolico Italiano per quanto essa ha fatto in momenti difficili per il bene di questo – Gaetano Pini nella inaugurazione del suo nuovo tempio (12 dic. 1886) diceva: «Compiono ora 13 anni che una Loggia composta di pochi e modesti Fratelli sollevava una bandiera che parve ad un tratto il segno della rivolta, mentre non era che il Simbolo della pace. Questa Loggia si chiamava La Ragione… Parlare di radicali riforme da apportarsi, in seno della Massoneria parve, a quei tempi, una utopia: ogni discorso, ogni atto che accennasse a formule più semplici, a riti più conformi all’indole dei tempi avevano l’aria d’aperta ribellione e profonde erano le interne scissure come lunga e profonda era stata la discussione fra le antiche famiglie massoniche d’Italia. Eppure noi riuscimmo, non solo a proclamare ma altresì a conseguire la maggior parte delle propugnate innovazioni senza mai, neppure un istante, offendere le leggi alle quali avevamo giurato obbedienza, senza mai venir meno a qualsiasi patto e a quell’amore che si debbano fra loro i Fratelli. Nelle Logge e nelle Assemblee Costituenti, nei giornali appositamente costituiti, nei Consigli dell’Ordine, nei Congressi Massonici, la Loggia Ragione, coadiuvata con indimenticabile perseveranza dalla Loggia Pietro Micca-Ausonia di Torino, assecondata dalla disciolta Loggia La Cisalpina, seppe, per lungo volgere di anni tener viva l’agitazione in favore del Rito Simbolico Italiano fino a radunare intorno a sé un nucleo di oltre 20 Officine che sparse in Italia e nelle colonie, sono divenuti elementi fecondi di disciplina ed esempio di intelligente operosità ».

 

  E fu per merito di questi uomini che all’Assemblea Costituente del 1874 in Roma i delegati delle Logge di Rito Simbolico deliberarono di far preparare e presentare alle Logge gli Statuti del Rito. II lavoro fu lungo e delicato e solo nel 1876 potè aver luogo l’Assemblea per la discussione di detti Statuti.

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Fr.: Costantino Nigra

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Fr.: David Levi

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Ausonio Franchi, pseudonimo di Cristoforo Bonavino, ex presbitero sospeso a divinis e poi riconvertitosi

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Fr.: Gaetano Pini

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L’Assemblea di Milano del 1876 e gli Statuti del Rito

 

  Quest’Assemblea, che si tenne dal 15 al 16 gennaio in Milano, è di capitale importanza per il Rito Simbolico e può dirsi che in essa s’iniziò la sua vera vita.

 

  Assistevano i rappresentanti di 15 Logge e cioè Demetrio Prada per la Adinolfo di Mineo, Giovanni Negri per la Benito Juarez di Napoli, Gerolamo Astengo per la Caffaro di Genova, Ernesto Rognoni per la Cisalpina di Milano, Francesco Muller per la Fedeltà di Livorno, Oscar Pio per la Ferruccio di Pistoia, Giuseppe Sarmento-Pavesi per la Giovane Acri di Palazzolo Acreide, Domenico Clerici per la Libero Pensiero di Abbiategrasso, Ludovico Corio per la Libertà e Progresso di Cagliari, Antonio Lehmeyr per la Pestolozzi di Napoli, Illuminato Lumello per la Pietro Micca-Ausonia di Torino, Gaetano Pini per la Ragione di Milano, Pietro Agnelli per la Tito Vezio di Roma e L. S. per la Ugolino di Iglesias. Rappresentava il Grande Oriente Raffaele Jovi.

 

  Fu nominato Presidente il Pini, benché avesse solo trent’anni, e nel suo discorso di inaugurazione attribuì la scelta, più che ai suoi meriti «all’intendimento dei delegati di onorare in lui il rappresentante di quella Loggia (La Ragione) che, prima in Italia sollevò arditamente la bandiera del Simbolismo, di quella Loggia che maggiormente cooperò alla redazione degli Statuti che sono oggetto di discussione».

 

  Il Pini fece poi rapidamente «la storia degli ostacoli che si dovettero superare per ottenere che al Rito Simbolico fosse concessa quella uguaglianza dei diritti di cui già godevano gli altri Riti» e dimostrò «come solo uniformandosi ai principi della maggiore libertà e della più grande tolleranza si riuscisse a comporre e a risolvere una questione che dapprima si presentava come un difficile problema». Spiegò infine le ragioni del ritardo con cui furono presentati gli Statuti e convocata quell’Assemblea: gli incaricati avevano voluto «fare opera per quanto possibile completa e soprattutto pacifica»; essi volevano «che la riunione non fosse seme di nuove discordie e dimostrare prima come il libero svolgersi ed accrescersi del Simbolismo in Italia non fosse una minaccia per l’Ordine nostro ma un elemento potente, efficace, di forza, e di disciplina, dimostrare come la riforma propugnata funzionasse, benché provvisoriamente e con leggi mal definite, senza produrre alcuno di quegli inconvenienti che si temevano da molti dei Fratelli fautori dello Scozzesismo».

La relazione Corio

 

  Crediamo ora opportuno riferire quasi integralmente la relazione del Fratello Lodovico Corio a nome della Commissione codificatrice per gli Statuti. Essa cominciava cosi:

  «La Massoneria è oggi l’unica potenza seriamente organizzata, al fine di energicamente propugnare la carità, la verità, la libertà e combattere l’egoismo, il pregiudizio, la schiavitù. Essa si trova a fronte d’una setta forte, terribile per tradizioni e per gerarchia, per i legami indissolubili che vincolano tra loro i suoi membri, per il carattere indelebile che vien loro attribuito fin dalla nascita; or bene anche la Massoneria ha tradizione, gerarchia, indissolubilità di vincolo, e per giunta indelebilità di carattere – indelebilità, non già impressa in un bambino inconsapevole, ma bensì spontaneamente assunta da un uomo avente la piena coscienza e responsabilità delle proprie azioni: quella pretende obbedienza cieca a’ suoi dogmi, mentre la Massoneria non vuole altro che un’adesione ragionevole e ragionata a’ suoi principi, a’ suoi Statuti, a’ suoi Riti. Ma quella setta, che neppur nominiamo, perché sta fissa nel pensiero di tutti noi ed è la nostra capitale nemica, quella setta ha voluto rimanere immobile dinanzi al progresso universale, epperò inconsciamente a sé medesima ha scavata la fossa. Oggi quella setta non può che negare, resistere, difendersi; ogni grande affermazione le è vietata.

  Essa quindi vede intorno sfasciarsi quell’immenso edifizio, che a prezzo di molti gravissimi sacrificii in altri tempi ha potuto innalzare, e vede gli uomini più intelligenti allontanarsi da lei, disgregarsi, dispedersi e solo rimanerle intorno uno stuolo non molto numeroso di beghine, d’ignoranti, d’ipocriti.

  La Massoneria invece pur mantenendo saldi quei pricipi morali, ai quali si è sempre inspirata, principi che sono il fondamento d’ogni civile società, e dal trionfo de’ quali dipende la felicità dei popoli – ha però sempre favoreggiato il progresso dello spirito umano, e sempre s’è trovata alla testa di questo grande movimento di trasformazione, che incalza instancabilmente l’umanità: anzi il più delle volte la Massoneria fu causa efficiente e non poche fiate causa finale di questo gran moto progressivo.

  Dal più antico costruttore del tempio, al moderno libero muratore del pensiero, con non mai interrotto cammino la Massoneria assurse dalla materia all’idea, dal fatto al principio, dalla pratica alla teorica, dall’analisi alla sintesi, dal senso alla ragione, dalla fede alla scienza. Ed è perciò che la grande famiglia massonica s’ingrossa ogni giorno di più e va sempre guadagnandosi uomini, che devoto culto professano al vero, al bello ed al bene.

  Ed è questa necessaria mutabilità di forme che mantenne tra noi quello spirito di tolleranza e di vicendevole rispetto, che afferma la forza dell’Ordine nostro e stabilisce la sua superiorità sopra ogni altra associazione o scuola sia empirica, sia dottrinaria. Ed è questa necessaria mutabilità di forme, che rende possibile la concordia in questa grande famiglia, e che pur lasciando ai diversi membri che la compongono la facoltà di seguire un diverso Rito, come in tutte le grandi opere della natura, sa conciliare la varietà coll’armonia. Ed è questa necessaria mutabilità di forme, che rese possibile il Rito Simbolico, più semplice, più democratico e perciò più conforme alle tendenze de’ tempi nostri.

  Lungi da noi l’idea di denigrare gli antichi Riti, chè ossequentissimi alle norme che reggono la nostra famiglia, sentiamo il dovere di tutti egualmente rispettarli: ma permettete a noi, Fratelli delle rispettabili Logge La Ragione e La Cisalpina, che sono di Rito Simbolico, di mostrarci lieti e di congratularci con tutti voi, cari ed illustri Fratelli, qui rappresentanti Logge che accettarono questo medesimo Rito, come quello che soppresse i numerosissimi e pomposi titoli non atti, se non a solleticare nell’individuo una bassa passione, la vanità; rito, che stabilisce il principio elettivo, e quindi vuole che un Fratello perché copra un posto eminente nell’Ordine, debba godere della stima della grande maggioranza de’ suoi Fratelli; Rito infine che assicura la Massoneria dalle sorprese e dai colpi di mano del potere profano.

  Questo Rito, del quale trovasi già fatto cenno all’articolo 9.° degli Statuti generali della Reale Franca-Massoneria in Italia, (Statuti che nell’anno 5807 e precisamente nel giorno 25 del 3.° mese vennero inscriti nel Libro d’Oro e depositati negli Archivi del G.·. O.·. d’Italia) questo Rito, che ha molte e gloriose tradizioni nel Piemonte, in un tempo da noi non molto remoto, cioè nell’anno 5864, trovò strenui propugnatori nei carissimi nostri FF.·. Ausonio Franchi della Loggia Insubria di Milano, e Salvatore Majorana-Calatabiano della Loggia Caronda di Catania.

  Or bene: propugnare il nuovo Rito Simbolico era compiere una pacifica ma al tempo istesso una grande rivoluzione nel seno stesso della Massoneria: propugnarlo senza cagionare una irrimediabile scissura era un difficile problema da risolvere; e nel tempo in cui si trattò questa delicatissima questione la Massoneria, e più precisamente la Famiglia Italiana che se ne era fatta l’autrice, aveva una grande prova da vincere. E fu mercé lo spirito di tolleranza e di vicendevole rispetto che ha sempre animato e tutti anima i nostri Fratelli, che quella pacifica ma grande rivoluzione fu fatta, che quel difficile problema fu risoluto, che quell’ardua prova fu vinta …

Rito Simbolico Italiano

 

  Una delle deliberazioni più notevoli di questa Assemblea fu l’aggiunta della parola Italiano al nome del Rito. L’aggiunta era opportuna: prima di tutto perchè già nella storia della Massoneria il nome italiano era stato accettato e conservato da Logge che seguivano un Rito a solo tre gradi e poi perché il Rito Simbolico non era proprio dell’organizzazione nostra ma all’estero v’erano e v’erano state Comunioni Massoniche professanti un Rito a tre gradi; e poiché il Rito Simbolico seguito in Italia aveva delle forme sue speciali, era opportuno determinarlo con un suo speciale appellativo.

Le Logge Regionali

 

  Ma dove più viva fu la discussione fu nella introduzione, nell’organizzazione rituale, delle Logge Regionali.

  La relazione Corio si diffondeva specialmente a sostenere l’opportunità, anzi la necessità di questi nuovi corpi: essa così diceva:

  «Ed ora è un altro il voto. Ogni Massone in omaggio allo svolgimento ed al trionfo del principio di libertà sostiene nel mondo profano il discentramento sia nel campo amministrativo, sia nel campo politico. Il discentramento non vuol dire divisione; esso lascia intatto il grande principio unitario, ma salva l’autonomia dell’individuo; schiude a questo l’adito di progredire senza inciampi e senza pastoie fin dove la sua attività e la sua forza glielo consentono e non l’obbliga a fare inutili (notate, carissimi Fratelli, che dico inutili) sacrifici della propria energia, in omaggio all’altrui inoperosità od all’altrui fiacchezza.

  Nel mondo profano il discentramento è un desiderio dei buoni, ma nel mondo profano il pregiudizio e l’egoismo oppongono un baluardo quasi insuperabile all’attuazione di questo principio.

  Ma dal tempio massonico la caligine dell’errore è fugata dalla splendida luce del vero; dal tempio massonico sono bandite le basse e ree passioni che contaminano l’uomo; e se non fosse, in noi, liberi muratori, immodestia il pronunciare sentenza su tale argomento, diremmo che il libero muratore dovrebbe potersi considerare come un uomo logicamente e moralmente perfetto.

  Ecco perché noi troviamo quasi sempre la Massoneria all’avanguardia del progresso.

  Ed appunto per tutto ciò il discentramento, desiderio ora inattuabile nel mondo profano per le ragioni testé accennate, diventa nel mondo massonico un dovere da compiere, per mostrare a tutti colla irrefragabile prova dell’esempio, che questo principio che sembra in apparenza disgiungere i membri d’una stessa famiglia, in realtà poi più armonicamente li affratella, li unisce d’indissolubile legame e ne moltiplica le forze.

  Perocché è il sentimento della propria dignità, quello che spinge sempre l’uomo a ribellarsi ad un giogo che per violenza gli si vuole imposto; mentre lasciato libero, egli si sottomette volontariamente ad ogni peso e affronta sereno e intrepido qualunque sacrificio.

  Ché anzi col discentramento come fu ideato dalla Commissione proponente il progetto de’ nuovi Statuti, che in oggi accorreste a discutere, viene rafforzato quel vincolo gerarchico, ch’è pure uno dei più efficaci elementi di potenza della Massoneria.

  Sì, la gerachia, che diè tanta vita ad istituzioni funeste all’umanità, perché fondate sulla superstizione, sul servilismo e sulla debolezza dei più, voglio dire il cattolicismo, il feudalismo ed il militarismo, per la Massoneria che si fonda sui più puri, sui più santi principi della morale, fu e sarà sempre un elemento di potenza giovevole al benessere dell’umanità. Ed ecco la ragione precipua, per cui parve doversi nei nuovi Statuti aggiungere forza alla gerarchia. E forza aggiungerà senza dubbio alla gerarchia l’istituzione delle Logge Regionali.

  … Il punto però, che dalle relazioni pervenute delle varie Officine alla Commissione, apparve più controverso, è appunto quello che si riferisce alla istituzione delle Logge Regionali, da alcune Officine simboliche combattuta con molta vivezza e con abbondanza di argomenti.

  Malgrado però che la opposizione muovesse da Logge autorevoli e numerose, tuttavia la Commissione proponente non credette opportuno sopprimere dagli Statuti gli articoli, che alla istituzione delle Logge Regionali si riferiscono; ma animata da quello spirito di concordia che deve presiedere a tutte le opere massoniche, avvisò doversi lasciare in facoltà delle Officine simboliche la fondazione delle Logge Regionali, le quali in questa guisa verrebbero a perdere quel carattere di obbligatorietà che era loro stato dato dapprima e che aveva sollevato le opposizioni di cui abbiamo tenuto parola.

  La Commissione è tanto sicura della necessità e della importanza delle Logge Regionali, che non dubita punto verranno in avvenire istituite anco da quelle Officine che oggi maggiormente le avversano; ma lungi dal volerle imporre, propone invece che esse rimangano negli Statuti come facoltative anziché come obbligatorie.

  Secondo la Commissione i contradditori delle Logge Regionali hanno di troppo esagerato attribuzioni che a queste Camere centrali verrebbero date, e in luogo di ravvisare in esse un ostacolo all’autonomia delle singole Officine e una supremazia dispotica e autoritaria, avrebbero dovuto considerarle come altrettanti centri massonici destinati a tener desta l’attività nelle singole Logge, a fondarne di nuove e a dare unità d’intento agli sforzi di tutti i Fratelli d’una medesima regione; perché se le Logge debbono sempre aver di mira lo scopo universa1e della Massoneria, non devono, per ciò perdere di vista il benessere parziale delle diverse Provincie o Valli, nei confini delle quali svolgono la loro benefica attività.

  Ma la ragione principale, che ai sostenitori del Rito Simbolico deve consigliare la istituzione e la diffusione delle Logge Regionali, è soprattutto quella che mira a controbilanciare in qualche modo la preponderanza del Rito Scozzese nelle Assemblee Costituenti dell’Ordine, alle quali, per saggia disposizione, intervengono non solo i rappresentanti delle Logge, ma altresì quelli dei Capitoli, dei Conclavi, dei Concistori, infine di tutte quante le Camere Superiori.

  Ora è evidente che in tale condizione di cose il Rito Simbolico si troverà sempre nelle Assemblee Costituenti di fronte ad una grande maggioranza di rappresentanti delle Logge di Rito Scozzese; e alla Commissione codificatrice parve quindi indispensabile trovar modo di riparare a questo grave inconveniente, da cui potrebbero derivare deplorevoli scissure il giorno, in cui i fautori del Rito Simbolico Italiano non avessero modo di far sentire la propria influenza e d’esercitare i propri diritti, al pari di quelli fra i Fratelli massoni che praticano il Rito Scozzese Antico ed Accettato.

  La costituzione quindi delle Logge Regionali colma in buona parte questa vasta lacuna e provvede ad una proporzionale e più equa rappresentanza delle Logge di Rito Simbolico nelle Assemblee Costituenti ed assicura al Rito stesso quella forza e quella indipendenza che egli riconosce e rispetta negli altri Riti… »

 

  Varie Officine avevano già espresso il loro sentimento ostile contro questi nuovi organismi – che potevano parere imitazione del Rito Scozzese – tanto che la Commissione per gli Statuti non le aveva fatte obbligatorie ma aveva lasciato libere le Officine di costituirle o no: si temeva anche da un lato che queste Logge Regionali provocassero inconvenienti e dall’altro che difficoltà sorgessero per l’accordo delle Officine necessarie a costituirle.

 

  Il relatore dell’Assemblea insistette nel dimostrare «la necessità di un corpo centrale che coordinasse e disciplinasse in una medesima regione il lavoro massonico che altrimenti sarebbe stato disgregato ed infruttifero. Si dilungò nel prospettare i vantaggi che sarebbero risultati per le Logge di Rito Simbolico da questa istituzione la quale non poteva in nessun modo essere paragonata ai Capitoli del Rito Scozzese per il fatto che i membri delle Logge Regionali vengono eletti in Camera di 1° grado, che il loro mandato era temporaneo e che quindi l’ordinamento di questi corpi centrali poggiava sopra basi eminentemente democratiche e liberali. Ricordò poi che le Costituzioni Generali prescrivevano che le Assemblee oltre che dei deputati delle Logge si componessero dei rappresentanti dei Capitoli (grado IV, IX, XV, XXV), dei Conclavi, dei Concistori Regionali e dei Cavalieri Rosa Croce per il Rito Scozzese [oggi i corpi rituali non hanno rappresentanti nelle Assemblee che per la elezione del Gran Maestro] e che quindi era necessario che il Rito Simbolico contrapponesse qualche cosa che riuscisse ad equilibrare nell’Assemblea medesima l’influenza che avrebbero potuto esercitarvi, per il numero soverchiante, i deputati del Rito Scozzese. Senza questa condizione il Rito Simbolico non potrebbe avere speranza alcuna di diffondersi e propagarsi e sarebbe di continuo esposto a gravissimi rischi, non avendo mezzo alcuno di far sentire ed esercitare la propria autorità».

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  Le parole del relatore, a cui si unirono il Pini, il Muller, l’Astengo, il Rognoni, il Prada, convinsero tutti i rappresentanti e le Logge Regionali furono accettate.

I Rituali

 

  Nell’Assemblea di Milano furono approvati anche due ordini del giorno con cui si stabilì di tenere nell’anno seguente, 1877, a Roma un’altra Assemblea che doveva essere la I Assemblea generale delle Logge professanti il Rito Simbolico Italiano e che in detta assemblea una commissione composta del Pini, S. L., Corio, Muller, Clerici e Rognoni, presentasse un progetto di Rituali rispondente ai bisogni ed agli intedimenti del Rito Simbolico.

 

  Infatti le Logge del Rito, non avendo precise norme in proposito, nei tre gradi, quali lavoravano secondo il Rito Francese o Moderno e quali secondo quello Scozzese.

 

  I rituali presentati all’Assemblea, che si tenne appunto in Roma il 7-8 giugno dell’anno 1877, erano assai semplificati e differenti, da quelli del Rito Scozzese. Il Pini, nel presentare il progetto dei Rituali, espresse i criteri principali che erano serviti di guida alla Commissione nel difficile compito: «La Commissione, egli disse, si propone prima di tutto di rendere più brevi, più semplici e più conformi dai tempi, le costumanze ed i riti massonici mirando nondimeno alla conservazione di quelle pratiche che avendo carattere universale, non potrebbero essere soppresse senza produrre deplorevole confusione nella grande e mondiale Farmiglia».

 

  I Rituali presentati furono molto semplificati e ridotti all'essenziale. Certo che la simbolica massonica ha necessità che il rito non si discosti dalle forme antiche che hanno tutte, o quasi tutte, la loro ragione d’essere, ma ovviamente importante è la sostanza, non l’apparenza o la durata, non necessitano ore e complicati rituali per ottenere il risultato, l’essenziale è invisibile agli occhi. 

  Queste modificazioni così radicali hanno avuto, forse, una giustificazione nel fatto che i Fratelli del Rito, e specialmente il Pini, desideravano la unificazione dei Rituali per i primi tre gradi e pensavano (nel qual caso erroneamente) che, essendo l'unificazione il risultato di uno scambievole sacrificio di forme, il Rituale unificato sarebbe stato influenzato dalla estrema semplicità di quelli del Rito Simbolico.

 

  L’applicazione dei nuovi Rituali cominciò con il 15 febbraio 1878.

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La Grande Loggia di Rito Simbolico Italiano

 

  Nella stessa Assemblea di Roma del 1877 fu dimostrata la necessità che il Rito avesse, al pari dello Scozzese e del Menfitico, un corpo supremo che vegliasse sulla osservanza degli Statuti e ne difendesse e ne propugnasse le guarentigie, disciplinasse le Logge, convocasse le Assemblee.

 

  E l’Assemblea deliberò che, non potendosi in via definitiva provvedere subito a colmare questa lacuna esistente negli Statuti fondamentali del Rito, il Governo supremo del Rito stesso venisse intanto affidato a quelli tra i Fratelli che fossero eletti a far parte del Governo dell’Ordine e del Gran Consiglio, facendo loro obbligo di presentare nell’Assemblea susseguente un’aggiunta agli Statuti del Rito, atta a provvedere alla deplorata mancanza e a dare al Rito stesso un più ordinato svolgimento, una maggiore unità di governo, pur conservando quella autonomia e quel discentramento di cui le Logge fruivano.

 

  I Fratelli del Rito che facevano parte del Governo dell’Ordine e del Consiglio e che quindi dovevano costituire provvisoriamente il comitato di direzione del Rito erano i seguenti: Aporti avv. Pirro deputato al parlamento Presidente, Dobelli Ferdinando Vice Presidente, Montenovesi dott. Vincenzo e Pini dott. Gaetano Segretari; Muller Francesco, Antonelli Curzio, Conrad Giuseppe, Mussi Giuseppe.

 

  Una deliberazione definitiva fu presa nell’Assemblea del seguente anno 1879 (24 aprile) a Roma.

 

  Si pensava da alcuno di domandare che le Costituzioni Generali stabilissero doversi eleggere un Gran Maestro Aggiuto ed un numero determinato di membri del Grande Oriente fra i Fratelli di Rito Simbolico Italiano e che questi dovessero poi costituire anche il Governo del Rito: ma l’idea non fu accettata. In quell’Assemblea fu invece deliberata la creazione di una Grande Loggia con alla testa un Presidente che fu Pirro Aporti e un Vice Presidente che fu Gaetano Pini.

 

  La deliberazione fu accolta con compiacimento da tutte le Officine del Rito, ad eccezione di poche (tra cui La Cisalpina di Milano), e dal Governo dell’Ordine: l’Assemblea Costituente e il Grande Oriente accolsero con plauso le deliberazioni delle Logge di Rito Simbolico salutandole come opera di concordia.

 

  Con la creazione della Gran Loggia, si inziò per il Rito Simbolico una vita di attività tranquilla, turbata solo dalla secessione di alcune Logge Milanesi tra cui la stessa Ragione che fu immediatamente riconosciuta dal Pini. Prima di questa secessione, notevole fu il Congresso Massonico di Milano convocato per iniziativa di quelle Officine e che riuscii veramente degno di esse per le discussioni che ebbero luogo intorno a temi di grande importanza per l’Istituzione.

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Morte del Pini

 

  Ma nel 1888 (25 settembre) sopravvenne la morte immatura del Pini. Fu un grande danno per tutto l’Ordine e in special modo per il Rito Simbolico; grande fu il dolore per tale dipartita in tutti i Fratelli e i giornali massonici di quel tempo recano ampi ricordi di solenni commemorazioni di lui fatte, non solo a Milano, ma in quasi tutti gli Orienti.

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  E con la morte del Pini si iniziò un periodo di decadenza per il Rito che andò a poco a poco diminuendo di numero di adepti. La coesione spirituale era evidentemente carente e le preoccupazioni profane inquinavano l'atmosfera del Rito

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  Ed una ragione di decadenza era la mancanza in Roma di una Loggia del Rito in cui trovare gli elementi per costituire un Ufficio di Presidenza che era necessario risiedesse tutto e permanentemente in quella città. Prima la sede nominale dell’Ufficio di Presidenza era in Roma ma l’effettiva era a Milano o a Livorno e spesso non tutti i membri che lo costituivano dimoravano nella stessa città.

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La Presidenza Wassmuth-Ryf e la Loggia « Roma »

 

  Nel 1895 fu eletto, successore del Meyer come Presidente, Federigo Wassmuth-Ryf, un massone svizzero affiliato alla Loggia Garibaldi e Avvenire di Livorno, uomo di grande valore morale e attaccatissimo al Rito.   Questi, al momento di accettare – pur con grande ritrosia – l’incarico di Presidente, dichiarò che egli si sarebbe adoperato con tutte le sue forze per dare anche all’Autorità suprema del Rito Simbolico la sua sede in Roma; e subito fece pratiche per costituire una Loggia del Rito in quella città.

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  La Loggia fu ben presto costituita con l’adesione di Antonio Cefaly, Giuseppe Schuhmann, Nunzio Nasi, Ettore Socci, Adolfo Engel ed altri valorosi Massoni e si chiamò Roma. La costituzione di questa Loggia si deve anche al Gran Maestro d’allora, Ernesto Nathan, che favorì il desiderio del Rito Simbolico: per l’innanzi, «molte e molte volte – sono parole del Wassmuth – e da parecchi illustri ed egregi Fratelli si era tentato di costituire questa Loggia, ma i loro sforzi, per quanto energici, erano rimasti sempre infruttosi».

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Rinascenza del Rito

 

  Col trasporto della sede della Gran Loggia in Roma, il Rito iniziò come una seconda vita, grazie soprattutto all’opera del Presidente Nunzio Nasi che molto più avrebbe potuto fare, se non fosse stato accusato nel 1904 di peculato nell'esercizio delle sue funzioni ministeriali (sottrazione di materiale di cancelleria) e quindi allontanato dall’Ordine . Dal 1902 al 1904 l’ufficio di Presidente fu vacante, ma il Rito, dopo aver corso il pericolo di scomparire assorbito dal Rito Scozzese, continuò ben presto la sua ascesa sotto la presidenza di A. Engel che in quel breve momento tempestoso non dubitò di dare l’autorità del suo nome al Governo rituale e mercè l’assidua e generosa opera del Vice Presidente Trincheri e del Gran Segretario Varvaro.

 

  Il numero delle Logge professanti il Rito Simbolico Italiano aumentò rapidamente e l’aumento continuò quando al posto dell’Engel salì il Trincheri. Nè solo per numero di Logge si rafforzò il Rito ma anche per valore di uomini. Ormai in quasi tutte le regioni d’Italia vivono Officine del Rito e Logge Regionali.

 

  Sotto la Presidenza Trincheri finalmente potè appagarsi il desiderio delle Officine del Rito lungamente accarezzato, di avere un proprio Bollettino che ancora continua, tra il favore dei Fratelli, le sue pubblicazioni. E fu alla fine di questa Presidenza che il Rito ottenne, ciò a cui da molto tempo aspirava, che le Costituzioni Generali dell’Ordine fossero modificate nel senso di lasciare libero il profano di scegliere il Rito secondo cui iniziarsi anche se nell’Oriente di sua residenza già esista una Loggia di un determinato Rito. Ottenne pure di rendere uguale la rappresentanza dell’uno e dell’altro Rito nel Consiglio dell’Ordine.

 

  Al Trincheri, è succeduto come Presidente, Giovanni Ciraolo che ha provveduto vigorosamente perché il Rito continuasse nel suo glorioso cammino a lato del Rito Scozzese, per il supremo bene di tutta la Comunione Massonica Italiana.

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Aquila romana della Basilica dei Santi Apostolia a Roma -

Il simbolo fu adottato dal Rito Simbolico Italiano nel 1876  ispirandosi al modello traianeo. E' un simbolo che richiama le nostre antiche radici italiche.

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