Il Diritto alla Felicità. Com'è possibile rendere la nostra vita più bella ed degna d’essere vissuta.
Il motto “Conosci te stesso” ci ha fatto capire le ragioni per cui è necessario migliorarsi come persone. L’autoanalisi ci ha fatto comprendere che possiamo sapere chi siamo veramente (che talenti abbiamo e che compulsioni possiamo controllare) per realizzare la nostra vera vocazione e poter giudicare che cosa fare. Passiamo ora a considerare se è possibile rendere la nostra vita più bella ed degna d’essere vissuta.
La Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America
Mi ha sempre appassionato il contenuto rivoluzionario della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America laddove, nel dichiarare che a tutti gli uomini è riconosciuto il Diritto alla Vita e alla Libertà, afferma il Diritto alla ricerca della Felicità. Ecco la frase:
La Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America fu siglata il 4 luglio 1776 da 56 firmatari, ma forse non sapete che la Dichiarazione fu scritta da una “commissione” di cinque membri, composta da Thomas Jefferson, che fu il principale redattore della prima bozza, quindi John Adams, Benjamin Franklin, Robert R. Livingston e Roger Sherman, questi ultimi tre furono massoni convinti e attivi, mentre Jefferson non è accertato che lo fosse, anche se ha sempre asserito d’esserlo e Adams che, sebbene non fosse massone, ebbe posizioni praticamente identiche alla loro.
Umberto Eco ha trattato brevemente il tema del diritto alla ricerca della Felicità voluta dai padri fondatori americani nella sua rubrica “La bustina di Minerva” su L’Espresso del 2014 e dice: “C’è un equivoco. Dovremmo abituarci a pensare una vita piena in termini collettivi e non come soddisfazione solo individuale… La questione è che la felicità, come pienezza assoluta, vorrei dire ebbrezza, il toccare il cielo con un dito, è situazione molto transitoria, episodica e di breve durata… Inoltre l’idea di felicità ci fa pensare sempre alla nostra felicità personale, raramente a quella del genere umano, e anzi siamo indotti sovente a preoccuparci pochissimo della felicità degli altri per perseguire la nostra… È che la dichiarazione d’indipendenza avrebbe dovuto dire che a tutti gli uomini è riconosciuto il diritto-dovere di ridurre la quota d’infelicità nel mondo.”
Trattare il tema della felicità nel periodo che stiamo vivendo può sembrare di cattivo gusto e forse potrebbe esservi sgradito, corro il rischio di sembrare indifferente verso il male e le angosce del mondo di oggi. Non è così. Dobbiamo continuare a riflettere sulle guerre in atto, sulla sofferenza di interi popoli, sui problemi climatici e sociali. Guerre e carestie sottaciute nella loro vastità dai media, finché non sono uccisi brutalmente degli occidentali dai gesti folli di qualche jihadista, o finché, con l’aumento degli sbarchi dei profughi sulle nostre coste, non si arriva al collasso dei centri di accoglienza o all’ennesima tragedia in mare. Notizie che durano due/tre giorni e che comunque non hanno l’effetto di mantenerci svegli la notte.
Da Iniziati vorrei che continuassimo con i nostri studi e non rinunciare a riflettere sulla felicità, per non rinunciare alla Felicità. Nessun uomo deve rinunciare ad avere Felicità, sarebbe come arrendersi al male, rassegnandosi all’angoscia e al dolore. Al contrario, la Felicità va imparata, inseguita, conquistata, alimentata e diffusa tra le persone, in quanto è un diritto irrinunciabile di ognuno. Utopia o no, ognuno tende alla felicità e noi dobbiamo permettere che ciò si realizzi, ad iniziare da noi stessi.
Tentiamo di rispondere alla domanda: cosa è la felicità? Anche se credo che nessuno di noi sappia dire che cosa sia la felicità in senso oggettivo, sappiamo che la risposta può essere personale e riguardare il nostro Io.
Un’altra domanda è: come si raggiunge la felicità?
Sempre Eco suggerisce: “Se si intende uno stato permanente, l’idea di una persona che è felice tutta la vita, senza dubbi, dolori, crisi, questa vita sembra corrispondere a quella di un idiota – o al massimo a quella di un personaggio che viva isolato dal mondo senza aspirazioni che vadano al di là di una esistenza senza scosse, e vengono in mente Filemone e Bauci. Ma anche loro, poesia a parte, qualche momento di turbamento dovrebbero averlo avuto, se non altro un’influenza o un mal di denti.”
La letteratura sulla felicità è immensa a iniziare da Epicuro, che ho sempre apprezzato più degli stoici che poi presero il sopravvento nella cultura romana, vedi il grande Seneca e poi nella cristianità, e via via fino ai giorni nostri con il tema affrontato dalla filosofia alla psicologia, dalla storia alla sociologia, alla teologia.
Ho questi suggerimenti di lettura perché possiate fare i vostri approfondimenti:
· Aristippo di Cirene, e l’edonismo, IV sec. a.C. (la libertà si identifica con il dominio delle cose e delle passioni, che si ottiene attraverso la moderazione in ogni comportamento, ad esempio nel piacere non bisogna esagerare perché alla fine è il piacere stesso che domina te e non il contrario: posseggo, non sono posseduto);
· Epicuro, IV sec. a.C. in “Lettera sulla Felicità” a Menaceo, e la felicità nell’epicureismo (in primis il romano Lucrezio il più noto dei seguaci di Epicuro, che vede nella filosofia la via pratica alla felicità, intesa come liberazione dalle paure e in particolare al raggiungimento del piacere);
· Zenone, IV sec. a.C. e lo stoicismo (la saggezza stoica consiste nella capacità di raggiungere la felicità, ed è per questo incentrata sull'atarassia, o imperturbabilità dell'animo);
· Gesù, le Beatitudini nel “Discorso della Montagna” (Mt 5,3-12 e Lc 6, 20-23 e 24-26) e successivo magistero della Chiesa Cattolica fino all’esortazione apostolica di Paolo VI “La gioia cristiana”;
· Seneca, I sec. d.C. “De vita beata” piccolo trattato stoico sulla felicità;
· Giovanni di Pietro Bernardone o S. Francesco, XII sec. d.C., e la sua “perfetta Letizia” in “Fonti Francescane” (il carattere come punto di partenza, la conversione, Cristo fonte di Letizia, letizia nell’azione, nell’atteggiamento, dinnanzi alla creazione, nella fraternità, nella povertà, nelle sofferenze, nella libertà);
· Lessing, “Ernest e Falk” nel libro “Dialoghi per Massoni” pag 115 e nota 54 a pag.302 spiega la felicità secondo la sua filosofia;
· Kant, la felicità nell’etica kantiana nei termini della sua ideale possibilità che della sua realizzazione nell’effettiva esperienza umana: “La vera felicità è affidata alla mia libera volontà, e la vera contentezza consiste nella coscienza della libertà”; “Compito di una costituzione e di un governo non è assicurare la felicità del popolo, ma offrire la possibilità a ciascuno di ricercarla a suo modo, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale (cioè non leda questo diritto degli altri).”
· La Gran Loggia del 2003 del G.O.I. ha trattato il tema "Il Diritto alla Felicità", segnalo il riepilogo degli interventi più significativi e che possono essere origine di vostre studi.
Questo è il sommario:
IL DIRITTO ALLA FELICITÀ
• EDITORIALE
3 Il diritto alla felicità di Gustavo Raffi https://www.grandeoriente.it/allocuzione/gran-loggia-2003-il-diritto-alla-felicita/
17 La felicità nelle Dichiarazioni delle rivoluzioni moderne di Gian Mario Cazzaniga
23 La ricerca della felicità in un’epoca senza passioni di Paolo Chiozzi
33 Rapporto tra ricerca e benessere di Sergio Licheri
37 L’incantesimo di Prospero: letteratura, immaginario, felicità di Giuseppe Lombardo
51 Esiste un’etica della sofferenza? Di Carlo Marcelletti
55 Aspetti socio-culturali della felicità di Gilberto-Antonio Marselli
63 Esistenza e felicità di Sergio Moravia
73 La cultura della felicità di Bent Parodi di Belsito
79 Il diritto-dovere alla felicità di Paolo Renner
87 Il diritto alla felicità nella tradizione costituzionale americana di Massimo Teodori
91 Eudemonia. La felicità degli antichi di Mario Vitali
· Cacciari, e l’eudaimonia, “L’unica felicità a cui noi possiamo aspirare in hoc saeculo è una forma di benessere, di star bene, di eudaimonia, e questa non è perseguibile se non in comunità con altri, perché da soli, questo poter star bene, poter essere soddisfatti non ci è dato raggiungerlo.”
Credo che ognuno di voi possa dire molto a tal proposito, anche come esperienze personali e comunque possa avere moltissimi spunti di ragionamento
Concludo con una riflessione di Jung, tratta da un’intervista del 1960, nella quale definisce gli elementi determinanti per la felicità dell’essere umano:
1. Una buona salute fisica e mentale.
2. Delle buone relazioni personali e intime, come un buon matrimonio, delle buone relazioni con i familiari e con gli amici.
3. La capacità di percepire e godere della bellezza dell’arte e della natura.
4. Standard soddisfacenti di vita e di lavoro.
5. Un punto di vista filosofico o religioso che sia di sostegno nell’affrontare con successo le vicissitudini della vita.
Jung afferma che “più fortemente si ricerca la felicità, più si è sicuri di non riuscire a trovarla”. Ciò è vero, intendendo che la ricerca della felicità di per sé non può rendere felici, perché il concetto stesso di “ricerca” porta a presumere che la felicità non è già presente dentro di noi.
Non è la ricerca della felicità attraverso il raggiungimento di qualche obiettivo esteriore che aiuta ad essere felici, ma piuttosto la migliore consapevolezza di se stessi, il fatto stesso di dedicare tempo ed energie a conoscersi, a prendersi cura di sé e di ciò che più conta per noi nella vita.
In effetti, felicità e amore di sé si influenzano e supportano. La nostra angoscia deriva dal pensare che la felicità non sia già qui e che la sorgente della felicità sia al di fuori di noi stessi.
F.M.A. Daniele
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