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Tavole architettoniche, studi e approfondimenti

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LA MASSONERIA DI LICIO GELLI

E DELLA LOGGIA P2

Le 6 Relazioni della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Loggia P" e altro 

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Licio Gelli in paramenti massonici da Maestro venerabile

1.PREMESSA: LA COMPLESSITÀ DI UN PERSONAGGIO CONTROVERSO E LE RAGIONI DI UN APPROFONDIMENTO

 

Su Licio Gelli è stato detto tutto e il contrario di tutto: burattinaio o burattino? Massone per scelta convinta o per mera opportunità? E sulla loggia P2, loggia massonica regolare o deviata, o mera associazione politica segreta? Comitato d’ affari o centro di collegamento con gruppi dell’estrema destra negli anni 70? Centro che esercitò una sorta di contropotere pericoloso per l’assetto democratico dello Stato Italiano, o gruppo assolutamente organico al sistema dei partiti? Su questi temi sono stati scritti fiumi di parole, e chissà cos’ altro si potrebbe approfondire su Gelli, analizzando la complessa traiettoria della sua vita e la molteplicità delle vicende che lo videro protagonista.

 

Ho scelto di analizzare fondamentalmente l’abbondante documentazione offerta dalle 6 relazioni finali della commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia P2, istituita dopo il ritrovamento del famoso piè di lista, nel 1981. La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia P2 effettuò un totale di 147 sedute, nel corso delle quali furono ascoltate testimonianze di 198 persone. Valendosi dei poteri concessi dalla legge istitutiva, la Commissione ordinò l'effettuazione di 14 operazioni di polizia giudiziaria; nel corso della sua attività accumulò una mole di documenti, valutabile nell’ordine di alcune centinaia di migliaia di pagine.

 

Il complesso di questa vicenda ci tocca da vicino, gli effetti sulla reputazione della massoneria sono stati devastanti e la lunga e inquietante ombra di questi fatti ci condiziona in qualche modo ancora oggi. E’ inutile nasconderci che il tentativo di recuperare un’immagine “esterna” più consona è una sorta di scalata di una montagna con un enorme zaino pieno di sassi, ovvero la zavorra costituita dal “peso” delle vicende di Gelli e della P2 che ancor oggi, volenti o nolenti, ci trasciniamo.

 

La storia della P2 con rigorosi criteri, se mai questo fosse possibile, non è stata ancora scritta, anche se non mancano numerosi volumi sul tema. Si è prodotta una curiosa ma non inusuale situazione per cui c’è un giudicato penale assolutorio sulla loggia nel suo complesso, e all’opposto una vasta pubblicistica prevalentemente colpevolista: in mezzo, per ora, manca una verità sufficientemente condivisa e condivisibile.

 

 

 

2.LICIO GELLI, LOGGIA P2 E GRANDE ORIENTE D’ITALIA: LA STRETTA RELAZIONE FRA IL PERSONAGGIO E LA LOGGIA A LUI AFFIDATA

 

Licio Gelli presentò domanda d’affiliazione nel 1963, presso la loggia “Romagnosi” all’Oriente di Roma. Per l’ammissione alla Massoneria Gelli non tacque il suo passato di volontario diciasettenne in Spagna e di membro attivo del Pnf. Anche il suo passato durante la RSI fu raccontato. Questa fase fu apparentemente non senza contrasti, poiché la sua domanda di ammissione viene fermata per un anno prima di essere messa in votazione. Per tre anni Gelli stette nella loggia Romagnosi, quando si fece avanti Roberto Ascarelli, che era il Gran Maestro Aggiunto di allora. Ascarelli era un avvocato con l’hobby della politica, ebreo, vecchio antifascista che era rimasto esule in Svizzera per nove anni. Avvalendosi di un provvedimento del Gran Maestro Giordano Gamberini che dispose l’avocazione del fascicolo personale, pare che sia stato Ascarelli a prelevare Gelli dalla loggia Romagnosi per elevarlo seduta stante, come si suol dire “a fil di spada”, dal grado di apprendista a quello di Maestro, allo scopo di affidargli incarichi particolari. Ascarelli fece entrare Gelli nella loggia “Hod”, Officina che in qualche modo era interfaccia della “Propaganda 2”. Perché un perseguitato antifascista ed ebreo preleva e promuove un individuo che ha qualcosa in più della reputazione di fascista? Gelli aveva in passato fatto cose che interessavano ad Ascarelli? Difficile dare una risposta sufficientemente documentata a questi quesiti.

 

La loggia P2, che dall’immediato dopoguerra visse una fase piuttosto anonima, caratterizzata peraltro da poche iniziazioni, riprese slancio organizzativo a cavallo fra la fine degli anni 60 e gli inizi degli anni 70, in coincidenza con l’apparire sulla scena di Gelli; nell’ ultimo periodo della gran maestranza di Giordano Gamberini vi furono significativi reclutamenti di membri appartenenti alle forze armate. [Gamberini fu espulso dal Grande Oriente con sentenza della Corte Centrale del 13 settembre 1986 per fatti inerenti alla Loggia “Propaganda Massonica” n° 2. Fonte www.grandeoriente.it/chi-siamo/la-storia/gran-maestri/giordano-gamberini-17-07-196121-03-1970].

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Nel 1970 si conclude la Gran Maestranza di Gamberini e viene eletto Lino Salvini, medico fiorentino. [Salvini fu costretto a dimettersi il 18 novembre 1978 per motivi legati anche alle vicende della Loggia “Propaganda Massonica” n° 2. Fonte www.grandeoriente.it/chi-siamo/la-storia/gran-maestri/lino-salvini]

 

Licio Gelli venne nominato nel 1971 segretario organizzativo della loggia meglio conosciuta a quel tempo come “Raggruppamento Gelli-P2”. I nomi del piedilista erano all'orecchio del Gran Maestro, pare fossero conservati nella cassaforte dello studio di Ascarelli. Nello stesso anno (1971) Ascarelli morì, cosicché tutta la documentazione presumibilmente passò a Licio Gelli, che peraltro si era conquistato la fiducia di Ascarelli per la sua efficienza organizzativa. Il 5 marzo 1971 si tenne a Roma una riunione del “Raggruppamento Gelli-P2” in cui si discusse, tra l’altro, di «minaccia del Partito Comunista Italiano, in accordo col clericalismo, volta alla conquista del potere», «carenza di potere delle Forze dell’Ordine». La P2 cresceva numericamente: da gennaio a settembre 1972 si contarono 95 nuove iscrizioni. Inoltre, secondo il Gen. Siro Rossetti, già membro della P2, si costituì, tra il marzo e il giugno 1972, una sorta di “Super-P2”, i cui membri dovevano essere noti solo a Gelli e Salvini. Inviando il verbale della riunione agli iscritti che ad essa non avevano potuto prendere parte, Licio Gelli così si esprime: «Come potrai osservare, la filosofia è stata messa al bando ma abbiamo ritenuto, come riteniamo, di dover affrontare solo argomenti solidi e concreti che interessano la vita nazionale ». Altra riunione della quale è di un certo interesse fare menzione è quella tenuta del 29 dicembre 1972, presso l’Hotel Baglioni di Firenze, dallo stato maggiore della Loggia P2. Dal verbale agli atti della Commissione d’ inchiesta, si evidenzia un’intensa attività organizzativa e di solidarietà, la previsione di una articolazione in «gruppi di lavoro atti a seguire situazioni e problemi attinenti alle varie discipline di interessi», la proposta dell'invio «ad alcuni Fratelli di una lettera in cui si chiede di voler fornire quelle notizie di cui possano venire a conoscenza e la cui diffusione ritengano possa tornare utile; le notizie raccolte, previo esame di un non meglio precisato ”comitato di esperti” dovrebbero essere poi passate all'Agenzia di Stampa O.P.». Tale ultima proposta non venne accettata per la decisa opposizione del generale Rossetti, uscito poi dalla Loggia P2 in aperta polemica con Licio Gelli. Il rilievo del proselitismo gelliano può trovare significativa espressione in questo passo tratto dalla sintesi delle norme della loggia: « Al fine di poter conservare la continuità della copertura dei punti di interesse previsti dall’organigramma per i vari settori delle attività pubbliche e private, è necessario che ogni iscritto — prima di un suo eventuale avvicendamento, da qualsiasi causa determinato, nella sfera delle sue competenze — segnali la persona che ritenga più idonea e capace a sostituirlo».

 

Sempre nel 1972 il Fratello Nando Accornero sottoscrisse una tavola d’ accusa contro Gelli denunciando che egli invitava i fratelli delle alte gerarchie ad adoperarsi perché l' Italia avesse una forma di governo dittatoriale, l' unico che - sostenne Accornero - a parere di Gelli potesse risolvere i gravi problemi di quel tempo. Tale tavola era inoltre relativa alle affermazioni del Gelli sul suo presunto potere di ricatto nei confronti del Gran Maestro Salvini, nonché alle attività di Gelli a danno dei partigiani, durante la guerra di liberazione. Il Salvini decise per un sostanziale non luogo a procedere, non ritenendo colpa massonica i fatti addebitati e disponendo che gli atti del procedimento restassero nell’archivio personale del Gran Maestro. Nel 1974 i Maestri Venerabili riuniti nella Gran Loggia di Napoli decretarono la demolizione della Loggia P2, con 400 voti a favore e 6 contrari. In esecuzione di tale deliberato il Gran Maestro Salvini decretò il 30 dicembre 1974 l’abrogazione dei «regolamenti particolari governanti attualmente la P2 e le deleghe e norme organizzative ed amministrative da essi derivanti ». Il 12 maggio 1975, il Salvini decretò la ricostituzione della Loggia P2, stabilendo, tra l’altro, che essa «non apparterrà per il momento, a nessun Collegio Circoscrizionale dei Maestri Venerabili e sarà ispezionata dal Gran Maestro o da un suo Delegato ». La nuova Loggia P2 aveva un piè di lista ufficiale dal quale si rilevavano sette fratelli: pochi giorni dopo il Salvini nominò il Gelli Maestro Venerabile della ricostituita loggia. Le minute, sia del decreto di ricostituzione sia della lettera di nomina, come già accennato, firmati dal Salvini, sono di pugno dell’ex Gran Maestro Gamberini. Siamo al definitivo impossessamento della Loggia P2 da parte del suo Maestro Venerabile ed alla sua attività di affiliazione diretta, materialmente officiata dal Gamberini, che aveva come punto di riferimento i recapiti romani della sede di Via Condotti e dell’Hotel Excelsior.

 

Il 5 maggio del 1976 si svolse a Rio de Janeiro il congresso di fondazione dell’Ompam, organizzazione mondiale per l’ assistenza massonica, ideata da Gelli che ne fu il segretario. Questa organizzazione chiese all’ONU il riconoscimento di organizzazione non governativa.

 

Il 27 luglio 1976 fu ufficialmente sospesa l’attività della loggia all’ interno del GOI, e fu sospeso anche Licio Gelli. A quel tempo i processi massonici a carico di Gelli erano due: oltre a quello già citato, era stato instaurato presso il Tribunale del Collegio Circoscrizionale Lazio-Abruzzo un processo massonico per le ormai pubblicamente sospettate collusioni tra Loggia P2 ed eversione nera. L’azione del Grande Oriente in tale congiuntura fu quella di avocare presso la Corte centrale — superando le vive resistenze dell’organo periferico che gli atti documentano — questo processo di ben più grave contenuto e di unificarlo a quello relativo alle offese al Gran Maestro.

 

Il 15 aprile 1977 Lino Salvini scrisse una lettera a Licio Gelli in cui fra l’altro è scritto: “ti delego ai rapporti con i FFr. inaffiliati, ossia a quei FFr. che non risultano iscritti ai ruoli né delle Logge come membri attivi né del Grande Oriente come membri non affiliati. Sono dunque i FFr. nella tradizione massonica italiana chiamati Massoni a memoria quelli di cui dovrai curare i contatti, ai fini di perfezionarne la vocazione e la preparazione massonica. Per effetto di tale delega, risponderai soltanto a me per quanto farai a tale scopo,promuovendo e sollecitando quelle realtà che Tu stesso reputerai di interesse e di utilità per la Massoneria. Sono sicuro che Tu svolgerai questo importante ruolo con l’animo intrepido che hai rivelato di fronte ai proditori attacchi dei traditori della Istituzione”.

 

Sempre nel 1977 vi fu un’interrogazione parlamentare con la quale alcuni deputati del partito radicale chiesero conto al Presidente del Consiglio Andreotti del fatto che in quel periodo aveva ripetutamente ricevuto Licio Gelli.

 

Nel 1978 il Gran Maestro Salvini decise di indire elezioni anticipate per il rinnovo della sua carica, cosa che avvenne e che vide l’affermazione di Ennio Battelli, sostenuto da vasti settori che ritenevano necessario superare il “problema” P2, e rinnovare l’ Istituzione. Così il Salvini uscì ufficialmente di scena, Gelli rimase nella stessa posizione, iniziando presumibilmente a condizionare l’operato di Battelli. Il 20 marzo 1979 il Gelli scrisse al nuovo Gran Maestro Battelli: “In relazione a quanto concordato in data 14 febbraio 1975 con il Tuo illustre predecessore, mi pregio confermare che i nominativi al vertice del R.S.A.A. non appariranno nel piè di lista del R.L. Propaganda 2 all’Oriente di Roma”. (tali nominativi non risultano invece nell' elenco di Castiglion Fibocchi)

 

Nello stesso anno, da una lettera inviata da Licio Gelli a Bruno Mosconi, il “Venerabile” così si esprimeva: «Con l’elezione del Gran Maestro Ennio Battelli nulla è cambiato perché nulla poteva cambiare. Perciò tutto procede come procedeva con le precorse Grandi Maestranze, anzi, meglio, perché devo dirti che l’attuale Gran Maestro ha dimostrato maggior intuito ed intelligenza degli altri, dandoci una maggior valorizzazione. (……) il proselitismo che abbiamo avuto in questi ultimi tre anni è stato veramente massiccio: nel 1979 siamo arrivati ad oltre quaranta iniziazioni al mese».

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[Ennio Battelli restò in carica come GM dal 1978 sino al 1982, dovendo gestire la grave crisi dovuta alla P2. All’indomani delle elezioni del 1982, in cui si ripresentò candidato ma perse, in pieno scandalo P2, Battelli viene fatto oggetto di diverse tavole d’accusa e di un procedimento di sospensione dall’attività massonica. Muore pochi mesi dopo.]

 

Il 5 ottobre 1980 Licio Gelli rilasciò un’intervista a Maurizio Costanzo sul “Corriere della Sera”. Costanzo presentava il Venerabile come capo indiscusso di una segreta e potente loggia massonica, la “P2”. Notava ironicamente il Venerabile che tutto il parlare attorno alla P2 («un Centro che accoglie e riunisce solo elementi dotati di intelligenza», cultura, saggezza e generosità, volto al miglioramento dell’umanità) non faceva che accrescere il numero di coloro che volevano entrarvi. Celebre, infine, la battuta che sintomaticamente chiudeva l’articolo: alla domanda: “cosa vuoi fare da grande?” rispondeva “Il burattinaio”.

 

All’inizio del 1981 scoppiò pubblicamente il caso. Il 17 marzo i magistrati di Milano Sergio Turone e Gherardo Colombo, indagando su una storia di mafia e finanza che coinvolgeva fra gli altri Michele Sindona, ordinarono la perquisizione della villa e degli uffici della società di Licio Gelli. Cercavano una lista di 500 imprenditori che avevano esportato capitali all’estero grazie all’aiuto di Sindona. Gli investigatori trovarono alcuni dossier relativi a vicende di stretta attualità politica e giudiziaria, e la lista di quasi 1000 persone appartenenti alla loggia P2. In questa lista comparivano 44 parlamentari, 3 ministri del governo allora in carica, 1 segretario di partito, 12 generali dei Carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dell'Esercito, 4 generali dell'Aeronautica Militare, 8 Ammiragli, vari magistrati e funzionari pubblici, giornalisti e personaggi legati al mondo dello spettacolo, imprenditori, banchieri, e i capi dei Servizi Segreti italiani. Come successivamente venne dimostrato, i componenti di questa loggia non erano a conoscenza di tutti gli altri affiliati, quasi certamente Gelli fu il solo ad avere esatta contezza del numero e dell’identità degli iscritti. Il 31 ottobre 1981, la corte centrale del Grande Oriente d'Italia presieduta da Armando Corona espulse Gelli. Un'apposita legge dello Stato italiano, la numero 17 del 25 gennaio 1982, sciolse definitivamente la P2.

 

3.CONDANNE A CARICO DI LICIO GELLI

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La prima e per certi versi curiosa condanna ai danni di Gelli risale addirittura al 1949: il 12 aprile il tribunale di Pistoia lo condanna all'ammenda di lire 1.400 per contrabbando e frode dell'IGE. Il 23 novembre 1995 Gelli fu condannato in via definitiva per depistaggio nel processo per la Strage di Bologna, avvenuta il 2 agosto 1980, nella quale furono uccise 85 persone. Secondo gli atti del processo, il depistaggio fu messo in atto, in concorso con il generale del SISMI Pietro Musumeci, aderente alla P2, e il colonnello dei Carabinieri Giuseppe Belmonte, sistemando una valigia carica di armi, esplosivi, munizioni, biglietti aerei e documenti falsi sul treno Taranto-Milano del 13 gennaio 1981. Licio Gelli fu anche riconosciuto colpevole della frode riguardante la bancarotta del Banco Ambrosiano collegato alla banca del Vaticano, lo IOR. La P2 fu oggetto d'indagine anche della Commissione Stragi per un presunto coinvolgimento in alcune azioni terroristiche, ma tale indagine non approdò a nulla di rilevante. Gli appartenenti alla P2 e Gelli furono assolti con formula piena dalle accuse di "complotto ai danni dello Stato" con le sentenze della Corte d'Assise di Roma fra il 1994 ed il 1996, che di fatto descrive la loggia P2 come un comitato d’ affari che non costituì una minaccia per le istituzioni: sentenze particolarmente significative, poiché fu così negata la fondatezza delle conclusioni della Commissione parlamentare d’ inchiesta presieduta da Tina Anselmi, che nel 1984 delineò invece il profilo cospirativo ai danni dell’ ordinamento democratico dello stato italiano ad opera del gruppo gelliano.

 

4. ALCUNE INTERESSANTI TESTIMONIANZE

 

"Licio Gelli è stato il referente più importante degli accordi firmati all’indomani della Liberazione tra gli americani e gli alleati italiani. L’Italia doveva assicurare una obbediente e efficace difesa dal blocco sovietico e soprattutto che il Pci fosse tenuto lontano dal governo del Paese. Gelli è stato l’alleato più fedele della destra americana e dei suoi servizi segreti. Questo ha comportato l’essere a conoscenza delle vicende più inquietanti e drammatiche della strategia della tensione e anche conoscere e proteggere alcuni responsabili di quei fatti. Inoltre Gelli ha avuto una conoscenza più che diretta di quali personaggi politici italiani sapessero e tacessero. Con ognuno di loro ha avuto per tanti decenni una sorta di patto del silenzio". SANDRA BONSANTI

 

"Io credo che la P2 fosse l’associazione degli ultrà filoatlantici e filoamericani, naturalmente condita all’italiana". FRANCESCO COSSIGA

 

"Noi con la P2 avevamo l'Italia in mano. Allora c'era l'Esercito, Guardia di Finanza, Polizia: erano nettamente comandate da tutta gente della loggia massonica P2. Noi eravamo una sentinella perché non emergesse il Partito Comunista". (da un’ intervista del 4 dicembre 2008). LICIO GELLI

 

"Gelli non poteva avere un progetto politico vero e proprio essendo persona aperta a qualunque mercato. Era commerciabilissimo. In vendita". GEN. SIRO ROSSETTI

 

"Considero Gelli una persona abilissima e intraprendente". LINO SALVINI, GRAN MAESTRO GOI DAL21-03-1970 AL 18-11-1978 (verbale di interrogatorio dell’ inchiesta sul primo processo sull’ omicidio Occorsio, resa al magistrato Vigna)

 

«…la massoneria è anche una bottega per coloro che la sanno sfruttare. Gelli non ha mai voluto aderire ad alcun Rito. Anche perché è sempre troppo occupato a stringere nuove relazioni sul piano internazionale, troppo occupato a raccogliere adesioni alla sua loggia segreta. Si ha un bel dire che sia un covo di golpisti e sovversivi… Vi aderiscono personaggi politici delle più diverse espressioni, ma tutti di primo piano; militari, magistrati, alti funzionari della pubblica amministrazione. Si può dire che Gelli rappresenti quel che resta dello stato» MINO PECORELLI, giornalista della testata OP

 

La P2 in realtà era una bolla di sapone, c’erano un sacco di iscritti che non sapevano neppure di cosa si trattasse. Tanta gente era ignorante di cose massoniche, pure qualche giornalista. E moltissimi erano in buona fede. La Loggia – e poi macché Loggia! – non si riuniva neppure.” ARMANDO CORONA, GRAN MAESTRO GOI DAL 1982 AL 1990 (da un’intervista a Mario Sechi)

 

"Per istinto, e per come avevo visto e conosciuto Gelli, io sono convinto che la Loggia P2 era una cricca di affaristi e basta, condotta da un uomo che, evidentemente, come intrallazzatore doveva essere geniale. A tutto pensava fuorché a un golpe. Lui procurava affari e soprattutto fomentava carriere. Lui aveva capito qual è la struttura del potere in Italia, sempre, non soltanto allora, sempre: è una struttura mafiosa. Bisogna far parte di una cricca, di una conventicola in cui ognuno aiuta l'altro, e questo era la P2. Ma che interesse poteva avere Gelli a rovesciare un sistema che gli consentiva di influire sino a quel punto? E poi, Gelli non doveva essere del tutto sprovveduto, doveva sapere che l'Italia non è terra da golpe. Ma chi lo fa il golpe in Italia? Non ho mai creduto al golpismo di Gelli". INDRO MONTANELLI

 

Gelli, attraverso la sua loggia, non era altro che il mediatore, il punto di raccordo di un sistema consociativo composto di partiti e uomini politici che sulla carta erano avversari e nemici, ma che in realtà andavano a braccetto, diritti e uniti alla meta. L’oggetto di tutto ciò era rappresentato da contratti pubblici e privati, appalti, commesse miliardarie in giro per il mondo, commercio estero, contributi pubblici, insomma tutto ciò che riguardava boiardi di Stato, mediatori, portaborse, al centro e alla periferia di quel sottobosco decisionale in cui venivano spartiti il potere e la torta prodotta dallo Stato italiano…….Insomma, in termini anglosassoni, Gelli era un regulator, un regolatore.” FRANCESCO PAZIENZA

 

"Gelli era un buon direttore generale, ossessionato dal potere, il cui potere si basava sul ricatto. Tutti sapevano dell'esistenza della Loggia P2, che alcuni sottovalutarono, grave per dei politici, altri si barcamenarono, altri ancora la presero come un tram per fare carriera, pochi parteciparono al progetto eversivo consapevolmente. Perché la P2 fu un progetto eversivo, in grande stile. Documentato dagli atti della Commissione". TINA ANSELMI, PRESIDENTE COMMISSIONE D’ INCHIESTA SULLA LOGGIA P2

 

"La P2 sta al Grande Oriente come le Brigate Rosse stanno al Partito comunista". GUSTAVO RAFFI, EX GRAN MAESTRO GOI

 

"Licio Gelli fu massone cattivo: la vicenda P2 causò un grave danno, gravissimo. Per anni si è pensato che questa fosse la massoneria italiana. E invece non era quella". STEFANO BISI, GRAN MAESTRO GOI

 

 

 

5.LE RELAZIONI DELLA COMMISSIONE D’ INCHIESTA – STRALCI

 

…..non appare assolutamente credibile sostenere che l'attività massiccia di proselitismo portata avanti in questi anni dal Gelli sia potuta avvenire frodando allo stesso tempo ed in pari misura il Grande Oriente e gli iniziandi……Sembra invece più ragionevole ritenere che la sospensione decretata nel 1976 rappresentò una più sofisticata forma di copertura, alla quale fu giocoforza ricorrere perché Gelli e la sua loggia costituivano un ingombro non più tollerabile per l'istituzione. Si pervenne così al duplice risultato di salvaguardare nella forma la posizione del Grande Oriente, consentendo nel contempo al Gelli di continuare ad operare in una posizione di segretezza che lo poneva al di fuori di ogni controllo proveniente non solo dall'esterno dell'organizzazione ma altresì da elementi interni….. Bisogna infatti riconoscere che una spiegazione della Loggia P2, risolta tutta in chiave massonica, non spiega il fenomeno nella sua genesi più profonda e nel suo sorprendente sviluppo successivo. Per rendere esplicita questa affermazione non si può non riconoscere come Licio Gelli appaia, sotto ogni punto di vista, un massone del tutto atipico: egli non si presenta cioè come il naturale ed emblematico esponente di una organizzazione la cui causa ha sposato con convinta adesione. (….)

Possiamo quindi affermare che tutti gli elementi a nostra disposizione inducono a ritenere come la presenza di Gelli nella comunione di Palazzo Giustiniani appaia come quella di elemento in essa inserito secondo una precisa strategia di infiltrazione, che sembra aver sollevato nel suo momento iniziale non poche perplessità e resistenze nell'organismo ricevente, e che esse vennero superate probabilmente solo grazie all'interessamento dei vertici dell'istituzione i quali, questo è certo, da quel momento in poi appaiono in intrinseco e non usuale rapporto di solidarietà con il nuovo adepto. Questa infiltrazione inoltre fu preordinata e realizzata secondo il fine specifico di portare Licio Gelli direttamente entro la Loggia Propaganda, instaurando un singolare rapporto di identificazione tra il personaggio e l'organismo, il quale ultimo finì per trasformarsi gradualmente in una entità morfologicamente e funzionalmente affatto diversa e nuova (….)

Perché certo è che Licio Gelli non ha inventato la Loggia P2, né per primo ha contrassegnato l'organismo con la caratteristica della segretezza: che poi se ne sia impossessato e ne abbia fatto suo strumento in senso peggiorativo, questo è particolare che ci interessa per comprendere meglio Licio Gelli e non la massoneria……. La situazione che si delinea al termine del lungo processo sin qui ricostruito è pertanto contrassegnata da due connotati fondamentali: il primo, ovvero che Gelli ha acquisito nella seconda metà degli anni settanta il controllo completo ed incontrastato della Loggia Propaganda Due, espropriandone il naturale titolare e cioè il Gran Maestro. Il secondo, ovvero che la Loggia Propaganda Due non può nemmeno eufemisticamente definirsi riservata e coperta: si tratta ormai di una associazione segreta, tale segretezza sussistendo non solo nei confronti dell'ordinamento generale e della società civile ma altresì rispetto alla organizzazione che ad essa aveva dato vita. (….)

«La loggia P2 ha costituito motivo di pericolo per la compiuta realizzazione del sistema democratico». La P2 fu un’organizzazione che esentava l’affiliato dall’osservanza di rituali ed adempimenti di indubbio impaccio per l'iniziando mosso da più terrestri motivazioni. “la Loggia P2 non è identificabile toto modo con gli ambienti eversivi, e proprio in ragione di tale distinzione, la diversa autonomia politica di questi ambienti ci consente di individuare un rapporto di strumentalizzazione che intercorre tra chi il sistema voleva soltanto condizionare e chi invece aspirava a rovesciare.” DALLE CONCLUSIONI DELLA RELAZ. DELLA COMMISSIONE ANSELMI SULLA LOGGIA P2, votata a maggioranza nella seduta del 10 luglio 1984

 

La verità sulla loggia e sul suo impossessamento del potere nell’Italia d’oggi è stata tenuta nascosta. Contrariamente a quanto afferma la relazione Anselmi votata a maggioranza a conclusione dell’attività della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, la Loggia non è stata un’organizzazione per delinquere esterna ai partiti ma interna alla classe dirigente. La posta in gioco per la P2 è stata il potere e il suo esercizio illegittimo e occulto con l’uso di ricatti, di rapine su larga scala, di attività eversive e di giganteschi imbrogli finanziari fino al ricorso alla eliminazione fisica. L’etichetta massonica era solo la copertura di comodo che Licio Gelli aveva furbescamente utilizzato per ammantare di un’aura misteriosa e, a suo avviso, rispettabile la più potente lobby mai sorta nella Repubblica grazie alla complicità dei peggiori settori del sistema dei partiti, a destra, al centro e a sinistra. “In definitiva la P2 è il grande scheletro nell’armadio dei partiti di cui ognuno conosce resistenza ma nessuno ne vuole e ne può parlare.” DALLA RELAZIONE DI MINORANZA DI MASSIMO TEODORI

 

Licio Gelli, l’uomo che collegava tutti. La Commissione è rimasta sepolta sotto un diluvio di documenti e di parole che, di volta in volta, hanno dipinto il "Venerabile" della "P2" un genio e un cretino, uno spietato criminale o un benefattore dell’umanità, un capo risoluto o un esecutore abilmente manovrato, un redivivo Cagliostro o un bonaccione in cerca di fortuna, un astutissimo agente della CIA e del KGB, un millantatore o uno scaltrissimo uomo di affari. ( …..)

Quando nella seconda metà degli anni Sessanta si trovò ad operare sul terreno adatto avendo trovato lo strumento adatto, si scatenò per ottenere quello che voleva: potere e miliardi. Il terreno adatto lo trovò nel sistema politico italiano corrotto e corruttibile, inquinato e inquinabile; lo strumento, nella Massoneria italiana, un organismo praticamente inutile, frazionato in bande (dette eufemisticamente "comunioni") sempre pronte a dilaniarsi tra di loro e quindi facile preda per un elemento furbo e spregiudicato come Licio Gelli. Autentico genio dell'intrallazzo, della mediazione, dei "collegamenti", cominciò a tessere la ragnatela politico-finanziaria che doveva portarlo, nella seconda metà degli anni Settanta, a diventare davvero uno degli uomini più pericolosi e potenti del Paese. Certo è che senza questo sistema politico, senza questi uomini, un fenomeno come quello della "P2" e di Licio Gelli non avrebbe mai potuto attecchire e svilupparsi. ( ….)

la stragrande maggioranza dei circa cinquantamila massoni italiani appartenenti alle diverse "comunioni" non seppe mai nulla di quanto bolliva nella pentola della "P2", e non ne porta quindi alcuna responsabilità. (….) Una volta accolto come "fratello", Gelli capì subito due cose fondamentali: primo, che la Massoneria italiana, a differenza di quelle straniere, era una istituzione praticamente inutile, con una base che non contava niente e un vertice che comprendeva qualche centinaio di personaggi sempre impegnati a litigare tra di loro; secondo, che un organismo di tal fatta, poteva essere facilmente catturato, sottomesso e strumentalizzato. (…..)

Per quanto riguarda poi il fatto che a Gelli non importava niente della Massoneria come istituzione, e che per lui filosofia, ritualità ed esoterismo fossero scarpe vecchie da relegare in soffitta, basti considerare, per averne conferma, le modalità che aveva stabilito per le "iniziazioni" dei nuovi "piduisti". Niente templi, niente drappi scuri, candele accese, teschi in bella mostra e così via: ma una stanza d'albergo (sia pure al livello dell'Excelsior di Roma), una spada, quanti bianchi, il grembiulino pure lui bianco, e via, velocemente. Ha raccontato un testimone in Commissione che quando venne "iniziato" il senatore Tedeschi, poiché l'aspirante piduista presentava una circonferenza di addome piuttosto eccessiva e il grembiulino gli andava stretto. Gelli uscì nei corridoi dell'Excelsior e tornò nella stanza della "iniziazione" solo dopo avere tolto a un cameriere un grembiule della misura necessaria. Alla faccia della sacralità del rito. DALLA RELAZIONE DI MINORANZA DI GIORGIO PISANÒ

 

È stata chiamata “Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P-2”. Ne è venuto fuori uno spaccato, morale più che politico, per cui onestà vorrebbe che, nella relazione conclusiva dei lavori, durati più di due anni, si scrivesse, a chiare lettere: la prima Repubblica è finita, va seppellita. Ritenere dopo tutto quello che la Commissione ha udito, letto, riscontrato, soprattutto taciuto, che il Paese possa salvarsi con una sia pur dura condanna della Loggia P2 di Licio Gelli, è illusorio. Così stando le cose si lascia intatto il terreno dove, fisiologicamente, altre P2, non solo vivranno e prospereranno, ma già tutt'ora vivono e operano. Il «sistema di potere» che regola i meccanismi della vita associata in questa Italia, non può non generare mafie. DALLA RELAZIONE DI MINORANZA DI ALTERO MATTEOLI

 

“Perché dovevamo diffidare di un uomo che era uno dei pochissimi italiani ad aver presenziato al giuramento dei Presidenti americani Carter e Reagan? Perché dovevamo diffidare quando Gelli era accreditato ufficialmente all'Ambasciata argentina come suo addetto commerciale? Gelli era in cordiale frequentazione con tutto l'establishment del nostro Paese, frequentava Ministri, persone autorevoli che forse non compaiono nelle liste di Castiglion Fibocchi; sappiamo che ebbe amplissime frequentazioni con uomini di tutti i livelli, dei più alti livelli. Perché dunque la gente non doveva iscriversi a questa loggia, quando tutto l'establishment nazionale, politico, economico, religioso dava garanzia sulla serietà di Licio Gelli?” (….)

(a proposito dell’ elenco dei membri della P2)La verità è che ancora oggi soltanto per un terzo dei nomi compresi nelle liste vi è la ragionevole sicurezza della loro iscrizione alla Loggia, come distrattamente e di passata si dice nella stessa Relazione finale. Resta da chiedersi perché la Relazione finale, pur senza che siano emersi fatti nuovi o siano state condotte nuove e più approfondite indagini documentali, abbia escluso con tanta rigidità tutte le ipotesi di errore o di deliberata provocazione da parte di Gelli che pure erano state avanzate nella pre-relazione per spiegare le possibili ingiuste e ingiustificate inclusioni nelle liste di persone estranee alla Loggia P2. (…)

La Commissione avrebbe dunque fallito il suo scopo principale: quello di individuare chi ha messo in atto il progetto politico per il controllo del paese, progetto di cui Gelli era un semplice strumento, manovrato da ben più importanti personaggi politici, tramite i Servizi segreti. DALLA RELAZIONE DI MINORANZA DI ALESSANDRO GHINAMI

 

(….)i più inquietanti scandali dell'Italia contemporanea (la carriera e la caduta di Sindona, il crack del Banco Ambrosiano e i rapporti con lo IOR, il suicidio o l’omicidio di Calvi, l’assassinio di Pecorelli, la lotta senza esclusione di colpi per il controllo della Rizzoli, del Corriere della Sera e di altri giornali, lo scandalo ENI-Petromin, ecc.), sono segnati in qualche modo dalla presenza di uomini della P2. (…..)

L'immagine della «doppia piramide» contenuta nella relazione Anselmi rende, con immediatezza, il senso del problema che doveva essere affrontato. A questo, in particolare, la Commissione era chiamata proprio dall’articolo 1 della legge istitutiva. Ma la Commissione, nei suoi lavori, poco ha cercato oltre e sopra a Gelli e la relazione, su questa materia, ancora più tace. Si tratta quindi di una relazione incompleta. A conclusione di una indagine incompiuta, che arresta le proprie valutazioni proprio dove comincia la P2 più vera. (…)

A titolo di esempio, ma anche per la sua importanza e per il rilievo che ha avuto nell'opinione pubblica, richiamo il nodo dei rapporti tra P2 e massoneria, che si è presto trasformato, nei lavori della Commissione, in una minuziosa ricerca sui caratteri e sui rapporti tra le diverse obbedienze massoniche, occupando un tempo di indagine più proficuamente utilizzabile in altre direzioni. Su questa materia vi è stato, nei lavori di Commissione, l'orientamento prevalente a valutare una diretta responsabilità delle tradizioni e dell'ordinamento massonico nella nascita e nell’affermarsi della P2. Questo orientamento è servito a dare soddisfazioni emotive all’opinione pubblica, ma non ha fatto compiere passi concreti nella ricerca della verità. Due sono stati gli atti discutibili: l’audizione insistita di tutti i responsabili delle obbedienze massoniche e l'eliminazione di fatto di ogni riservatezza sugli elenchi dei 23.000 massoni d’Italia, venuti per altre finalità nel possesso della Commissione. Queste decisioni nulla avevano a che fare con l’indagine sulla P2. Ma, negli effetti pratici, sono servite a due logiche. La prima è la logica di chi aveva, e ha ancora, interesse ad alzare più polvere possibile, per rendere meno chiare le responsabilità delle molte vicende che si sono intrecciate attorno a Gelli; la seconda è la logica di chi voleva, e vuole ancora, mettere sotto accusa per i fatti della P2 la massoneria nel suo insieme. Si sono avute continue fughe di notizie e la pubblicazione, più o meno completa, degli schedari ha provocato curiosità morbose e, per l ’accostamento costante alla P2, ha concorso a resuscitare nel paese un clima antimassonico. Un giudizio più maturo deve portare a conclusioni diverse. La massoneria, indipendentemente dalla valutazione su quanto di attuale oggi rappresenti, è parte delle libertà del paese e deve essere accettata con le sue tradizioni e i suoi riti. ( …. )

Il 15 novembre 1983, una decisione assunta a maggioranza, con il mio voto contrario e dichiarato e per l'assenza determinante di alcuni rappresentanti del PCI e del PRI, ha consentito di non procedere all'audizione mirata degli uomini politici che dalle carte risultavano aver avuto frequentazione o rapporti con Licio Gelli e con la sua struttura. (….)Vi è da domandarsi perché si siano considerate, nella relazione, più inquietanti le poche verità e le molte banalità di un documento di carta(il piano di rinascita democratica), rimasto sulla carta, piuttosto che denunciare come vera eversione il continuo intreccio della P2 con i più gravi fatti di corruzione e di avventurismo finanziario dell'Italia negli anni '70. DALLA RELAZIONE DI MINORANZA DI ATTILIO BASTIANINI

 

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6.ALCUNE CONCLUSIONI

 

Alla luce delle 6 relazioni della commissione d’ inchiesta sulla loggia P2 e di altri documenti presi in esame, si scorge un fil rouge che lega queste vicende e le interpretazioni che di queste sono state date: c’è una chiara idea che individua le attività del Gelli e di quella che ci vien da dire era, almeno dal ’76 in poi, la “sua” creatura in un contesto completamente estraneo al mondo delle logge regolari, lasciando intravvedere prerogative e finalità che nulla hanno a che vedere con i compiti propri di un’ Officina.

 

Innanzitutto, una prima evidenza macroscopica: una loggia che possa oggettivamente svolgere un’attività regolare deve avere a piè di lista almeno 7 fratelli maestri, e può arrivare ad avere un numero massimo di membri che le costituzioni ed il regolamento non precisano; a lume di buonsenso consideriamo una loggia “normale” con 20, 30, 50 membri e poco oltre. La loggia P2 aveva un migliaio di affiliati, qualcuno, forse anche lo stesso Gelli in una delle tante interviste, sostenne fossero più di 2000; ora, non v’è dubbio che un gruppo siffatto non potesse oggettivamente svolgere regolari lavori rituali. Questa prima deviazione dalla regolarità massonica viene seguita da una seconda. La P2 è di fatto “deterritorializzata”, ovvero è una sorta di super-gruppo nazionale esente dalla localizzazione geografica all’Oriente di Roma, infrangendosi così la regola massonica che vuole ogni loggia legata ad un ben individuato ambito territoriale.

 

Le iniziazioni a fil di spada, o “all’orecchio”, elenchi di membri a piè di lista non controllati e noti solo al maestro venerabile, e forse nemmeno noti compiutamente al Gran Maestro, controlli avocati direttamente dal Gran Maestro in carica, o forse nemmeno da lui, sono circostanze perlomeno inaudite. La Loggia P2 era istituzionalmente sottratta al controllo che ogni aderente alla massoneria può esercitare sulle logge con l’esplicazione del diritto di visita e di partecipazione ai lavori, e di fatto aveva modalità del tutto aliene agli ideali e alle finalità massoniche. Per non tacere del fatto che quasi certamente non ebbe un normale calendario di riunioni, o meglio tornate, a parte gli incontri “informali” coordinati da Gelli ed ai quali venivano invitati di volta in volta solo alcuni membri. Sulla natura della loggia in questione, vi sono tanti elementi che dimostrano che, almeno a partire dal 1976, la P2 fu essenzialmente un gruppo che fu in qualche modo organico al potere “ufficiale”, e quindi appare decisamente più inverosimile che si trattasse di un contropotere o, addirittura, come si affermò nella relazione di maggioranza, di un gruppo eversivo rispetto al potere democraticamente costituito.

 

Altro aspetto “stravagante” è quello relativo alle numerose iniziazioni avvenute dal 1976, in un periodo in cui la loggia era ufficialmente sospesa: peraltro non risultò traccia di verbali di tornate di loggia, che molto probabilmente o quasi certamente non ebbero mai luogo.

 

Sulla rigorosità dell’azione della Commissione d’ inchiesta parlamentare, cito un passaggio a mio modo di vedere emblematico: ad un certo punto della relazione che avrà il voto della maggioranza della commissione è scritto “Di fronte a un personaggio come Gelli, ogni ipotesi è in astratto formulabile e nessuna conclusione può palesemente dichiararsi assurda”. E ancora, a proposito delle attività della P2 “Quale concreta percezione nelle forze politiche si sia avuta della esistenza di questi fenomeni così collegati e come essi abbiano interagito con i concreti processi decisionali, quali ulteriori connivenze ad ogni livello ed in ogni settore abbiano registrato per esplicare la loro funzione, questi sono argomenti per i quali non si dispone di elementi sufficienti al fine di più mature conclusioni.” Se dopo oltre 3 anni di riunioni e audizioni che hanno prodotto decine e decine di migliaia di pagine di verbali si arrivò a scrivere affermazioni di questo tipo nella relazione conclusiva, con un approdo così fumoso e indefinito che non testimonia certo la rigorosità dell’indagine svolta, ma anzi lascia intendere che più probabilmente si trattò di una relazione di fatto determinata da classiche mediazioni politiche, che sollevò e analizzò mille questioni ma che al dunque accertò ben poco. D’ altra parte, appare evidente che in questo modo, attraverso questa relazione di maggioranza, la classe politica italiana, salvo un gruppetto di “sfortunati” capri espiatori che furono additati al pubblico ludibrio, provvide alla propria assoluzione.

 

Un altro esempio degno di menzione è la verifica dell’autenticità e dell’ attendibilità della lista di Castiglion Fibocchi: su questa lista compaiono 963 nomi, ma di essi solo per 276 nominativi esiste il triplice riscontro del rilascio della ricevuta, della notazione nel registro di contabilità e del versamento, oltre alla presenza nel piè di lista. Solo di 262 è stata riscontrata la regolare documentazione di richiesta di affiliazione. Per i restanti nominativi non si fu in grado di confermare se l’affiliazione alla Loggia P2 avvenne direttamente presso Gelli, con “eventuale” successiva trasmissione dei dati al Grande Oriente, o in alternativa si trattò di affiliazioni alla comunione trasmesse poi alla Loggia P2. Quel che è certo, è l’incertezza del numero dei membri effettivi di questa loggia, anche se nella relazione di maggioranza si afferma che la lista era “autentica” e “attendibile”.

 

La commissione parlamentare stabilì, inoltre, che l’organizzazione di Gelli era supersegreta e perciò sconosciuta al mondo politico, salvo poche eccezioni, ovvero quei politici che ne furono iscritti. Affermazione di comodo, vien da dire, non fosse altro che la P2 era talmente supersegreta che Gelli si «nascondeva» in un luogo come l’Hotel Excelsior di via Veneto a Roma. Nella sua testimonianza resa ai giudici di Bologna, che indagavano sul coinvolgimento del capo della P2 nella strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, Tommaso Masci, primo portiere nella seconda metà degli anni 70 dell'albergo romano Excelsior, tracciava una descrizione efficace del formicolio della folla di potenti intorno all’ Aretino; si aggiunga che già a partire dal 1973 numerose inchieste giornalistiche si occuparono dell’ argomento, apparvero inchieste su “Panorama, “L’espresso”, e altri organi di stampa.

 

In una delle tante interviste rilasciate in età avanzata, alla domanda “cos’è la massoneria”, Gelli rispose lapidario “ordine e disciplina”. Ora, vero è che l’enorme documentazione disponibile e le numerose interviste rilasciate negli ultimi 10 anni fanno emergere aspetti contradditori, generando il sospetto che il Gelli in queste occasioni rilasciò spesso e volentieri dichiarazioni che miravano a stupire, più che a chiarire. D’ altra parte, affermazioni di questo tenore fanno emergere una visione lontana da una definizione appropriata che un massone potrebbe dare della massoneria, e forse ci dice anche qualcosa sulla qualità massonica del personaggio in questione. Aggiungiamo, a questo proposito, la sua manifesta simpatia per il fascismo: il sistema di valori proposto dalla massoneria e l’ adesione convinta ad un movimento politico liberticida sono due elementi di fatto inconciliabili.

 

Non solo: in Italia, grazie al combinato disposto delle azioni “magliaro di lusso” (cit. Indro Montanelli), che ha sfruttato le debolezze di tutti i partiti e dei loro uomini per tessere la sua tela, e di vasti settori del mondo dei media e della politica che hanno equivocato scientemente questi fatti per imbastire una delle più grosse speculazioni politiche della storia dell`Italia moderna, il nome massoneria divenne di fatto “radioattivo”, e tutto sommato in parte lo è ancora oggi, a distanza di oltre 30 anni da quegli eventi. I danni cagionati alla nostra reputazione in quanto massoni sono incalcolabili.

 

Prendendo in considerazione invece gli aspetti “profani”, va detto che in cuor suo era fascista e, fosse dipeso da lui, ci sarebbe stato un bel ritorno al fascismo, ma non reputando realistica questa speranza, puntò ad entrare nel gioco per condizionarlo attraverso la massoneria. Si pensi al tanto citato e poco conosciuto a approfondito Piano di Rinascita Democratica, che passò alle cronache quale manifesto politico della loggia: non dipinge certamente un regime fascista ma un regime di democrazia liberale con diversi elementi mutuati dalla V repubblica francese. Relativamente alle vicende degli anni 70 non si può certo dire che la sovversione sia stato il fine ultimo dell’agire di Gelli. Egli fu piuttosto uomo d’ ordine, anche se qualche contiguità con alcuni movimenti delle eversione nera affiorò, ma appare verosimile l’intento di strumentalizzarne l’attività in alcuni passaggi.

 

Con la sua morte, Gelli consegna alla storia molti dubbi circa i primi 40 anni della Repubblica. Affari e vicende di cui, probabilmente, nessuno potrà mai avere un quadro preciso e completo. Ora che Licio Gelli è mancato, per chi lo ha sbrigativamente o strumentalmente indicato quale responsabile di tutte le malefatte del nostro Paese degli anni 70, l’Italia sarà ovviamente migliore.

 

Piccola storiella finale: 

Rievocando uno dei suoi ultimi incontri con Perón: «Dopo pranzo Peron mi disse: “I medici, mia moglie, tutti cospirano per impedirmi di fumare. Ora non c’è nessuno: ce la fumiamo una sigaretta?”. Io, che non fumo, gli risposi: “Generale, sono qui per questo”». L.Gelli

 

Ho detto

 

F.M.A. Alessandro

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