Bresciani carbonari o sospetti di appartenere a società segrete o di nutrire sentimenti avversi
ELENCHI DI COMPROMESSI O SOSPETTATI POLITICI BRESCIANI
( 1820 - 1822 )
A cura di Annibale Alberti
REGIO ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO ITALIANO
BIBLIOTECA SCIENTIFICA II SERIE: FONTI - VOL. X
ROMA - Vittoriano - 1936 XIV
PREMESSA
Il Congresso di Vienna del 1815, nella intenzione orgogliosa dei componenti di esso e soprattutto del principe di Metternich, doveva segnare, insieme con l’abbattimento definitivo del «fenomeno Bonaparte», come si amava indicare le gesta del grande Corso, la fine delle velleità sorte dalle ceneri della rivoluzione francese in ogni parte di Europa, copiosamente alimentate dalla fluente verbosità retorica e corredate e irrobustite dalle utopie costituzionali largamente diffuse.
L'Europa veniva grossolanamente restaurata secondo presunti diritti ereditari e ciascuno doveva governarsi secondo i principi politici del legittimismo. La Monarchia assoluta ritornava in pieno vigore e chiunque tentasse di mutare principi o modificare confini, era da considerarsi come un elemento da eliminare dalla vita politica.
I successivi Congressi di Troppau, di Lubiana e di Verona, ribadirono le catene che erano state allentate e anche momentaneamente spezzate nei moti succedutisi tra il 1818 e il 1821, in Spagna, a Napoli e poi in Piemonte.
E il principe di Metternich, se pure era infastidito e anche un poco turbato, nella sua semplicistica filosofia, pensava, in conclusione, che chi avesse osato comunque contrapporsi alle sue teoriche assolute, si sarebbe trovato coalizzate contro le maggiori Potenze, anche quelle costituzionali, che lo avrebbero schiacciato.
Lo aveva dimostrato il moto di Napoli del 1820.
Questo rigido assolutismo trovava, soprattutto nelle provincie italiane, soggette all'Austria, una applicazione vigile e inflessibile.
Ma il virus rivoluzionario era penetrato troppo profondamente nelle fibre più intime del popolo. Per troppi anni e troppo intensamente la predicazione rivoluzionaria, nutrita di parole sonanti e fertile di illusioni seducenti, era riuscita a infondere il gusto del rischio, a consigliare l'orditura di misteriose congiure e di tenebrosi complotti.
Il moltiplicarsi delle società segrete, in tutte le varie e fantastiche forme di organizzazione, creava una atmosfera di suggestione alla quale soprattutto gli intellettuali, non sembravano sapersi sottrarre. E agli intellettuali si accompagnavano coloro che trovavano in questa appartenenza alle sette un contenuto materiale o morale, secondo i casi, da dare alla propria esistenza, altrimenti oscura e sbiadita.
Si narra che un confidente di polizia, affermando già nel 1819 che le società segrete andavano sempre aumentando i loro proseliti, aggiungesse che «l'ordine pubblico era attaccato dal male epidemico dell'indipendenza».
Da un capo all'altro della penisola si andava stendendo una maglia fìtta e misteriosa di conventicole sovvertitrici, che assumevano nomi impensati e strani; ricordiamo qualcuno di questi nomi: i Selvaggi, i Beati Paoli, gli Eremiti, i Potenti, i Guelfi puri, i Concistoriali, gli Oppressi non vinti, gli Adelfi, i Fedeli, gli Apofasimeni, gli Insoddisfatti, i Dormenti, i Pantomofremi, i Sublimi, i Maestri perfetti, ecc. ecc.
La vigile polizia austriaca, nella quale l'attitudine alle indagini di carattere politico e il metodo inquisitorio contro i cittadini sospetti, erano notevolmente sviluppati, perseguì una assidua sorveglianza, che doveva con ogni mezzo scoprire i nemici dell'ordine costituito, sventarne le trame, confonderne i piani rivoluzionari. Per questo si erano intessute fitte reti di indagini delle quali, al momento opportuno, le maglie si stringevano così da cogliere i colpevoli, i sospettati e anche i non colpevoli. I funzionari sapevano che era merito apprezzato quello di scoprire congiure, additare propagande, indicare persone che tenessero atteggiamento non favorevole al Governo o esprimessero dubbi su di esso o anche semplicemente conservassero nel loro intimo pensieri avversi. Vedremo più innanzi come questi elementi di colpevolezza, di sospetto o di dubbio venivano suddivisi e catalogati in speciali categorie, a ciascuna delle quali corrispondevano particolari procedure.
In tutto questo arruffio di indagini, di inquisizioni, di perquisizioni, di arresti, di condanne, balenano spesso luci di eroismo, esempi di sacrificio, offerte generose alla Patria, che si sognava unita, indipendente, sciolta da ogni ceppo straniero.
La condotta della polizia austriaca, composta, nelle sfere dirigenti, di elementi estranei al popolo nostro e inadatti a conoscerne lo spirito, le tendenze e a valutare le azioni specifiche compiute, era, nel complesso, abile, ma grossolana e scarsamente intelligente. Portava troppa fiducia a confidenti senza preoccuparsi delle ragioni che inducevano ad assumere questo basso servizio.
Lo zelo di questa gente era in ragione inversa dalla loro sensibilità morale. Le rivelazioni erano spesso determinate da vendette private, da diffamazioni, da coloriture eccessive di esaltati, che non esitavano a far sospettare o condannare anche chi non aveva colpa alcuna.
A tutto questo bisogna aggiungere che, tra coloro che soffrivano i rigori delle carceri austriache e soprattutto la durezza delle procedure inquisitoriali, gli spiriti forti e presidiati dalla passione indomabile per la Patria, sapevano patire, resistere, tacere, ma gli spiriti mediocri o deboli, nei quali la paura o la insofferenza fisica e morale prevalevano sopra la fierezza del sentimento e del pensiero, cedevano o semplicemente si mostravano incerti e vacillanti. La occhiuta polizia, di cui facevano parte elementi astuti e istintivamente adatti a trionfare di queste esitazioni, veniva così ad ottenere confessioni, indicazioni di individui e talvolta elenchi di persone colpevoli o sospette, sulle quali piombava subito la procedura inquisitoriale con conseguenze che facilmente si immaginano. E talvolta anche questi elementi inferiori erano tratti per salvare se stessi a denunciare colpe inesistenti, o persone innocenti.
Le indagini di una storia che non sia indulgente alle passioni di altro tempo od ossequiente per ragioni settarie o personali o politiche, sceverano con serena imparzialità le azioni di coloro che ebbero giusta rinomanza e fissano esattamente i valori di coloro che per la Patria diedero eroicamente la vita, la sofferenza, i disagi, senza vacillare, senza cedere, senza pensare mai a se stessi per offrire tutto all’adempimento di un alto dovere. Alcuni idoli così cadono, talune rinomanze si attenuano, ma la storia, che vuol essere degna di un grande popolo e di un tempo splendente e vittorioso, deve ispirare la propria opera a una severità scientificamente rigida. Così le vicende degli anni fortunosi in cui si preparano i grandi eventi futuri saranno chiarite e appariranno nella loro luce fulgente di verità e di gloria.
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Elenchi di colpevoli, di compromessi, di sospettati compilati sulla scorta delle indicazioni dei confidenti, delle rivelazioni degli inquisiti o per altre origini, furono frequentemente pubblicati, come molti sono gli elenchi conosciuti degli appartenenti alla Massoneria, alla Carboneria e alle altre sette più o meno segrete. Essi tutti costituiscono elementi interessanti per la ricostruzione del periodo storico successivo alla restaurazione austriaca.
Il Registro contenente l'«Elenco degli individui abitanti nel Regno Lombardo-Veneto sospetti di appartenere a Società Segrete o di nutrire sentimenti avversi all’attuale ordine di cose», che riteniamo di pubblicare integralmente per la prima volta, è conservato nell’Archivio di Stato di Venezia.
Abbiamo cercato di indagare un po' di storia di questo Registro, intorno al quale aleggia una curiosa aria di mistero. Esso, che sembra fosse conosciuto nei primi anni successivi alla liberazione di Venezia, per buona sorte, non aveva seguito il destino delle carte di polizia degli uffici locali del periodo austriaco successivo alla restaurazione, disgraziatamente distrutte e disperse.
Una vicenda narrata da Attilio Centelli in un suo studio che aveva come titolo «Della Carboneria e de’ suoi affiliati nel 1821-22» (Da un registro inedito della polizia secreta) («Natura e Arte», 1894-95), dà notizie della scoperta del registro. Il Centelli scrive che essa: «fu accidentale e avvenne tempo «fa nei Regi Archivi di Stato a Venezia al direttore dei quali, l'illustre comm. Stefani, devo la fortuna di poterne parlare. Rimosso un vecchio scaffale per riordinare gli archivi stessi, apparve un grosso rotolo coperto di polvere, evidentemente sfuggito alla vista di chi aveva l'incarico di asportare le carte di carattere politico ivi raccolte durante il dominio straniero. Perchè sembra positivo che, un po' per la non-curanza dei contrattatori di pace nell'ottobre 1866, un po' per lo zelo o i sentimenti dei precedenti direttori, negli archivi veneziani non esistano altri documenti relativi all'epoca indimenticabile».
A questo racconto, che abbiamo ragione di ritenere, almeno parzialmente, dubbio, l'autorità indiscussa di Giuseppe Biadego, nel volume: «La Dominazione austriaca e il sentimento pubblico a Verona dal 1814 al 1847» (Roma, Biblioteca storica del Risorgimento italiano, Serie II, n. 3. - Società Dante Alighieri 1899.) a pag. 52 (nota), oppone una narrazione notevolmente diversa e presumibilmente meno lontano dalla verità. Diamo le parole del Biadego, il quale, dopo aver accennato al racconto fatto dal Centelli in Natura e Arte, aggiunge: «Il reggente l'Archivio di Stato cav. Giorno, a cui devo la parte che pubblico (parte relativa ai veronesi, dell'Elenco degli individui del Regno Lomb. Veneto ecc.), mi scrive che l'elenco in discorso non è una scoperta recente (come accenna il Centelli) ma era noto in Archivio fin dal 1866, quando il Governo austriaco commise alla direzione dell'Archivio lo scarto degli atti del Tribunale penale dal 1815 al 1830, e di questo Elenco si valsero più volte persone studiose ed autorità per ricerche storico-biografiche sui carbonari ed altri sospetti politici».
NOTA
«Ho l'onore di rassegnare a V. E. l'unito prospetto che riguarda i sudditi Austriaci, che nel processo formato dall'ora sciolta Commissione di Venezia risultarono più o meno sospetti di appartenenza a Società Segrete, o di nutrire principii avversi all'attuale ordine di cose. In apposita finca si tracciano in succinto le risultanze processuali emerse a carico di cadauno individuo. Debbo però osservare, che essendosi questo prospetto formato unicamente sui rilievi del processo carbonico di Venezia, le emergenze contro alcuni individui si presentano leggere, quantunque il processo di Milano abbia somministrato ampia materia per sottoporli alla speciale inquisizione criminale, come appare dalla finca:
Osservazioni. V. E. ne farà quell'uso che nella sua saggezza troverà opportuno e mi è grato di cogliere questa occasione per confermarle i sentimenti della mia più distinta stima e considerazione.
Milano, li 17 ottobre 1822,
f.to Salvotti, expediatur della Porta,
18 detto, sped. Zucchi col prospetto».
(Minuta in Arch. Stato Milano - Processo dei Carbonari, cart. 34, pezzo M. C. D., III).
Il contenuto della lettera, la data identica, la firma del Salvotti, pensiamo siano elementi più che sufficientemente probatori per chiarire l'origine del Registro che pubblichiamo.
La lettera del Salvotti dice che «questo prospetto era formato unicamente sui rilievi del processo carbonico di Venezia».
Ora, alla fine di maggio del 1822, chiusosi a Venezia il famoso processo dei Carbonari detto della Fratta, il Salvotti, sciolta la Commissione di Venezia, si trasferì a Milano per prendere la direzione del processo dei Carbonari di Milano, portando con se il De Rosmini, e il De Roner, suoi aiutanti. È a presumersi che, in quella occasione, il Salvotti abbia anche portato con se tutti gli atti del processo della Fratta.
Ma, accortosi che a Venezia non erano rimasti gli elementi indispensabili perché la polizia potesse continuare la propria sorveglianza e le proprie indagini, pensiamo abbia provveduto a inviare a Venezia all'Inzaghi, Governatore delle Provincie Venete, l'elenco che pubblichiamo e che doveva sostituire presso le autorità di Venezia gli atti dei processi portati a Milano.
L'elenco riguarda i sudditi austriaci sui quali, durante il processo della Fratta, erano sorti sospetti di carattere politico ed è formato, secondo sempre la lettera di accompagnamento del Salvotti, «sui rilievi del processo carbonico di Venezia».
Fissata quella che crediamo la vera origine del Registro, abbiamo ritenuto utile condurre, per ciascun nome compreso nell’elenco, un raffronto con quanto risulta, circa i nomi medesimi, nei Registri del Processo dei Carbonari di Milano.
Ci sembra opportuno dare qui qualche indicazione su questi importanti Registri, che hanno fornito materia a tante ricerche, ma che finora non furono mai integralmente pubblicati, mentre costituirebbero una fonte di altissimo valore per gli studi relativi a questo fortunoso periodo storico.
La serie «Processo dei Carbonari» esistente nell'Archivio di Stato di Milano, si compone di 25 volumi di formato in media 30 X 45> di scrittura minuta. Ogni registro corrisponde ad una lettera dell'alfabeto, lettere riportate sul dorso dei volumi insieme coi numeri, e porta raggruppati tutti i nomi delle persone, processate 0 no, che comunque risultarono da deposizioni, da costituti, da informazioni di polizia, da carteggi sequestrati, che cominciano per quella lettera, naturalmente non in ordine alfabetico, ma in ordine di tempo secondo è stato fatto il nome all'autorità inquirente. La numerazione (che è per foglio, non per pagina) non è continuativa nei registri e corrisponde ad un ordine iniziale diverso, che fu poi, per maggiore comodità di ricerche, dalla stessa Commissione inquirente sostituito con l'ordine presente. E cioè, dovevano in origine esistere due volumi (se ne trova traccia) coi fogli numerati consecutivamente da 1 a 912, in ciascuno dei quali i nomi erano disposti in altrettanti quinterni per lettera. Con l'aumentare del materiale si trovò evidentemente più utile dar l'ordine che ha oggi. Ne segue ad esempio: il registro A si compone dei fogli: 1-14, 509-527; il registro B dei fogli: 15-28, 39-49, 528-547, 647-660, 888-912; il registro C dei fogli: 29-38, 50-57, 548-568, 627-636, 637-646; il registro V dei fogli: 440-464, 868-887. Si avverta che il registro Y (senza nessuna registrazione però), ha preso il n° 11, tra la lettera J e la lettera K. I volumi sono legati in mezza pergamena.
In un primo tempo i volumi erano due soltanto, di mole molto considerevole, e in ciascuno di essi erano disposte successivamente per ordine tutte le lettere dell'alfabeto; di questo si ha la prova nel fatto che talvolta si rimanda per date partite più copiose ad un volume II, che oggi invece segue nello stesso volume, ma con numerazione più alta. Poi, in un secondo tempo, i volumi furono scorporati e uniti per lettera come oggi si trovano. Ciò spiega i salti e la discontinuità della numerazione.
Elenco degli individui [bresciani] abitanti nel Regno Lombardo Veneto sospetti di appartenere a società segrete o di nutrire sentimenti avversi all’attuale ordine di cose— 1821 - 1822.
3. Andreoli Luigi. Possidente - di Toscolano.
Dagli atti assunti in via politica dietro segrete denunzie state portate sopra la sospettata esistenza di Carbonari in Toscolano vien pur questo indicato fra le persone affezionate al cessato Governo, e sospetto Carbonaro, aggiungendosi aver esso dati dei pranzi, ai quali intervennero altri individui della stessa opinione politica, e fra questi i Lecchi, di cui si parla a suo tempo, ove si vuole, che si parlasse di politiche notizie e sulla rivolta di Napoli.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. A, Fol. 4, si aggiunge : «figlio di Giovanni», e le informazioni sono riportate con varianti come segue : «Una anonima denuncia qualificava i fratelli Luigi e Faustino Andreoli per persone affezionate al cessato governo italico, sospetti di carboneria, aggiungendo aver essi dato dei pranzi a cui intervennero i Conti Lecchi ed altri individui dello stesso modo di pensare, la qual ultima circostanza venne confermata da Gio. B. Tadeotti, lo che fu confermato da Felice Calcinardi, altro confidente ».
Osservazioni: Si proseguono le investigazioni.
4. Andreoli Faustino, detto Venturini. Idem [Possidente - di Toscolano].
Il Commissario di Polizia di Salò lo qualifica antico Massone.
Identico come Andeoli Luigi in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. A, Fol. 4.
Osservazioni: Idem [Si proseguono le investigazioni]. Fratello dell’anzidetto.
5. Arrighi Antonio di Salò.
Dagli atti suddetti fu per altrui detto indicato per Carbonaro questo Arrighi, e si vuole che in di lui casa esistessero delle bandiere tricolori preparate per la rivolta, che si vuole essersi stabilito di fare scoppiare in Lombardia dopo la rivoluzione di Napoli da alcuni sospetti Carbonari di Brescia, Toscolano, Salò e loro vicinanze, come si vuole, che si fossero preparate delle armi, e fatta stampare la Costituzione da proclamarsi, e che ad un pranzo tenutosi nel palazzo dell’avv. Zuliani, di cui a suo luogo, siano perfino nominati il Capo dei rivoltosi, ed il suo Aiutante.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. A, Fol. 4, annotazione più succinta con varianti come segue: «Dagli atti assunti in via politica dietro denuncie portate da segreti confidenti fu indicato per carbonaro per altrui detto, coll’aggiunta che in di lui casa esistevano delle bandiere tricolorate per la rivolta che doveva succedere, al quale effetto si erano creati il capo della rivolta e il suo aiutante, e fatta stampare in Milano la costituzione». Nella colonna Osservazioni manca l’indicazione: «Eseguita dalla polizia... si rinvenne»
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini. Eseguita dalla Polizia una perquisizione alla di lui casa nulla si rinvenne.
21. Bernardinelli. Scrittore della Pretura - di Salò.
Il Commissario di Polizia di Salò lo qualifica Massone, e di nessun attaccamento al Governo.
Identico in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. B, Fol. 44.
23. Bianchi Antonio. Prete - di Brescia.
Dagli atti assunti in via politica sopra segrete denunzie risultano dei sospetti di sua appartenenza alla Setta dei Carbonari, e ch’egli intervenga alle Adunanze, che si tengono nel Ateneo sotto il pretesto di Adunanze letterarie.
Osservazioni: S i stanno proseguendo le investigazioni.
31. Bottura o Buttura Battista. Ex Capitano della Guardia Reale pensionato - di Gardone, provincia di Brescia.
Da alcuni atti stati assunti sopra segrete denuncie portate alla Polizia di Milano sopra una temuta unione di Carbonari in Toscolano viene il Bottura indicato fra le persone sospette, che intervengono alle segrete unioni, che si tengono nel Palazzo all’Orzago (probabilmente Arzaga) dell’avv. Zuliani di Brescia, e del quale a suo luogo, sopra oggetti politici, e sulla corrispondenza che si mantiene con la Svizzera e Francia. L a Polizia di Brescia lo qualifica prudente e circospetto, di poca cultura e limitatissime condizioni, e che adotta questo contegno onde non perdere la pensione, di cui ha sommo bisogno per vivere.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. B, Fol. 41, la stessa notizia sopra un intervento alle riunioni di carbonari nel palazzo Zuliani, che però invece che da «atti assunti sopra segrete denuncie», si fa dipendere addirittura da informazioni «dei confidenti segreti Tonoli e Calcinardi». Segue testuale questo passo: «La polizia... per vivere» al quale è aggiunto: «ma però meritevole di particolare attenzione per le viste politiche»; manca l ’osservazione circa il proseguimento delle indagini.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
32. Boschetti Angelo, detto il Rosso. Già Commissario di Polizia in Padova, ed ora interveniente a Brescia - di Brescia
Altro di quegli, che intervengono alle suddette unioni nel Palazzo Zuliani. Il Regio Delegato Provinciale di Brescia osserva, che come Commissario di Polizia in Padova era l’esecrazione di tutti. Impiegato nei Tribunali fu dimesso sotto il cessato Governo per cattiva condotta. Vien considerato nemico di questo Governo, di talento, accortissimo, intrigante. E frequenta persone pregiudicate nella pubblica opinione sia in politica, sia in morale.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. B, Fol. 41, la stessa annotazione con le seguenti varianti: «Si riferisce come fonte della notizia circa l ’intervento alle riunioni Zuliani le informazioni dei confidenti Tonoli e Caicinardi»; e dopo: «vien considerato nemico di questo governo». Si aggiunge: «sebbene non siasi sbilanciato».
Osservazioni: Idem [Si stanno proseguendo le indagini].
40. Brasa. E x - capitano di Gendarmeria - di Lonato.
Dagli atti assunti in via politica dietro denunzie segrete relative alla temuta esistenza d ’una unione di Carbonari in Toscolano venne indicato fra le persone sospette, ed avverse all’attuale Governo anche questo Brasa, e si vuole, ch’egli pure sia intervenuto alle varie adunanze tenutesi nel palazzo dell’avvocato Zuliani di Brescia, di cui a suo luogo, alla Ariaga, nelle quali Adunanze si ragiona specialmente sulla corrispondenza, che si mantiene colla Svizzera e colla Francia intorno alle notizie politiche. La Delegazione Provinciale di Brescia però riferisce nulla constarle contro la di lui condotta morale e politica, se non la sua frequenza alle osterie, ed ai Caffè senza per altro eccedere né nel bere, né nello spendere.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. B, Fol. 41: «Certo Tonoli, segreto confidente della polizia, denunziò e confermò con esame che all’Arzaga nel Palazzo dell’avv. Zuliani di Brescia si tengono delle unioni segrete di persone pericolose per i loro principi politici, fra le quali nominò questo Brasa, le quali mantengono corrispondenza con la Svizzera e la Francia, di notizie politiche, circostanze che vennero confermate da altri segreti confidenti, Calcinardi padre e figlio, La polizia però riferisce... ecc. (continua come alla presente annotazione).
Osservazioni: Si sta proseguendo le indagini.
42. Buccelleni Antonio. Legale - di Brescia.
Dagli atti assunti sulle denuncie segrete, di cui al n° 40, viene indicato anche il Buccelleni fra le persone avverse al Governo, che frequentano quelle Adunanze, e specialmente quelle, che si tengono nell'Ateneo di Brescia sotto il pretesto d ’intrattenersi in materia di belle lettere.
È l’avv. Antonio Buccelleni di Brescia (1785-1864), che ha offuscato la sua fama di letterato con il tristo contegno, tutt’altro che eroico, tenuto durante i processi del 21. Confronta per questa parte G. Solitro, Nuovo contributo alla storia dei processi del 1821, in Rassegna Storica del Risorgimento, 1917, pagg. 18 e segg. per un cenno biografico e l’elenco delle sue opere: Commentari dell’Ateneo di Brescia 1876, pag. 81 e P. Guerrini in I cospiratori bresciani, cit., pagg. 656-660. In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. B, Fol. 41, dopo la prima riga nella quale è riportata in sunto la presente annotazione, si aggiunge: «ma non si ebbero fin qui che vaghe voci fra di loro contradittorie. Giuseppe Ronzoni lo indica per pubblica voce giacobino ed attaccato al governo francese. Il Regio Delegato di Brescia lo qualifica buon poeta ed onorato avvocato, e non molto commendevole per la sua morale condotta, propenso ai principi liberali, permettendosi talvolta dei discorsi imprudenti, sebbene la sua condotta durante la rivolta di Napoli e Piemonte non abbia offerto motivi di sospettare di lui. Egli è amico dei fuggiaschi Ugoni e di altri liberali». Altro moltissimo segue poi su quanto è stato deposto da altri a suo carico e sulla sua condotta nel corso del processo a fol. 541 e 900 dello stesso Reg. B. In Archivio di Stato, Milano, id. id., è sempre dato il nome Antonio anche a foglio 42 e a foglio 541 si aggiunge: «fu Francesco, già professore di storia e di eloquenza nel liceo di Belluno sotto il cessato governo». Nella colonna osservazioni, poi a foglio 42: «Detenuto». A foglio 541: «lì 23 giugno 1823, si mostrò disposto di tutto confessare qualora S. M. gli accordi l’intera incolumità» per cui lì 24 detto fu rassegnato rapporto alla «Istanza con parere affermativo. Fu graziato dell’impunità. Nel 1827 da denunzia abbassata da S. M. è di nuovo dato a sospetto, come federato e fautore de’ principi rivoluzionarj» e a foglio 900: «Per la veneratissima Sovrana risoluzione 24 maggio 1824 ottenne l’impunità, e fu rimesso in libertà riammettendolo all’Avvocatura».
Osservazioni: Si sta proseguendo le indagini.
43. Brentana Francesco. Possidente - di Bovegno, provincia di Brescia.
Qui è applicabile quanto si dirà pel Sacerdote Nicolini, sotto il n. 128 [129]: [Francesco Trainini depose d’aver in sul finire d’Aprile 1820 cammin facendo ritrovata una lettera presso il viale, che mette al Palazzo Balucanti vicino al Borgo delle Pile una lettera sottoscritta da Certo Nicolini, e che appariva indirizzata a certo Brentana di Bovegno. Lo scrittore di questa lettera, che appariva scritta il dì 6 aprile detto anno da Brescia palesava il suo amore ai principii della Carboneria, l’avversione contro il Governo, il suo giubilo per lo sperato trionfo della rivolta Piemontese, ed eccitava l’amico Brentana ad unirsi anch’egli per spargere nel popolo l’avversione contro il Governo e favorire la rivoluzione dei Piemontesi in questo Regno, alla quale impresa erano consacrati i Carbonari, ed il Conte Arrivabene di Mantova, del quale lo scrittore si diceva seguace. Questa lettera terminava colle parole: «Viva la Costituzione - Viva la Carboneria». Le indagini fin qui praticare quantunque non ancora finite dal Sig: R° Delegato Provinciale di Brescia eccitano il ragionevole sospetto, che la lettera suddetta fosse stata scritta da questo Sacerdote Nicolini, e che fosse stata smarrita da Francesco Brentana di Bovegno a cui era diretta. Si rilevò, che e l ’uno e l’altro aveano relazione cogli Ugoni, con Mompiani di Brescia, e colle altre persone già note per la loro avversione contro il Governo].
Identico in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. N, Fol. 237 vi è però la seguente aggiunta: «Una lettera di Mompiani a Confalonieri datata in Brescia lì 25 dicembre 1819, dice che l’amico Nicolini gli aveva fatto l ’inno e che in quel giorno si sarebbe fatta anche la cantilena, e che lo avrebbe portato a Milano, onde sostituirlo a tante frivolezze ed oscenità che si cantano sulle piazze dalla plebaglia.». La lettera è edita dal carteggio Confalonieri, II, pag. 182; ma il Nicolini che vi è nominato deve essere Giuseppe. In Archivio di Stato di Milano manca la notizia della ritrattazione del Trainini. È l’abate Gio. Battista Nicolini nominato nel 1820 insegnante nel Ginnasio di Brescia.
Identico nella sostanza in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. B, Fol. 46. Si aggiunge però nella colonna delle osservazioni: «In seguito, per ammissione dello stesso Trainini, tutto ciò che disse del Niccolini e del Brentana risultò tutto falso..
54. Caffarini. Chirurgo - della Provincia di Brescia.
D a alcuni atti assunti in via politica dietro denuncie portate sopra una supposta unione di Carbonari in Toscolano emerse, che fra le persone avverse al Governo si indicò pur questo, il quale anzi si vuole sia intervenuto ad un pranzo tenutosi poco tempo prima della rivolta Piemontese all’Orzaga in un palazzo dello Avvocato Zuliani di Brescia, del quale si parla a suo luogo, e nella qual occasione si vuole siasi stabilito di far scoppiare la rivolta anche in questo Regno, e creato persino il capo della medesima, e il suo aiutante, essendosi prima fatta provvista di Armi, e fatta stampar in Milano la Costituzione.
In Archivio di Stato, Milano, Reg. C, Fol. 53, la stessa notizia in termini più brevi, però sostituendo «segreti confidenti» a: «da alcuni atti desunti in via politica» e aggiungendo che il capo della progettata rivolta era Cesare Domeniceti. Manca poi la specificazione della «Provincia di Brescia» e l’osservazione che «si proseguono le investigazioni».
Osservazioni: S i stanno proseguendo le investigazioni.
68. Dolce Pietro [Pseudonimo di Barbieri Gaetano]. Nobil Uomo - Veneto, domiciliato in Milano. [Affiliato alla Loggia Reale Amalia Augusta di Brescia, vedi]- Spia politica austriaca.
Solera lo riconobbe in Ferrara reduce da Roma e Napoli. Gli narrò la esistenza di varie Società Segrete nel Regno di Napoli, ed in Roma specialmente, di cui diceva esser venuto in cognizione col mezzo di certo Frediani di Roma, fra le quali nominò la Carboneria, la Società dei Concistoriali, e quella dei Guelfi, della qual’ultima mostrava di conoscere il catechismo sparso da Lord Bentink. Non gli disse però di appartenere ad alcuna di quelle sette. Tommasi seppe dall’avv.to Alessandro Taveggi spedito a Milano per istituirvi il guelfismo nel 1817, ch’egli avea concertato l’occorrente con questo Dolce, e vide delle lettere di questi al Taveggi, in cui si lagnava del ritardo a mandargli queste carte, ma che però nulla avvenne. Citato il Dolce per essere esaminato S. E. il Signor Presidente del Governo di Milano lo accompagnò con una nota qualificandolo zelante confidente della Polizia. Sentito questo Dolce dalla Commissione chiese di essere dispensato dal rispondere dichiarando di aver il tutto fatto conoscere al Governo di Milano, per cui rivoltasi la Commissione in data 12 marzo 1820 alla II Istanza per aver i rapporti ch’egli avesse presentati in proposito di Segrete Società, ebbe la stessa sotto li 3 aprile successivo a rescrivere essere stato rassegnato rapporto al Sig. Presidente dell'Aulico Dicastero di Polizia.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. D, Fol. 59, annotazione identica nella sostanza salvo che dopo: «qualificandolo zelante confidente della Polizia» aggiunge: «e chiedeva che il suo esame non si estendesse, per quanto è possibile, alle segrete di lui relazioni con le autorità lombarde». Si tratta del noto spione il cui nome ricorre frequente nei carteggi riservati delle autorità lombarde, dalla restaurazione al 1825 circa. Per il Frediani e il movimento che si appoggiava alle speranze sul Bentink e sull' Inghilterra cfr. D. Spadoni, Gli Statuti della Guelfia, in Rassegna Storica del Risorgimento, 1924, pag. 704 e lo stesso. I l sogno unitario e wilsoniano d'un patriota nel 1814-15, ivi, 1926, pag. 341. Su Pietro Dolce cfr. ancora A. Luzio, La massoneria e il Risorgimento Italiano, Bologna, 1925, Voi. I, pagg. 64-68 a pagg. m -1 2 3 , ivi, è pubblicato un suo rapporto ; altri sono largamente riassunti dallo stesso Luzio in Archivio Storico Lombardo, 1917, pagg. 307-323.
70. Domenicetti Cesare. Possidente - di Bedizzole provincia di Brescia.
Da alcuni atti assunti in via politica dietro denunzia portata sopra la supposta esistenza d'una unione di Carbonari in Toscolano viene indicato anche questo fra le persone avverse al Governo, e fra quelli, che intervennero al pranzo tenutosi all’Urzaga poco tempo prima della rivolta Piemontese, e durante il quale si pretende siasi trattato e conchiuso di tentarla anche in questo Regno, essendosi anzi creato Capo questo Dominicetti, e certo Folli in suo Aiutante.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. D, Fol. 63, manca la qualifica di possidente e si fa dipendere l’informazione sulla sua presenza al pranzo dell’Arzaga e sui discorsi tenuti da «Segreti confidenti», anziché da «atti assunti in via politica». Segue poi: «Aggiungono che quelle persone mantengono un’estesa corrispondenza colla Svizzera e in Basilea, la quale forma poi l'oggetto delle loro discussioni. Presso Antonio Panigada si trovò una lettera concepita in lingua inglese, come credesi, datata in Sant’Elena 14 aprile 1822 diretta ad Antonio Panigada, cui è sottoscritto certo B. Dominicelli. La Polizia disse che lo scrivente di questa lettera è oriondo della provincia di Brescia, ove recossi lo scorso anno, 1821, per conciliare alcune pendenze famigliari, e da dove partì nel gennaio 1822 come attaccato al servizio inglese. Allorché nel 1823 seguirono nella provincia di Brescia varii arresti di persone indiziate di aver participato alla congiura del 1821, la Polizia riferisce essersi diffusa la voce che sarebbe stato arrestato anche questo Domenicetti, il quale è noto al pubblico per la parte da esso presa nella rivoluzione bresciana nel 1797. Bucceleni lo qualifica antico rivoluzionario, ora vecchio, ma pieno di fuoco ed eloquente».
Osservazioni: S i stanno proseguendo le indagini.
75. Foresti Bono. Ispettore ai boschi di Vestone - di Bozzo [Brozzo]in Valtrompia, abitante in Vestone.
Dagli atti assunti in via politica dietro le denunzie segrete portate bonari in Toscolano venne indicato anche questo Foresti fra le persone avverse al Governo, e che frequentano le unioni, che si tengono all’Orzaga nel palazzo dell’Avvocato Zuliani di Brescia per ragionare sulla corrispondenza, che si mantiene nella Svizzera, ed in Basilea sulle politiche notizie, ed in una delle quali anzi in epoca vicina alla rivolta del Piemonte si vuole siasi stabilito di far scoppiare la rivolta anche in questo Regno sull’esempio di Napoli, creatore il Capo, e stampato perfino la Costituzione, e preparate le armi, nella quale unione si pretende sia egli pure intervenuto. Le informazioni date sul di lui conto dalla R. Delegazione Provinciale di Brescia sul suo conto non possono però essere più lodevoli, escludendo perfino ogni dubbio sul suo attaccamento all’imperante Casa d'Austria.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. F, Fol. 92, analoga annotazione, ma anche qui alle parole: «segreti confidenti», della registrazione originale, è sostituita la forma: «dagli atti assunti» del resto il primo periodo corrisponde per la sostanza e il secondo è identico nella sostanza e nella forma. Segue però: «Il dottor Bazza disse di aver trascritta un’ode (riprovevole) in morte di Napoleone, che fu perquisita all’ex colonnello Moretti, dietro la recita fattagliene da questo Foresti, il quale ammette di avere avuto questa ode copiandola al tavolo del parroco di Tuzzino Costardi, ma nega di averla comunicata al Bazza, ma sibbene a Francesco Foresti, impiegato presso la R. Pretura di Vestone, il quale lo conferma, aggiungendo avere avuto quest’ode dal sig. Bono Foresti, e d ’averla poi comunicata al Bazza dietro replicate sue istanze, indi abbruciata per timore di compromettersi. Angelo Rinaldini lo suppone federato per i principj politici da esso esternati sotto il cessato Governo Italiano essendo stato comandante delle Guardie nella Valtrompia e per le sue relazioni d’amicizia con Lelio Fenaroli e crede anche col Conte Cigola di Brescia. Buceleni qualificandolo ardente repubblicano fin dal 1797 lo indica fra i liberali rimarchevoli per educazione e influenza». Per Bono Foresti, cfr. 1’ elenco dei Massoni pubblicato dal Luzio, La Massoneria e il Risorgimento Italiano, Bologna, 1917, Voi. I, pag. 134, dove è detto: «di anni 60 (1830) e la nota di massoni a Brescia anteriormente al 1821 in I Cospiratori bresciani del 1821 cit., pag. 225. L ’ode in morte di Napoleone della quale qui si accenna è pubblicata in A. Zanelli, I l processo del dott. G. B. Bazza, in Rassegna Storica del Risorgimento, 1928, pag. 656. cfr. in proposito anche ivi pag. 629 e G. Solitro, Un martire dello Spielberg - I l Colonnello Silvio Moretti, Verona, 1906, pag. 46. Quanto ad Angelo Rinaldini e al Conte Alessandro Cigola e alla loro condotta poco brillante nei processi del 1821, cfr. G. Solitro, Il nuovo contributo alla storia dei processi 1821 e I Cospiratori bresciani, pagg. 607-611.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
76. Fossati Pietro. Cancelliere della R. Pretura di Salò - di Toscolano abitante a Salò.
Dai suddetti atti vien pur indicato fra le persone sospette di Carboneria anche questo Fossati, ed il Commissario di Polizia di Salò lo indica antico Massone.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. F, Fol. 92, «Segreti confidenti lo indicarono come Carbonaro della vendita che si suppone esistere in Toscolano. Dalle risultanze fin qui assunte, nulla emerse oltre questa confidenza; risultò peraltro che egli era massone e stava in relazione con il conte Luigi Lechi, avendo anche un giorno pranzato nella di lui isola del Lago, nella festa del Corpus Domini del 1820, ove si vuole si tenessero delle sospette unioni».
84. Gatteri Francesco di Sermione Sirmione], Provincia di Brescia.
Qui è applicabile quanto si disse per Boschetti e Bottura.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. G, Fol. 117, identica annotazione.
91. Gilibardi Germano. Possidente e trafficante - di Calcinato.
Dagli atti assunti in via politica dietro segrete denuncie portate sopra una supposta esistenza di unioni di Carbonari in Toscolano emesse il sospetto, che anche questo Gilibardi frequenti certe unioni di persone sospette, che si tengono in casa di certo Arrighi, di cui si parla a suo luogo, ove si vuole, che esistessero delle bandiere tricolori preparate per la rivolta. L a R. Delegazione Provinciale di Brescia nell’atto che dichiara, che la pubblica opinione non lo ritiene affatto all’attuale ordine di cose somministra di lui la più favorevole descrizione della sua condotta.
In Archivio di Stato, Milano id. id., Reg. G, Fol. 117. Allo stesso nome e colla stessa condizione sociale e patria, si ha: «Un segreto confidente dichiarò di avere inteso da questo Gilibardi che al pranzo tenutosi nel marzo 1820 in epoca prossima alla rivoluzione Piemontese all’Arzago nel palazzo dell’Avvocato Zuliani di Brescia, si pensò di tentare la rivolta anche in questo Regno ed anzi si creò Capo dell’insurrezione Cesare Domenicetti di Bedizzole». L a nota del presente elenco relativa al Gilibardi si trova invece riportata alla partita Gola, salvo le varianti indicate più avanti. Manca l’osservazione che «Si proseguono le indagini»
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
Giuliani. Avvocato - di Brescia.
Vedi: Zuliani [(?)Zuliani non è in elenco].
92. Gibelli. Capitano sotto il cessato Governo Italiano - Lombardo come si crede.
Gaetano Gulinelli lo indica Massone osservando, che durante l’ultimo blocco di Venezia tentò d’aggregare esso pure a questa Setta.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. G, Fol. 118 dove dopo le parole «a questa setta», si aggiunge: «ma ei vi si rifiutò» e nella colonna delle osservazioni: «Le molte menzogne di costui non lasciano dar molto peso a questa sua deposizione».
93. Gola Giovanni. Già ff. [facente funzioni] di Vice Prefetto - Ora segretario della Fabbriceria e Congregazione di Carità di Salò - di Salò.
Dagli atti assunti in via politica, come al n° 90 vien pure indicato questo Gola fra le persone avverse al Governo, che frequentavano le dette unioni in casa Arrighi.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. G, Fol. 117. Qui è la nota che nel presente elenco segue al nome di Gilibardi, salvo la fonte della notizia, che invece che ad: «Atti assunti in via politica» si attribuisce addirittura a: «Un segreto confidente», che: «rivelò per detto altrui», e salvo che la preparazione delle bandiere tricolori» si riferisce all’epoca della rivoluzione piemontese».
99. Lechi Conte Luigi. Possidente - di Brescia.
Da alcuni atti assunti in via politica dietro le segrete denunzie portate sopra la supposta esistenza d'alcuni Carbonari in Toscolano viene indicato anche questo Lecchi fra le persone avverse al Governo, e sospette di Carboneria. Fu fatta una domiciliare perquisizione nella sua Isola del Lago, e gli fu trovata dalla Polizia una piccola stamperia volante di caratteri minuti, che fu asportata (97).
Osservazioni: Si stanno proseguendo le investigazioni.
100. Lechi Conte Giuseppe. Ex-Generale Idem.
Maroncelli intese da Pellico, che questi avea confidato a questo Lechi il loro progetto di piantare in Milano la Carboneria, e lo avea trovato disposto a cooperarvi. Pellico depose, aver parlato con Lecchi [altra denominazione di Lechi] sulla rivolta di Napoli, che il Lecchi la approvava, ed aggiunse, che dal volto del medesimo gli parve di poter desumere, che anche Lechi sarebbe favorevole alle viste della Carboneria qualor se gliene avesse parlato, ma non volle ricordarsi d’avergliene in effetto parlato. Laderchi sentì che si volea parlare della Carboneria ad uno dei Lecchi.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., R. L, Fol. 512. Questa annotazione corrisponde ai primi tre periodi della partita omonima. Seguono però a foglio 152 e a foglio 191 altre copiose notizie sulla presunta attività del Lechi nella cospirazione del 1821, ricavate dalle diverse deposizioni nel corso dei processi di Milano. Nella colonna delle osservazioni: «Fratello di Luigi». Sul Conte Giuseppe Lechi (n. 1766, m. 1836) cfr. A. Lumbroso, I l Generale d’Armata Conte T. Lechi e la sua famiglia, in Rivista storica del Risorgimento, 1898- 1900, pag. 352, Carteggio Confalonieri, a cura di G. Gallavresi, I, nota a pag. 400; U. Da Como, La Repubblica Bresciana, cit., pag. 278.
102. Locatelli Domenico. Già impiegato presso la cessata Corte - di Brescia.
Da alcuni atti assunti in via politica dietro le denunzie segrete portate sopra la supposta esistenza d’una vendita Carbonica in Toscolano, viene indicato fra le persone sospette di appartenere alla Carboneria, e che interviene alle Adunanze che si tengono in un Sotterraneo dell’Ateneo di Brescia.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. L, Fol. 158. Si riferisce la fonte della notizia anziché ad «atti assunti in via politica» sull’esistenza di vendita carbonica, a: «Segreti confidenti». Si aggiunge: «Giuseppe Ronzoni lo indica per pubblica voce attaccato al governo francese».
120. Monti. Aggiunto alla Pretura di Salò - Salò.
Il Commissario di Polizia locale lo indica Massone, e di nessun attaccamento al Governo.
Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. M, Fol. 177.
125. Moretti Silvio. Ex-Colonnello - Abitante in Sabio in Valsabia [Sabbio in Valsabbia].
Giacomo Adeodato Rezia il dì avanti l’abdicazione del Principe di Carignano seppe da lui, che andava a trovare il General Pino, e sentì poscia che in barca avea dichiarato, che andava in Svizzera. Francesco Rezia lo conferma per altrui relazione colla differenza aver egli in barca dichiarato che andava in Piemonte. Da alcuni atti politici emerse il sospetto sulla sua qualità di Carbonaro, e che abbia in epoca prossima alla rivolta Piemontese avuto parte alla congiura, che si vuole essersi ordita nella Provincia di far scoppiarvi la rivolta, e ch’egli abbia a tal uopo scritto ai Deputati delle Vallate di Brescia per avere persone atte alle armi, avendo preparati in Brescia 10.000 fucili.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. M, Fol. 213, le stesse notizie con varianti di forma e maggiore ampiezza di particolari. Segue poi allo stesso foglio 213 e a foglio 724 dello stesso Registro, un altro centinaio di righe che comprende il sunto delle informazioni e delle deposizioni raccolte a carico del Moretti nel lungo processo chiuso per lui con la condanna a 20 anni di carcere duro. Nel Registro milanese è aggiunta la qualifica di ex sacerdote. Sul Moretti nato il 17 luglio 1772, morto il 21 agosto 1832 in prigionia allo Spielberg, cfr. l ’opera esauriente di G. Solitro, Un martire dello Spielberg, il Colonnello Silvio Moretti, Padova, 1910, e Dalle fosse dello Spielberg, Silvio Moretti, dello stesso Solitro in Brescia, Risorgimento, cit., pag. 119. Il Luzio in Processo Pellico-Maroncelli, pagg. 490-501, pubblica il drammatico confronto del Moretti con i suoi coaccusati bresciani, causa della di lui condanna.
Osservazioni: Fu condannato nel 1815 come involto nella congiura di Milano. Fu testé arrestato come involto nella congiura Piemontese. G. Alfredo - nel registro di Milano è stato corretto Alfredo prima era Adeodato.
129. Nicolini Gio. Battista. Sacerdote maestro al liceo di Brescia. - Nativo di Colleo [Collio], distretto di Valtrompia, Abitante in Brescia.
Francesco Trainini depose d’aver in sul finire d’Aprile 1820 camin facendo ritrovata una lettera presso il viale, che mette al Palazzo Balucanti vicino al Borgo delle Pile una lettera sottoscritta da Certo Nicolini, e che appariva indirizzata a certo Brentana di Bovegno. Lo scrittore di questa lettera, che appariva scritta il dì 6 aprile detto anno da Brescia palesava il suo amore ai principii della Carboneria, l’avversione contro il Governo, il suo giubilo per lo sperato trionfo della rivolta Piemontese, ed eccitava l’amico Brentana ad unirsi anch’egli per ispargere nel popolo l ’avversione contro il Governo e favorire la rivoluzione dei Piemontesi in questo Regno, alla quale impresa erano consacrati i Carbonari, ed il Conte Arrivabene di Mantova, del quale lo scrittore si diceva seguace. Questa lettera terminava colle parole: Carboneria». Le indagini fin qui praticare quantunque non ancora finite dal Sig: R° Delegato Provinciale di Brescia eccitano il ragionevole sospetto, che la lettera suddetta fosse stata scritta da questo Sacerdote Nicolini, e che fosse stata smarrita da Francesco Brentana di Bovegno a cui era diretta. Si rilevò, che e l ’uno e l’altro aveano relazione cogli Ugoni, con Mompiani di Brescia, e colle altre persone già note per la loro avversione contro il Governo.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. N, Fol. 237 vi è però la seguente aggiunta: «Una lettera di Mompiani a Confalonieri datata in Brescia lì 25 dicembre 1819, dice che l’amico Nicolini gli aveva fatto l ’inno e che in quel giorno si sarebbe fatta anche la cantilena, e che lo avrebbe portato a Milano, onde sostituirlo a tante frivolezze ed oscenità che si cantano sulle piazze dalla plebaglia.». La lettera è edita dal carteggio Confalonieri, II, pag. 182 ; ma il Nicolini che vi è nominato deve essere Giuseppe. In Archivio di Stato di Milano manca la notizia della ritrattazione del Trainini. È l’abate Gio. Battista Nicolini nominato nel 1820 insegnante nel Ginnasio di Brescia.
Osservazioni: In seguito Trainini ritrattò la sua deposizione dandole un altro colore.
141. Pighetti. Ex-Capitano - di Salò.
Da alcuni atti assunti in via politica sulle segrete denunzie portate intorno ad una supposta vendita Carbonica in Toscolano risultò, che in epoca prossima alla rivolta Piemontese si avesse destinato di eccitarla anche in Lom bardia, con preparazione di armi, di bandiere tricolori, e perfino della Costituzione, e che questo Pighetti sia intervenuto al pranzo, in cui Cesare Dominicetti nel Palazzo dell’Avvocato Zuliani all’Arzaga fu nominato Capo della rivolta.
Le stesse risultanze esposte in forma diversa in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. P, Fol. 292: segue nel Registro Milanese: «Emerse ancora che le persone che convengono in quel palazzo sono tutte di decisa avversione all’attuale Governo, e mantengono corrispondenza nella Svizzera, e specialmente in Basilea. Il R. Delegato di Brescia lo indica tra gli ex militari che meritano particolare attenzione per le viste pubbliche».
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini
Righi Antonio di Salò.
Vedi Arrighi Antonio: [Dagli atti suddetti fu per altrui detto indicato per Carbonaro questo Arrighi, e si vuole che in di lui casa esistessero delle bandiere tricolori preparate per la rivolta, che si vuole essersi stabilito di fare scoppiare in Lombardia dopo la rivoluzione di Napoli da alcuni sospetti Carbonari di Brescia, Toscolano, Salò e loro vicinanze, come si vuole, che si fossero preparate delle armi, e fatta stampare la Costituzione da proclamarsi, e che ad un pranzo tenutosi nel palazzo dell’avv. Zuliani, di cui a suo luogo, siansi perfino nominati il Capo dei rivoltosi, ed il suo Aiutante].
160. Rosini Giovanni. Orologiaro. Di Brescia,
Da alcuni atti assunti in via politica dietro le segrete denunzie portate sulla supposta esistenza d’una Vendita Carbonica in Toscolano emerse, che uno dei sospetti era questo Rosini, nella di cui bottega anzi si vuole, che concorressero molti di questi individui, e fra questi i Conti Lecchi.
Eguale, con varianti puramente di forma, in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. R, Fol. 349. È lo stesso Rossini orologiaio di Brescia al quale si riferisce il rapporto indicato da G. Solitro, Nuovo contributo alla storia dei processi del ’21, in Rassegna storica del Risorgimento, 1917, pag. 15.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
163. Samueli Pietro. Direttore del negozio di Carta della Ditta Pellegrini - di Toscolano.
Da alcuni Atti assunti in via politica dietro segrete denunzie portate sulla supposta esistenza di una Vendita Carbonica in Toscolano risultò il sospetto, ch’ei ne fosse il bidello per confidenza di lui medesimo. L a R a Delegazione Provinciale di Brescia lo descrive di fama perdutissima, essendo già stato condannato per falso commesso in due cambiali; aggiunge però che ora la sua condotta non diede mai motivo di sospettarlo involto in politiche macchinazioni. Sentito il Samueli ammise d ’essere stato interrogato da una persona sulla supposta esistenza della predetta Società in Toscolano, e la risposta datale sulla voce comune sparsa, che la Polizia potesse ciò essere stato denunziato, e che anch’esso Samueli potesse essere stato compreso in questa denunzia, ma vuole averle in pari tempo soggiunto, che il tutto era una calunnia.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. S, Fol. 387 la stessa annotazione con le seguenti varianti, oltre ad altre puramente di forma e quindi trascurabili: invece «e ch’ei ne fosse il bidello per confidenza di lui medesimo» — «viene indicato per bidello della stessa da un denunciante per confidenza fattagli da lui stesso»; invece di «La R. Delegazione di Brescia 10 descrive» — «La Polizia lo indica»; invece di «Sentito... ammise di essere stato interrogato da una persona» — «ammise di essere stato interrogato da un certo Calcinardi». Infine manca nella colonna delle «Osservazioni» la dichiarazione che si proseguono le indagini.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
164. Sabati o Sabatti Antonio. Cavaliere. Presidente della Camera dei Conti sotto il cessato Regno Italiano, ora membro della Commissione all’ornato - di Brescia.
Dagli atti suddetti risultò il sospetto, che certo Sabati ex-Podestà di Valtrompia ne fosse un membro della supposta Vendita Carbonica di Toscolano, ed avesse anzi fatto parte del pranzo tenutosi in epoca prossima alla rivolta del Piemonte nel palazzo dell’ A v v.to Zuliani di Brescia all’Arzaga, ove intervennero persone tutte avverse all’ attuale Governo, ed ove si pretende sia stato deciso di eccitar la rivolta anche in Lombardia, creandone Cesare Dominicetti per Capo e disposto l’occorrente col mezzo di Silvio Moretti per aver armi, e per la stampa della Costituzione. Il R. Delegato di Brescia osserva, che non vi fu mai Podestà in Valtrompia, e che fra i vari cognomi Sabati esiste pur questo, che descrive per uomo di talenti, e di amore per il suo paese, amico del cessato Governo, ma prudente, stimato, e in niun modo censurabile.
Identico quanto alla sostanza in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. S, Fol. 395; quivi però è aggiunto (dalla stessa mano, ma posteriormente): «Il conte Martinengo, qualificandolo tranquillo, disse per altrui relazione che 11 Sabati, fu da taluno tentato onde entrasse nei piani politici dei cospiratori, ma che vi si rifiutò. Antonio Dossi seppe da Filippo Ugoni che questi volea parlare al Sabati della Federazione. Rinaldini ignora se gli sia stato parlato della Federazione; non lo crede, perché egli è timido e lo qualifica attaccato al cessato sistema italiano e di principii liberali. Bucelleni lo indica fra i liberali decisi ed influenti che si riuniscono al Casino detto dei Gobbi vicino al teatro, osservando ch’egli fu uno dei 3 presidenti della ex Repubblica Italiana, e massone; aggiunge ch’egli è timido, minuto d’ingegno e guardingo. È Antonio Sabatti (1766-1843) che ebbe parte attiva nella vita pubblica durante il periodo napoleonico; cfr. Casini, Ritratti e Studi, cit., pag. 418; Luzio, La Massoneria, cit., I, pag. 143 ; I Cospiratori Bresciani de' ‘21, cit., pagg. 207-209 e 228. Il Sabatti fu membro del quarto Direttorio della Cisalpina (19 ott. - 14 die. 1798), non «uno dei 3 presidenti», come afferma il Bucelleni. Il Registro milanese ha Sabatti e così i vari documenti.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
165. Sabati Gaetano o Sabatti. Già Sindaco di Gardone dal 1813 al 1815 - Idem.
Qui è applicabile quanto si è detto per l’altro Sabati sulle risultanze circa la Vendita di Toscolano. Il R° Delegato di Brescia osservò, che questo Sabati sofferse censura pubblica negli anni decorsi riguardo alla condotta morale, ma si ravvidde in seguito; lo dichiara di liberi pensamenti, ma non opposti all’idea di buon Suddito, et attaccatissimo all’attuale Governo.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. S, Fol. 43. A n che qui il registro milanese ha Sabbati, non Sabati.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
169. Svanini Domenico. Ex-Maggiore sotto il cessato Governo Italiano - di Brescia.
La Direzione Generale di Polizia di Milano fece conoscere, che nell'Autunno 1820 questo Svanini munito di passaporto Svizzero per Genova fu in casa dei fratelli Resia di Bellaggio, e che pareva si volesse recare a Napoli, ma invece si recò in Piemonte, ove prese parte all’ultima rivolta scoppiata in quel Regno dirigendo il corpo dei giovani studenti raccolti in Alessandria, e poscia in Torino sotto la denominazione di Federati. Giacomo Adeodato Resia disse di non conoscerlo, ma aver inteso dal brigadiere della Gendarmeria di Bellaggio, che egli era di là passato per recarsi a Napoli (167).
Osservazioni: Altro degli assenti Contro cui fu decretato l’arresto dalla Commissione di Milano siccome implica to nella rivolta Piemontese.
172. Tenchetta Paolo di Lonato.
Da alcuni atti assunti in via politica dietro le segrete denunzie portate sulla supposta esistenza d ’una Vendita Carbonica in Toscolano, risultò il sospetto, che egli abbia assistito ad un pranzo tenutosi all’Arzaga nel Palazzo dell’Avvocato Zuliani di Brescia, ove si vuole essersi eletto Cesare Dominicetti in Capo della rivolta, che si m editava di fare scoppiare in Lombardia pochi giorni pria dello scoppio di quella del Piemonte. L a R a Delegazione Prov.le di Brescia lo qualifica di perduta fama, di depravata condotta, e sospetto in politica.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. T, Fol. 422. Si aggiungono le seguenti altre informazioni: «Rinaldini lo crede federato, senza però poter dare alcun fatto. La polizia riferisce che essendosi eseguiti nella provincia di Brescia alcuni arresti d’ordine della Commissione di Milano nel 1823, si sparse tosto la voce che sarebbe stato arrestato anche questo Tenchetta, già noto al pubblico per la parte da esso presa alla rivoluzione bresciana del 1797. Bucceleni infatti lo qualifica rivoluzionario antico, addetto al generale in capo nell’invasione veneta, sussurrone, diffamato ed abitualmente ebrioso».
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
173. Tobanella Girolamo. Già Sacerdote, Capitano riformato - di Salò.
Anche questi è sospetto d’essere intervenuto al detto pranzo. La R. Delegazione Prov.le di Brescia lo descrive uno dei principali fautori delle rivoluzioni, che distrussero il Veneto Dominio, uomo di carattere feroce, che nella qualità di Relatore presso le Commissioni Militari, ed i Tribunali speciali del cessato Governo non sapea pronunziare, che morte, avverso all’attuale Governo, irreligioso, scostumato, inviso alla popolazione, e non tratta che ex-Militari.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. T, Fol. 422, dove però, posteriormente, si aggiunge: «Il Commissario di polizia di Brescia riferisce che allorquando seguirono gli arresti dell’ex tenente colonnello Ventura ed altri Bresciani, successe qualche agitazione fra diversi militari privati, ed in specialità si osservò questa agitazione nel capitano Tobanelli». Il registro milanese ha Tobanelli, non Tobanella
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
174. Toli Pietro Bortolo. Già caporale sotto il cessato Governo Italiano. - Bresciano.
Dagli atti suddetti risultò il sospetto, che il Toli sia stato al citato pranzo nominato Aiutante del Capo di quella rivolta, che in Lombardia erasi stabilito di fare scoppiare qualche giorno prima dello scoppio di quella del Piemonte.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. T, Fol. 422.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
178. Uberti Uberto. Già Segretario Gen.le della Prefettura - di Brescia.
Dagli atti assunti in via politica dietro segrete denunzie portate sopra la supposta esistenza d ’una Vendita Carbonica in Toscolano emersero dei sospetti, che questo Uberti ne sia membro, e ne frequenti le unioni.
In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. U, Fol. 435, dopo «e ne frequenti le unioni» continua: «che si tengono in un sotterraneo dell’Ateneo di Brescia, avendo inoltre deposto Giuseppe Ronzoni, ch’egli viene tenuto per Giacobino ed attaccato al Governo francese. La Polizia riferiva il i° luglio 1823 che essendo di quei giorni seguiti nella Provincia di Brescia d’ordine della Commissione di Milano alcuni arresti, si sparse tosto la voce che sarebbe stato arrestato anche questo Uberti». Il nome di Uberto Uberti è compreso insieme a quello di suo fratello Giovanni nell’elenco dei massoni bresciani anteriormente al 1821 in “I cospiratori Bresciani”, cit., pag. 229 e nell’elenco di ex massoni riferibile al 1831 pubblicato dal Luzio, La Massoneria e il Risorgimento Italiano, cit., Voi. I, a pag. 145.
Osservazioni: Si stanno proseguendo le indagini.
179. Ugoni Camillo. Barone del cessato Governo Italiano, Conte - Idem.
Pellico, Maroncelli e Laderchi depongono, che si contava di aver aderente alla Carboneria anche questo Ugoni attesi i noti suoi principi liberali. E gli favoriva la scuola di mutuo insegnamento, altro dei mezzi con cui i Settari di Milano avevano divisato di propagare i principi liberali. R accomandò al Conte Giovanni Arrivabene (altro liberale) di Mantova certo Barone Chiaranda Fridoni Siciliano con lettera, in cui lo descrive di principi] liberalissimi, gli venne trovata una lettera del Conte Porro, in cui gli annuncia che Arrivabene gli avrebbe spedita l’ode pubblicata dai Napoletani in lode della loro rivolta, e colla quale si procurava d ’ispirare avversione contro i Governi Monarchici.
Identico nelle prime cinque righe della partita Camillo Ugoni in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. U, Fol. 434. Nel registro milanese però seguono altre 5 righe allo stesso foglio 434 e una settantina circa a foglio 439 nelle quali sono riassunte tutte le notizie sulla partecipazione dell’Ugoni alla cospirazione, in base alle deposizioni del Borsieri e dei Bresciani. Nella colonna «Osservazioni» si registra la fuga dell’Ugoni, l’aprimento della speciale inquisizione contro di lui (6 luglio 1722) e il suo soggiorno successivamente a Zurigo, a Bruxelles, nell’Inghilterra. Su Camillo Ugoni vedi tra altro, Laura Seneci, Un letterato patriota della prima metà dell’ottocento, Brescia, 1921 e M. Battistini, Lettere di Camillo e Filippo Ugoni a Luigi De Potter, in Commentari dell’Ateneo di Brescia, 1931, pag. 393 e sgg. Il titolo di barone gli era stato conferito da Napoleone con lettere patenti 17 gennaio 1812 come membro del Consiglio comunale di Brescia.
Osservazioni: Dall’inquisizione della Commissione di Milano risulta sospetto di aver avuto parte nella rivolta Piemontese. Si rese fuggitivo.
180. Ugoni Filippo. Conte - di Brescia.
Pellico, Maroncelli e Laderchi deposero che si contava d’aver aderenti alla Carboneria anche questo Ugoni attesi i noti suoi principi liberali, ed il suo particolare entusiasmo. In tre lettere perquisite al Conte Giovanni Arrivabene scrittegli da questo Ugoni egli si vanta d’essere liberale. In altra lettera perquisita al di lui fratello Camillo, e scritta da questo Filippo encomia la scuola di mutuo insegnamento dicendo, ch’ella dispone con mirabile celerità la generazione attuale a sollevare la fronte dal suolo, e a riconoscere i suoi doveri ed i suoi diritti. Si trovò fra le carte di Camillo Ugoni un istrumento di vendita fatta da questo Ugoni al detto suo fratello Camillo di tutto il suo avere, che si ritiene fittizia. Arrivabene Co : Giovanni depose avergli scritto una volta questo Ugoni, ch’egli avea combinata con suo zio una Costituzione. E gli istituì in Brescia la scuola di mutuo insegnamento.
Anche per Filippo Ugoni le note riportate nel presente elenco corrispondono appena alle prime 6 righe e mezzo della relativa partita in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. U, Fol. 434. Seguono allo stesso foglio 434 altre 7 righe e 125 righe circa a foglio 858 nelle quali sono riportate le risultanze circa l’andata dell’Ugoni in Piemonte, la parte da lui presa nella preparazione dell’insurrezione nel Bresciano e la sua relazione cogli altri cospiratori. Nella colonna delle «Osservazioni» oltre la notizia della fuga e dell’apertura dell’inquisizione speciale, si ha menzione della sua condanna a morte in contumacia. Su Filippo Ugoni cfr. Battistini, cit., e n. bibliografica in Sandonà, Contributo, ecc. in Risorgimento Italiano, 1910, pag. 610 ; per la fuga specificamente, vedi Albertina Vezzoli, La fuga di un patriota bresciano del 1821, in Lombardia nel Risorgimento, 1933, gennaio, pag. 69.
Osservazioni: Milano ha aperto contro di lui il giudizio edittale per partecipazione alla rivolta Piemontese scoppiata nel marzo 1821.
183. Veludari Giuseppe. Oste - di Salò.
Da alcuni atti assunti in via politica dietro le segrete denunzie portate sopra la supposta esistenza d’una Vendita Carbonica in Toscolano emersero dei sospetti, che in casa di Antonio Arrighi di Salò vi fossero state delle bandiere tricolori preparate per la rivolta, che si vuole essersi stabilito in Lombardia di far scoppiare alcuni giorni pria di quella scoppiata in Piemonte, e che questo Veludari era una delle persone sospette, che frequentavano quella casa.
Identico in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. V, Fol. 456, dove però segue: «Si vuole anche ch’egli abbia avuto la temerità di parlare sulla pubblica piazza nel 1821 della rivoluzione come di una cosa immancabile e d’indicare varie persone di cui doveasi liberarsi pel loro attaccamento all’Austria. La politica Autorità lo qualifica fautore dei principi liberali, giovane scioperato, dato al bel tempo ed agli intrighi amorosi, e di nessuna politica influenza». Inoltre nel registro milanese è cancellato «oste» e sostituito con «artista» che poi alla sua volta è pure cancellato e sostituito con «calzolaio e possidente».
Osservazioni: Si stanno proseguendo le investigazioni.
189. Zaglio Luigi. Piccolo possidente - di Gargnano.
Da alcuni atti assunti in via politica dietro le segrete denunzie portate intorno alla supposta esistenza d’una Vendita Carbonica in Toscolano emersero dei sospetti, che anche il Zaglio appartenesse a quella Setta, e che abbia fatto parte del pranzo tenutosi in casa dei fratelli Faustino, e Luigi Andreoli, al quale intervennero tutte persone sospette, e ch’egli suole pur frequentare l’isola del Lago dei Conti Lecchi [diversa denominazione dei conti Lechi], altro dei luoghi, ove convengono persone sospette.
Identico in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. Z, Fol. 469. Segue però: «Ed il detenuto Buceleni, parlando di certo Zaglio della Riviera di Salò, lo qualifica dissipato ed ardito, e lo indica fra i giovani liberali più rimarcabili che convengono in Brescia nel caffè detto il Bottegone, arditi nei loro discorsi, imprudenti, e che si fanno scherno di tutto ciò che è legale e religioso».
192. Zoradelli Giuseppe. Studente di Pavia - Bresciano.
Laderchi depose, che dietro l’intenzione manifestatagli da Maroncelli di voler aggregare alla Carboneria questo Zoradelli, gli tenne una sera un discorso generico astratto sulla Carboneria, e che avendo dalle risposte conosciuto ch’ei non palesava alcun desiderio d ’appartenervi ammise ogni più concreta ricerca. Maron fidato d’aver conosciuto costui come l’unico adatto alla Società, e che gliene parlò nell’autunno 1819 a Milano, ma vi si rifiutò riservandosi di dar la formale sua adesione quando le cose fossero meglio sistemate.
Identico in Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. Z, Fol. 477. Nella colonna delle osservazioni si aggiunge: «Fu eseguita d ’ordine della Commissione una perquisizione alle carte del Zoradelli, ma senza effetto».
Milano, 17 ottobre 1822
Salvotti - De Rosmini