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Liberi Muratori

bresciani - B

BARATTA Bonaventura

(?)

Fratello affiliato della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 62).

Lontano da Brescia per domicilio o per ufficio.

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Il Fr؞ Baratta Bonaventura fu ufficiale capo-battaglione “fuori dai Corpi” della milizia cisalpina, nello specifico fu aiutante di campo, aggiunto allo stato maggiore, ufficiale del genio (Vedi, Sulla milizia cisalpino-italiana cenni storicostatistici dal 1796 al 1814).

 

 

BARBIERI Gaetano

Vedi voce DOLCE Pietro, suo pseudonimo con cui era conosciuto.

 

BARBOGLIO Giuseppe

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p.54 e p.356).

Di Brescia. Avvocato.

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

BARGNANI Ghelfino

(?)

Affiliato alla Loggia “Arnaldo” all’Or؞ della Gran Loggia d’Italia ALAM di Piazza del Gesù (1945).

Nella testimonianza resa al F؞ Silvano Danesi da Carlo Emilio Gnutti il 6 luglio 1992.  (http://www.silvanodanesi.info/?page_id=512, voce Basilio Gnutti e la fonte giornalistica: https://docplayer.it/138381326-Orzivecchi-concesio.html - p. 109-110).

Il F؞ Ghelfino fu architetto, con anche una laurea in ingegneria, preceduto in questa caratteristica dal Dabbeni, anni prima, ma pur sempre prima della seconda Guerra mondiale.

Partecipò nel 1947 alla costituzione a Brescia della Federazione Provinciale del Movimento sociale italiano.

Fu tra i collaboratori del giornale “FIAMMA Notiziario della Federazione Bresciana del M. S.”  e del settimanale “Il Popolo di Brescia”, con orientamento di destra, uscito dall’1 marzo 1957 al 1958. (A. Fappani, Enciclopedia Bresciana, voce Movimento sociale italiano, e ricerca ad nomen).

Le carte e le mappe dell’arch. Bargnani sono state donate dal figlio all’archivio storico della Fondazione Civiltà Bresciana arricchendone il patrimonio della sede di vicolo San Giuseppe con materiali di straordinario interesse per l’urbanistica cittadina e del territorio.

Fu l‘architetto Ghelfino Bargnani jr che, ritirandosi dall’attività, decise di donare alla Fondazione il materiale documentario custodito nel suo studio, di cui la parte più cospicua e di rilevante interesse per la storia urbanistica di città e provincia nel XX-XXI secolo, è costituita da una raccolta dei progetti, sia concorsuali che esecutivi, del padre l’arch. Ghelfino Bargnani senior a partire dall’anno 1927 e custoditi in numerosi raccoglitori (oltre 150) tra cui solo a titolo d’esempio il Piano regolatore di Montisola del 1968 e il progetto della cittadella dello sport in 70 mila mq. a Molinetto del 1987; in uno dei contenitori sono poi contenuti una mappa del centro storico di Brescia dell’Ottocento.

 

 

BARGNANI Ippolito

(?)

Fratello Maestro Venerabile della Regia Loggia Cenomana all’Or؞ di Brescia (1863).

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 121).

Il F؞ Ippolito è citato anche in una nota del Prefetto di Brescia dell’8 febbraio 1864 nella quale il “direttore della Gazzetta Provinciale” figura tra i confratelli influenti della Loggia.

Si ha notizia della costituzione della loggia, “Cenomana” a Brescia nel 1860, di rito francese, ebbe tra i suoi promotori il conte F؞ Enrico Martini (vedi) di Crema. Di questa loggia si hanno pochissime notizie, probabilmente anche per la sua breve vita. Nel 1863 la troviamo ancora attiva con a capo il conte Enrico Martini, secondo il rapporto prefettizio al ministro degli Interni. Ad un certo punto della sua esistenza la Cenomana, come testimonia un’informativa prefettizia, sarebbe anche stata sul punto di fondersi con la Loggia Arnaldo. Secondo un rapporto dei carabinieri del 6 febbraio 1864 era di “sentimenti moderati”. In una nota del prefetto di Brescia del 17 febbraio 1868, questi assicurava il ministro dell’Interno che la Loggia Cenomana si doveva considerare ormai estinta definitivamente.

Per ulteriori note storiche sulla Loggia Cenomana vedi la voce del F؞ Enrico Martini.

Null’altro sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

BARUCHELLI Paolo

(1810 - 1872)

Presiede la “Società Internazionale Neolatina” (1864), probabile copertura di una loggia bresciana (forse la Rienzi che nel 1865 si fonde con l’Arnaldo?).

Nacque a Brescia nel 1810. È stato un avvocatopatriota e politico italianosindaco facente funzione di Brescia dal 1862 al 1863 (Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 120).

È riportato e ripetuto in alcune fonti col nome di Paolo BARONCHELLI.

La Società Internazionale Neolatina nasce nel 1864 per opera di alcuni FF؞ delle LL؞ Arnaldo e Cenomana per i dissidi interni alle due anime moderata e radicale e, come afferma il Prefetto di Brescia in un suo rapporto “o per disgusto o per poco convincimento e fede nell’andamento delle stesse”.

Da giovane frequentò il Ginnasio di Brescia ed ebbe come insegnanti Cesare Arici ed il F؞ Antonio Bianchi.

Si laureò in Giurisprudenza a Padova e divenne avvocato presso il tribunale di Brescia.

Nell’agosto 1848 entrò a far parte del comitato speciale di Pubblica sicurezza del governo provvisorio bresciano.

L’anno dopo, durante le Dieci giornate, fece parte dell’ambasceria che incontrò l’Haynau dopo che questi, con un proclama, aveva intimato la resa senza condizioni degli insorti. Secondo lo storico Odorici, fu proprio Baruchelli ad interloquire con il comandante austriaco e a dichiarare, ignorando che a Novara l’esercito piemontese fosse stato sconfitto, che il popolo bresciano non si sarebbe arreso.

Nel 1857 fu tra i promotori dell’esposizione industriale che nel mese di agosto si tenne a Brescia, nella Crocera di San Luca.

Nel 1860 fu eletto consigliere comunale e poi assessore. Con le dimissioni del sindaco Valotti, avvenute dopo le elezioni comunali parziali del 20 luglio 1862, Baruchelli venne investito del ruolo di sindaco facente funzione e venne confermato in giunta durante la seduta consiliare del 4 dicembre.

Il mese seguente si fece sostituire dal F؞ Giovan Battista Formentini, che resse la giunta fino alla nomina regia del nuovo sindaco, Gaetano Facchi.

Fu Presidente dell’Ateneo di Brescia dal 1866 al 1869.

Vicino agli ambienti dell’istruzione, promosse la scolarizzazione popolare: fu membro del Gabinetto di lettura, della Società degli amici dell’istruzione popolare, della Commissione municipale conservatrice dei patrii monumenti, di cui fu anche fondatore, e del Consiglio scolastico provinciale; presiedette anche la Società Internazionale neo-latina, legata agli ambienti massonici (società profana della Loggia bresciana).

Passò all’Or؞ Eterno a Brescia il 19 luglio 1872 all’età di 62 anni.

 

 

BARONI Giampietro

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 54).

Avvocato (p. 608 o.c. del Guerrini).

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

BASTIANI Luigi

(1935 - vivente).

Gran Maestro emerito della Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli Antichi Liberi Accettati Muratori.

Nato a Brescia il 13 novembre. Avvocato.

Dopo gli studi classici si è laureato in giurisprudenza all’Università di Modena il 10 novembre 1959 ed ha intrapreso la professione forense.

Eletto consigliere comunale del Comune di Brescia nelle file del Partito liberale, è stato eletto assessore anziano durante le tornate amministrative retta dai sindaci Cesare Trebeschi e Pietro Padula.

Iniziato alla Massoneria il 1° aprile 1978 nella Loggia Athanor, all’Oriente di Brescia, all’obbedienza della Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi Accettati Muratori, essendo Gran Maestro della stessa Giovanni Ghinazzi, Luigi Bastiani è rimasto nella Gran Loggia d’Italia anche durante le Gran Maestranze di Renzo Canova e di Luigi Danesin.

Uscito dalla Gran Loggia d’Italia con il 31° grado del Rito scozzese antico e accettato, Luigi Bastiani con altri Fratelli, a loro volta usciti dalla Gran Loggia d’Italia, ha fondato la Loggia Libero Pensiero all’Oriente di Brescia (Loggia di San Giovanni) che, successivamente, si è posta all’obbedienza della Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli Antichi Liberi Accettati Muratori, in quanto diretta derivazione della tradizione iniziatica della Gran Loggia d’Italia degli Antichi Liberi e Accettati Muratori fondata da Saverio Fera (Piazza del Gesù). Il 10 dicembre 2010 Luigi Bastiani viene eletto Gran Maestro della Serenissima Gran Loggia Nazionale Italiana degli A.L.A.M. Tradizione di Piazza del Gesù, Gr∴Or∴ di Roma. Il 13 dicembre del 2013, nella Casa Massonica di Brescia, il Gran Maestro Luigi Bastiani è stato rieletto per il triennio 2014-2015-2016. Nel 2016, la Grande Assemblea Nazionale ha eletto nuovo Gran Maestro dell’Obbedienza il Ven∴mo e Pot∴mo Fr∴ Silvano Danesi, anch’egli bresciano (vedi la sua scheda biografica).

Luigi Bastiani è Massone bresciano ed è erede spirituale di una grande tradizione massonica che risale al ‘700.

 

 

BAZZA Bortolo

(?)

Affiliato alla Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 62).

Di Vestone. Copritore Aggiunto della Loggia nel 1809.

Lontano da Brescia per domicilio o per ufficio.

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

BELCREDI Goffredo

(?)

Fratello affiliato della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 62).

Lontano da Brescia per domicilio o per ufficio.

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Un Fr؞ Goffredo Belcredi (1785-1813), veneto, forse omonimo o forse si tratta del nostro, risulta affiliato alla Loggia bolognese “Gli Amici dell’Onore” (1808-1810) e viene indicato essere nella vita profana Tenente del Genio; fu allievo della Scuola Militare di Modena, ne uscì nel 1805 col grado appunto di Tenente del Genio. Dopo aver partecipato alle campagne del 1805 e 1806 sulle coste della Manica, venne destinato nel 1807 alla piazza di Bologna e, successivamente alla formazione della divisione Severoli nel Friuli; fu addetto allo Stato Maggiore alle dipendenze del capitano Marieni. Con questa divisione partecipò alla campagna di Germania e alla battaglia della Raab. Promosso capitano nel 1811, fu aggregato, come aiutante del Generale, alla divisione Pino, con la quale partì per la campagna di Russia. Insignito della Corona Ferrea per meriti di guerra (1812), durante la disastrosa ritirata che seguì, coadiuvò efficacemente il capitano Marieni nella costruzione del ponte sulla Beresina, che permise il passaggio di quella che era stata la Grande Armata. Rimasto indietro, fu ritenuto morto a Kùstrin; invece si era ritirato a Danzica, ove, per le sofferenze e i disagi subiti, morì poco dopo.

 

 

 

BELUSCHI Luigi

(?)

Fratello della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 63).

Pretore a Sarnico (dopo il 1809).

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Lo storico Alessandro Luzio nella sua o. c. scrive molto male di un Beluschi Luigi, forse omonimo o forse il nostro, che fu "sotto il cessato governo consigliere della corte di giustizia a Bergamo e nel 1818 mandato pretore a Sarnico. Appartenne alla Loggia di Bergamo : e ciò prova che si accoglievano nella setta anche degli idioti, perché come tale passava generalmente il Beluschi. Era inoltre pigro e negligente: nella sua pretura si accumulavano, per anni ed anni, gli affari arretrati. Fu messo a riposo nel 1824 o 1825". Ancora vivente intorno al 1831 (secondo il rapporto Torresani edito dal Luzio nell’Arch. stor. lomb.,1917).

 

BENAGLIA Pietro

(?)

Fratello della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 63).

Consigliere di Tribunale a Brescia (da Diario di Bresciano per l’anno 1833, p. 203).

In un Protocollo riservato della Delegazione Provinciale di Bergamo si ascrive che “Benaglia Pietro ha impossibilità di mantenere la carica di Direttore provvisorio della Casa di Ricovero per i poveri per motivi di salute" (1827).

Benaglia Pietro è riportato quale Notaio che ha esercitato l’attività dal 1807 al 1839 (Archivio di Stato di bergamo, Collegio dei Notai).

Ancora vivente intorno al 1831 (secondo il rapporto Torresani edito dal Luzio nell’Arch. stor. lomb.,1917).

 

BERARDI Gianluigi

(?)

Fratello affiliato alla Loggia Zanardelli n. 715 all’Or؞ del Mella del GOI. (1971).

Professore di italiano al liceo.

Secondo quanto riportato dal F؞ Silvano Danesi (vedi loggialiberopensiero.wordpress.com, 31 gennaio 2012, Loggia Zanardelli n. 715 all’Or؞ del Mella, ad vocem e Brevi note storiche sulla Massoneria bresciana, www.silvanodanesi.info), il F؞ Berardi Gian Luigi fu uno dei sette bresciani iniziati dal Gran Maestro Gamberini il 14 marzo 1970 alla loggia romana Propaganda 2 (prima che questa fosse deviata da Licio Gelli e quando era ancora alle dirette dipendenze del Gran Maestro), che fondarono la loggia Zanardelli 715 (con alcuni altri Fratelli massoni bresciani operanti a Verona e con quelli provenienti dalla Loggia bresciana Ettore Busan, i quali per qualche tempo avevano formato un triangolo).

La Loggia Zanardelli n. 715 fu costituita ufficialmente nel 1971 dopo che i sette bresciani, provenienti dalla Loggia Propaganda ebbero ricevuto l’exeat per la loro provincia d’origine il 20 maggio 1970.

I bresciani che arrivarono da Roma erano Edoardo Ziletti, Aldo Sanzogni, Pierluigi Bossoni, Gian Luigi Berardi, Antonio Parisi, Domenico Lusetti e Roberto Salvi, che risultano iniziati alla Propaganda Due il 14 marzo 1970 e trasferiti a Brescia il 20 maggio 1970.  (Commissione P2 – Allegati alla relazione – Serie II – Documentazione raccolta dalla Commissione – Vol. II – Tomo I). 

Ebbero come loro leader il professor Edoardo Ziletti, che ben presto diventerà l’animatore e il Maestro Venerabile della Loggia, che risulta essere attiva ancora nel 1975 e che chiuse poco dopo la morte del professor Ziletti, nella cui casa a Botticino aveva sede il Tempio. La sua demolizione ufficiale è datata 2 dicembre 1977. (Vedi documentazione relativa a Pierluigi Bossoni – Atti commissione P2 – Allegati alla relazione – Serie II – Documenti raccolti dalla Commissione – Vol VI – Tomo XV ).

Il 4 marzo 1982 il Gran maestro del Goi, Ennio Battelli, dispose che fossero posti “in sonno” i massoni affiliati “all’orecchio” del Gran maestro fra cui i bresciani Gian Luigi Berardi e Ugo Zilletti.

 

 

BERGOMI Giulio

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 54 e 357).

Sec. XIX. Di Iseo. Appartenente alla Massoneria. Amico del Conte Ducco, di Tonelli e degli Ugoni, fu tra i federati bresciani. Compromesso nelle congiure del 1821, fu arrestato e sottoposto ad interrogatorio.

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Atti del suo processo politico sono in cinque buste denominate “Processi politici del Senato Lombardo-Veneto (1814-1859) indice onomastico” all’Archivio di Stato di Milano.

 

BERNARDINELLI (?)

(?)

Massone nel periodo 1820-1822.

(Annibale Alberti, in Regio Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Elenchi di compromessi o sospettati politici 1820 – 1822, parte I, p. 7, n. 21):

«Bernardinelli. Scrittore della Pretura di Salò. Il Commissario di Polizia di Salò lo qualifica Massone, e di nessun attaccamento al Governo (in Archivio di Stato, Milano, Processo dei Carbonari, Registri risultanze processuali, Reg. B, Fol. 44)».

 

BERTHIER Francesco M.

(?)

Fratello affiliato della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 62).

Lontano da Brescia per domicilio o per ufficio.

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

BERTUCINI Antonio

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p.54 – Inaugurazione dello stendardo della L؞ del g؞ 2 del m؞ 8 dell’anno della v؞ L؞ 58o7).

Nulla sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

BETTONI Nicolò

1770 - 1842

Fratello Fondatore della Reale Loggia Amalia Augusta (1806).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 54).

Nacque a Portogruaro (Venezia) il 24 aprile 1770. Editore e noto tipografo.

Bresciano d’adozione.

Dopo avere ricoperto incarichi amministrativi di grande rilievo a Verona e a Udine, come filo napoleonico, venne inviato da Bonaparte a Brescia nel 1800, come segretario generale del dipartimento del Mella.

Gli venne successivamente affidata la carica di Ispettore della tipografia dipartimentale e la direzione del Giornale ufficiale del Dipartimento.

In breve tempo fece diventare la tipografia la migliore della Lombardia e Veneto, ottenendone la proprietà nel 1806, dopo avere rifiutato la nomina a direttore della Stamperia di Milano.

Nella tipografia di Brescia inaugurò collane di classici, stampò la prima edizione de “I sepolcri” dell’amico e fratello Ugo Foscolo, e la prima edizione dell’Iliade di Vincenzo Monti.

Nel corso della sua vita aprì numerose altre stamperie in tutta Italia.

Essere stampatore in quell’epoca equivale all’essere editore oggi, aveva relazioni dirette con i letterati di cui sceglieva le opere da stampare. Il Bettoni fu, dopo il Bodoni, il primo tipografo [editore] del tempo suo, ardito aristocratico, di gusto finissimo, ma poco fortunato. Intorno al 1825 stampò in un opuscolo di pp. 171 in-8, di pochissimi esemplari fuori commercio, 185 lettere di personaggi illustri a lui indirizzate e i Massoni vi hanno una larga rappresentanza.

La più importante e interessante pubblicazione della Loggia massonica di Brescia è un volume, uscito nel 1810 in Brescia, “per Nicolò Bettoni tipografo della L؞”, e che costituisce una completa raccolta dell’attività letteraria e sociale dei Massoni bresciani nel triennio 1807-1809 “Scelta di tav؞ mass؞  travagliate dalla risp؞  L؞ R؞  Amalia Augusta all’Or؞  di Brescia negli anni della V؞  L؞  5808-5809, Brescia Nicolò Bettoni 1809, pp. 314 in- 12; l’esemplare queriniano 5, Z. VIII. 9 con elegante rilegatura dell’epoca, provenienza dai libri del fratello Pagani.

Nicolò stampò anche un piccolo Catechismo dell’Apprendista donato alla biblioteca Queriniana, di pp. 8 in -16 picc.

Un’altra pubblicazione massonica bresciana da lui editata è il libro intitolato Tavole massoniche di Franco Salfi, 1810, pp.132 in -8, stampa rarissima, indicata da R. Soriga e che non esiste nemmeno in Queriniana.

In Commentari dell’Accademia del Dipartimento del Mella (1808-1811) poi Commentari dell’Ateneo di Brescia (1812-1907): Bettoni Nicolò, di Brescia, (1770-1842). S. att. - Discorso accademico. - -4n. 1807. (Ms.) - Progetto d’una edizione dell’ opera dell’Arici. - An. 1815, pag. 119. F. Odorici, Nicolò Bettoni: cenni biografici ,(Torino 1869) e P. Barbera, Nicolò Bettoni, (Firenze, Barbera, 1892),

 Passò all’Or.: Eterno il 18 novembre 1842 all’età di 72 anni.

 

 

BIANCHI Antonio, sacerdote

1774 - 1828

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 54 e 357).

Nacque a Collio Val Trompia il 10 giugno 1774. Sacerdote, letterato e poeta.

Di famiglia oriunda da Ivino e trasferitasi a Piazza di Collio, nel 1773.

Figlio di Giovanni e di Bruni Giovanna. Apprese i primi rudimenti di latino da don Nazaro Ronchi.

Dopo gli studi presso il collegio Zecchi Falsina, e dopo aver vestito l’abito sacerdotale, iniziò l’insegnamento della grammatica italiana nello stesso collegio, rivelando novità di metodo, grazie ai frequenti confronti con altre lingue classiche e neolatine (greco, latino, francese, spagnolo).

Divenne presto noto anche come oratore sacro e profano, e come letterato e poeta di buona fama locale.

Fu precettore del Fr.: Cesare Arici e Giuseppe Saleri, passò al Collegio delle Grazie dove fu pure precettore.

Insegnò grammatica nello stesso collegio, rinnovando il metodo.

Fu noto come oratore sacro e profano, letterato e poeta; negli ultimi anni del Settecento passò ad insegnare lettere latine e greche nel Liceo-Ginnasio di Brescia.

Pur non mancando di far omaggio al governo veneto come dimostrano un sonetto per la partenza di P. A. Mocenigo, e il “Trattato di morale per la gioventù” il suo nome compare nella lista dei 39 cospiratori che la notte del 17 marzo 1797 prepararono l’insurrezione contro il governo veneto.

Nei giorni che seguirono la partenza dell’autorità veneta egli figurò tra i protagonisti della Rivoluzione. Zelante e fervente patriota, cosa che gli costò le attenzioni della polizia austriaca e gli ispirò una fervida ode “alla Patria”:

«Patria! Nome diletto

d’ogni anima che sente;

«Primo pensiero e affetto

del core e della mente!»

«sia che madre benigna

ai cari figli arridi,

«sia che male gli affidi

indomita matrigna».

Nel 1798 fu membro del Governo provvisorio.

Nel periodo napoleonico la sua fama di letterato ed erudito aumentò tanto che gli fu affidata l’organizzazione delle scuole di Brescia, mentre continuava ad insegnare nel collegio locale nel 1815 dal quale passava al collegio Veronesi.

Fu tra i fondatori dell’Ateneo di cui fu socio dal 15 marzo 1802 divenendone il 10 gennaio 1810 segretario perpetuo.

Studioso di lingue tradusse e commentò Pindaro, Platone, Senofonte, ecc.

Scrisse elegie e sonetti e pubblicò l"Origine ed utilità della favola”. Fu in rapporti stretti con i FF.: Foscolo, Monti e più tardi con Giovita Scalvini, Buccelleni, Manzoni, Nicolini, G. Arrivabene.

All’arrivo degli austriaci continuò la sua opera e quando nel 1821 gli uomini più rappresentativi dell’Ateneo furono imprigionati o costretti alla fuga per attività cospirativa, egli cercò di salvaguardare l’Ateneo continuandone la vita e pubblicandone i Commentari; e ciò sebbene fosse sospettato sia pure blandamente egli stesso di essere cospiratore e Massone.«Bianchi Antonio. Prete - di Brescia. Dagli atti assunti in via politica sopra segrete denunzie risultano dei sospetti di sua appartenenza alla Setta dei Carbonari, e ch’egli intervenga alle Adunanze, che si tengono nel Ateneo sotto il pretesto di Adunanze letterarie».

Nelle note: «In Archivio di Stato, Milano, id. id., Reg. B, Fol. 42, alla partita che riguarda il Bianchi è scritto: «Si sospetta che questi sia un Carbonaro e che intervenga alle unioni che si tengono all’Ateneo di Brescia, ma non si ebbero che vaghe voci fra di loro contradittorie. Giuseppe Ronzoni lo indica attaccato al Governo Francese per pubblica voce». Però a foglio 895 dello stesso Reg. B, seguono, in circa 25 righe, tutte le risultanze raccolte a suo carico nel corso del processo bresciano, specialmente dalle deposizioni del Buccelleni e dalle informazioni di polizia; e segue notizia dei suoi interrogatori davanti alla Commissione speciale nei quali si mantiene negativo. Nello stesso foglio è indicato: «Sacerdote, provvisorio professore di filosofia, greco e latino nel1’ I. R. Ginnasio, segretario dell’Ateneo» nella colonna delle osservazioni a foglio 42 è aggiunto di mano posteriore «detenuto». È lo stesso abate Antonio Bianchi, di Collio, (1772-1828) membro del Governo provvisorio di Brescia nel 1798, compreso nella nota dei «di massoni bresciani» pubblicata da P. Guerrini nei «Cospiratori bresciani del 1821», Brescia, 1924, pag. 222. Cfr. anche cenno cronologico nei Commentari dell’Ateneo di Brescia, 1828, pag. 49 e G. Solitro, Nuovo contributo alla storia dei processi del 1821, in Rassegna Storica del Risorgimento, 1917, pag. 18» (Annibale Alberti, in Regio Istituto per la storia del Risorgimento italiano, Elenchi di compromessi o sospettati politici 1820 – 1822, parte I, p. 8, n. 23).

Passò all’Or؞ Eterno a Brescia il 6 agosto 1828 all’età di 53 anni.

 

BIANCHI Giambattista (Battista)

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p.54).

Medico. Fratello di Antonio.

Poco sappiamo di questo Fr؞ mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e raramente nelle storie letterarie della rivoluzione bresciana.

Antonio Fappani osserva nella sua o. c. Enciclopedia bresciana: “Medico, ebbe incarichi nel periodo della Repubblica Bresciana. Fu responsabile della Municipalità nel 1797, fece parte del Comitato di Istruzione pubblica, collaborò alla riorganizzazione del Governo provvisorio (firmandone il I maggio 1797 il decreto) e al progetto scolastico presentato il 10 agosto 1797. Scrisse: “La controrivoluzione fallita ovvero il colpo di fulmine sopra i gogomagoghi”» (Brescia, Stamp. Nazionale a VI 1798 in 8.o).

Riportiamo un estratto del saggio di Carlo Bazzani dal titolo "Il catechismo, il giornale, il libro": la letteratura democratica a Brescia durante l’epoca rivoluzionaria 1796-1799, (Misinta, Anno XXIV n.48 dicembre 2017), in cui l’autore delinea il periodo rivoluzionario nello scritto del nostro F؞:

«Come ultimo esempio di scritto che ebbe una discreta diffusione negli ambienti patriottici bresciani si è scelto l’opera di Giambattista Bianchi, medico molto attivo durante i mesi del Governo Provvisorio, La controrivoluzione fallita, ovvero il colpo di fulmine sopra i gogomagoghi. Il termine “gogomagogo”, secondo quanto si legge nel Vocabolario bresciano-italiano di Melchiori, indicava tutti coloro che erano «attaccati alle cose antiche». Esso venne usato molto dai rivoluzionari bresciani – notevole è il suo utilizzo fatto da Labus sul proprio giornale – per indicare quella persona che si opponeva al nuovo ordine, rimpiangendo le vecchie istituzioni di Antico regime. L’opera, in 32 pagine, è strutturata in forma dialogica e il primo dialogo – quello più interessante ai fini del nostro discorso – ha come protagonisti un parroco e un «spirata sofista», i quali discutono sul valore della controrivoluzione e su come attuarla compiutamente. La tematica relativa alla controrivoluzione, sebbene di rilevante importanza, è stata per lo più trascurata dagli storici, a favore del fronte rivoluzionario. Tuttavia, come dimostra questa opera, il pericolo di un’involuzione della situazione e la possibilità di perdere quelle conquiste così faticosamente ottenute era sentito con un certo peso. Nonostante sia uno scritto avente come protagonisti dei controrivoluzionari lo si annovera tra gli scritti patriottici non solo perché redatto da un rivoluzionario, ma anche, e soprattutto, poiché l’obiettivo era quello di dimostrare come i reazionari volessero sopraffare il popolo, riconducendolo a una condizione di abiezione sociale. Da sottolineare una particolarità, che rende lo scritto parzialmente differente dalla stampa democratica finora analizzata. Infatti, l’autore scelse uno stile alto, contraddistinto da numerosi riferimenti alla storia e alla letteratura, anche straniera, difficilmente comprensibili al basso popolo, elemento per cui si può affermare che la circolazione dell’opera dovesse essere interna al fronte rivoluzionario, il quale, come già accennato, era formato da personalità dalla solida educazione. Nondimeno l’operetta è di interessante valore in relazione alle dinamiche che muovevano i patrioti nella loro azione politica, dal momento che palesava gli avversari contro cui dovevano operare, oltre che i pericoli maggiori verso cui andava incontro l’ordine democratico-repubblicano. I nemici che dovevano essere colpiti erano soprattutto i nobili e i membri del clero, specialmente quello regolare. Come si può leggere nelle prime pagine, «terribili cannoni di prediche, moschetterie di rosarj, bajonette di persecuzioni, barricate d’indulgenze, mine di confessioni, incantesimi d’entusiasmi, e fantasmi faranno tremare il suolo cenomano più di tutte le giacobinerie dei circoli, delle tribune, e dei consigli». L’intento dell’autore era quello di deridere, sapientemente, i dialoganti controrivoluzionari, facendo scambiare loro battute che lasciano trasparire un forte disprezzo per il popolo, un popolo – viene affermato – inferiore a loro e, come tale, da dominare. I gogomagoghi descritti possedevano la propensione per l’intrigo e per la dissimulazione, che li portava ad insediarsi tra il popolo, farsi meschinamente portatori di principi repubblicani per colpire dall’interno il fronte rivoluzionario. Si comprende ancora una volta come fosse importante l’educazione, presentata in questo scritto sotto forma di guerra pedagogica, da ingaggiare per salvaguardare la Repubblica. Ma i repubblicani avevano un’arma segreta, il loro «colpo di fulmine» che avrebbe portato alla sconfitta dei controrivoluzionari: l’esilio del vescovo di Brescia, mons. Nani, colui che portava il vessillo sotto cui si erano riuniti tutti i nemici della libertà. Si è già ricordato, infatti, come nella città lombarda l’alto clero si era rifiutato di abbracciare gli ideali rivoluzionari, erigendosi a difensore dei sacri principi della cattolicità romana e del vecchio ordine, scosso dal turbine provocato dall’insurrezione del 1797. La Controrivoluzione fallita è quindi uno scritto che si colloca nel contesto storico di quei mesi, assumendo le sembianze di scritto militante e programmatico, con il quale indicare i bersagli da colpire per concludere felicemente la rivoluzione e instaurare un pacifico ordine democratico.» Estratto della favola pubblicata sul «Giornale democratico», n. 92 del 26 Frimajo anno VII repubblicano (16 dicembre 1798), p. 362. BBQ. 81.

 

BODEI Antonio

(1778 - 1820)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 54).

Di Nigoline. Medico insigne e professore a Milano e in Romagna. (Cfr. A. Schivardi, Medici Besciani).

Di Adro. Medico e naturalista (cfr. Antonio Fappani, o. c. Enciclopedia Bresciana).

Laureatosi in medicina a Padova, esercitò dapprima la professione a Pavia.

Trasferitosi a Milano nel 1807 venne, l’anno dopo, nominato professore del dipartimento del Metauro a Urbino, dove vi compì studi di storia naturale.

Inviato dal governo a Napoli si dedicò a studi geologici raccogliendo abbondante materiale di studio, fermandosi poi in Romagna e Toscana compì indagini sulla “lue epidermica pettechiale” o “lue epidermico-contagiosa”, da lui scoperta nel 1812.

Sviluppatasi la stessa malattia in Brescia, continuò le sue ricerche trovando cure che furono ritenute prodigiose e che riscossero ampie lodi del celebre Tommasini.

Studiò anche il vajolo arabo, la pellagra, la febbre gialla.

Nel 1817 il Governo lo nominava professore di chimica e storia naturale dell’Imperial R. Liceo di S. Alessandro di Milano ma la morte interruppe la sua promettente carriera.

Era socio dell’Ateneo. Scrisse: “Saggio sullo spirito di Labus e di Febrari” (Brescia, 1798 in 8°); “In morte di Orazio Ventura e di Domenico Rizzini” in terza rima (Ancona, 1812, in 4°); “Alcuni cenni sulle produzioni naturali del Dipartimento del Metauro” (Urbino, V.Quirini 1813 in 8°); “Della costituzione infiammatoria dominante in alcuni paesi d’Italia” (Brescia, N. Bettoni, 1815); “Dell’abuso dell’immaginazione considerato negli antichi sistemi e dei veri mezzi di coltivare la filosofia” (Milano, s.a.); “Questioni di medicina teorico pratica. dedicate soprattutto alla febbre gialla e al tipo itteroide” (Milano, s.a.); “Preparativi per la soluzione di gravissimi problemi intorno all’epidemia dominante”(Milano, 1817 in 8°); “Epistola diretta alla signora Biblioteca Italiana” pubblicato sotto lo pseudonimo Tobia Bioneo nel 1817; “Sull’influenza contaggiosa epidemica”; “Delle febbri tifoidee sotto la larba di perniciose e di gotro-epatito”; “Mortalità e conforto de’ metodi curativi”; “Gravissimi errori diagnostici e terapeutici accaduti ai medici non veggenti l’attuale dominio dei morbi”; “Esame critico dell’Opuscolo: “Del controstimolo e delle malattie irritative del dott. Quani”; “Osservazioni sulla valle Avelona”; “Analisi chimica - mineralogica sull’elobostro dell’istessa Valle”; “Nozioni naturali pei contorni di Urbino”; “Rapporti medici alle autorità locali”; “Storia di malattie e specialmente di quella d’un penfico (morbo rarissimo)”.

Elogio del defunto Fr؞ Antonio Bodei (Annuario 1824 dell’Ateneo di Brescia, pp.52-55) del dr. Andrea Nulli:

«… Elogio al fu nostro Socio Prof. Antonio Bodei , che nel fior dell’età ha rapito nello scorso anno la morte alle scienze medico - fisiche, che con tanto impegno e valor coltivava, ed agli amici che non sapeano qual meglio dovessero in lui ammirare, o l’acume dell’ingegno e la vastità della dottrina, o la bontà del cuore e la sincerità e soavità de’ costumi. Pel Signor Nulli sappiamo che il Bodei nacque del 1778 da onesti genitori, come fece i suoi primi studi in Brescia, ove anco attese alle filosofiche e matematiche discipline; e come sulla Università di Padova compiè il corso di Fisica e di Medicina, delle quali facoltà con molto plauso ottenne la laurea. Come dopo volle ritessere il medesimo corso su quella di Pavia, dove con temporaneamente apprese le lingue forestiere. Del 1807 godeva in Milano della famigliarità ed amicizia di dotti ed autorevoli personaggi; e fu eletto professor di Fisica prima nel Liceo di Belluno, e poi trasferito a quel di Urbino, e si nell’una che nell’altra di quelle città meritò le più onorifiche testimonianze delle sue profonde cognizioni, e dell’arte d’insegnare, ed ottenne pubblici attestati di quelle autorità di aver intrapresi viaggi botanici e mineralogici (che poi si videro anche stampati), riordinati ed arricchiti Musei, visitate biblioteche, fondate scuole e giardini botanici . Del 1814 nel riordinamento politico dell’Europa ritornati gli stati pontifici al legittimo loro Capo, venne Bodei in patria, e dedicossi ex -professo alla Medicina pratica, giacché mai non avea cessato di coltivar la teorica. Infinite difficilissime cure ei descrisse, e morbi creduti già disperati guarì; e colle stampe diffondendo i suoi lumi difese e promosse la nuova Dottrina Medica Italiana. Varj suoi opuscoli già furono pubblicati, e più memorie trovansi nei periodici giornali registrate. Gli studi e la dottrina del Bodei non isfuggirono alla perspicacia dell’I. R. Governo, il quale chiamollo dalle cure mediche nuovamente alla Cattedra di Chimica in Milano, dove pure insegnò le Fisiche , la Storia naturale e la Tecnologia; ma non dismise però l’esercizio anche della Medicina, né di coltivare ogni ramo di dotta ed amena letteratura; e benché brevissima vita gli abbiano permessa un temperamento debole, ed una sempre mal concia salute, oltre le cose poste in luce da lui vivente, moltiplici scritti lasciò in medicina, in istoria naturale , in fisica , in varia letteratura sì prosaica , che poetica , di modo, che riesce incredibile , che chi tanto fu occupato nell’insegnare e nel medicare, trovasse tempo di tanto poi scrivere. La sua morte fu pianta da’ suoi allievi, che è la testimonianza più gloriosa, che rendere si potesse alla sua memoria. Dappoiché, se piace di veder elogiati gli uomini insigni nella disciplina per essere questo un tributo di riconoscenza nazionale ai sommi benefici, che a tutti ridondano dalle loro dottrine, hanno poi questi elogi un non so che di consolante e di commovente nella bocca di coloro, che dirittamente si giovarono del loro sapere, e furono istituiti alle medesime discipline di questi uomini grandi».

Passò all’Or؞ Eterno nel 1820 all’età di 42 anni.

 

BONETTI Luigi

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Nulla sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il nome del Fr؞ Bonetti non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

BONIZZARDI Tullio

1834 – 1902

Fratello Affiliato alla Regia Loggia Arnaldo all’Or؞ di Brescia di RSAA.

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 120, 121, 138, 148).

Fu Segretario della Loggia Cola di Rienzo Or؞ di Brescia.

Nacque a Brescia nel marzo 1834. Medico e fondatore della Croce Bianca di Brescia.

Tullio, ancora studente all’Università di Pavia (dove si laureò nel 1858), nel 1855 tornò a Brescia per dedicarsi all’assistenza ai colerosi, generoso gesto che ripeté nel 1859.

Nello stesso anno si dedicò alla cura dei feriti nella battaglia di San Martino e Solferino.

A Pavia sposò Teresa Citterio (1841-1911).

Fu tra i medici più conosciuti e attivi a Brescia.

Fu membro della Associazione Italiana di soccorso pei militari feriti e malati in tempo di guerra, fondata a Brescia nel 1865 quale espressione della Croce Rossa (1863), nata a sua volta all’indomani delle battaglie di San Martino e Solferino del 24 giugno 1859, quando 35.000 soldati feriti vennero trasportati a Brescia che divenne “un immenso ospedale”: tutta la popolazione si mobilitò in quella che divenne un’operazione umanitaria di soccorso senza precedenti in favore sia dei franco-piemontesi che degli austriaci.

L’Associazione nel 1885 cambiò la denominazione in Sottocomitato della Croce Rossa Italiana in Brescia e nel 1890 consapevoli delle sempre maggiori necessità di soccorso della popolazione anche in tempo di pace, ma non potendo operare direttamente a causa dello Statuto che limitava il campo di intervento dei volontari dell’Associazione al solo periodo di guerra, questi decisero di fondare la Croce Bianca di Brescia ponendo a capo della stessa Tullio Bonizzardi, già consigliere della Croce Rossa; iniziò così un lungo periodo di collaborazione fra le due associazioni.

Consigliere comunale e assessore per l’igiene (1880) di parte zanardelliana, lasciò l’incarico per assumere (dal 1883 al 1905) la direzione dell’ufficio sanitario municipale.

Fu tra i primi volgarizzatori di igiene pubblica e privata.

Ideò il Ricreatorio civile, istituì i bagni pubblici di Borgo Trento, le scuole carcerarie, cooperò all’Istituto di Famiglia, ideò e fece accettare la trasformazione del Cidneo; fondò e presiedette la Società bresciana di Igiene e il periodico “La Vita”; promosse congressi di igiene, concorse alla creazione dell’Istituto Sociale San Luca; si interessò di portare l’acqua potabile, per il risanamento delle case e del sottosuolo; si batté per la realizzazione dei senatori del popolo.

Spese i suoi risparmi nel tentativo di ottenere la decaffeinizzazione del caffè e fu studioso del sonnambulismo. Membro dell’Ateneo bresciano dal 1868, molti sono i suoi scritti colà conservati.

Fu tra i principali esponenti della Massoneria bresciana e, convinto positivista, dispose che dopo la cremazione le sue ceneri venissero sparse così da congiungersi con la viva natura. 

Passò all’Or.: Eterno a Brescia il 2 aprile 1902 all’età di 68 anni.

 

BONVICINI Giovanni

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 54 e 63).

Di Brescia, Tesoriere della Loggia nel 1809.

Ragioniere della Prefettura di Brescia, poi Cancelliere e Cassiere della Congregazione Municipale; appartenne alla Comm. per la Fabbrica del duomo.

Si crede che si imbrancasse nella massoneria, solo per viste di personale interesse, poiché non si curò del resto mai di politica, e tenne sempre ottima condotta” (Archivio Storico Lombardo).

Null’altro sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il nome del Bonvicini non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Ancora vivente intorno al 1831 (secondo il rapporto Torresani edito dal Luzio nell’Arch. stor. lomb.,1917).

 

 

BOSCHETTI Antonio

(?)

Fratello Affiliato alla Regia Loggia Arnaldo all’Or؞ di Brescia di RSAA (1868).

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 121 e Archivio di Stato di Milano, Inventario RE 8/2, Fondo Processi politici del Senato Lombardo-Veneto (1814-1859), indice onomastico BOSCHETTI Antonio, numero di corda busta 293).

Null’altro sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui, il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

BOSCHETTI Nicola

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Tesorerie aggiunto della Loggia nel 1809.

Nulla sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il nome del Fr؞ Boschetti non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

BOSSONI Pierluigi

(?)

Fratello affiliato alla Loggia Zanardelli n. 715 all’Or؞ del mella del GOI. (1971).

Avvocato.

Secondo quanto riportato dal F؞ Silvano Danesi (vedi loggialiberopensiero.wordpress.com, 31 gennaio 2012, Loggia Zanardelli n. 715 all’Or؞ del Mella, ad vocem), il F؞ Pierluigi Bossoni fu uno dei sette bresciani iniziati dal Gran Maestro Gamberini il 14 marzo 1970 alla loggia romana Propaganda 2 (prima che questa fosse deviata da Licio Gelli e quando era ancora alle dirette dipendenze del Gran Maestro), che fondarono la loggia Zanardelli 715 (con alcuni altri Fratelli massoni bresciani operanti a Verona e con quelli provenienti dalla Loggia bresciana Ettore Busan, i quali per qualche tempo avevano formato un triangolo).

La Loggia Zanardelli n. 715 fu costituita ufficialmente nel 1971 dopo che i sette bresciani, provenienti dalla Loggia Propaganda ebbero ricevuto l’exeat per la loro provincia d’origine il 20 maggio 1970.

I bresciani che arrivarono da Roma erano Edoardo Ziletti, Aldo Sanzogni, Pierluigi Bossoni, G.Luigi Berardi, Antonio Parisi, Domenico Lusetti e Roberto Salvi, che risultano iniziati alla Propaganda Due il 14 marzo 1970 e trasferiti a Brescia il 20 maggio 1970  (Commissione P2 – Allegati alla relazione – Serie II – Documentazione raccolta dalla Commissione – Vol. II – Tomo I). 

Ebbero come loro leader il professor Edoardo Ziletti, che ben presto diventerà l’animatore e il Maestro Venerabile della Loggia, che risulta essere attiva ancora nel 1975 e che chiuse poco dopo la morte del professor Ziletti, nella cui casa a Botticino aveva sede il Tempio. La sua demolizione ufficiale è datata 2 dicembre 1977 (Vedi documentazione relativa a Pierluigi Bossoni – Atti commissione P2 – Allegati alla relazione – Serie II – Documenti raccolti dalla Commissione – Vol VI – Tomo XV ).

Null’altro sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il nome del Fr؞ Bossoni non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

BOTTURELLI Luigi

1827 – 1874

Fratello fondatore della Regia Loggia Arnaldo all’Or؞ di Brescia di RSAA (1863).

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 119, 124).

Nacque a Brescia nel 1827. Editore.

Fu uno dei Maestri Venerabili della loggia Arnaldo.

Compì i primi studi sotto la guida di don Pietro Zambelli suo zio materno.

Si laureò a Pavia, nel 1848, assieme all’amico Giuseppe Zanardelli e divenne “dottore in legge”.

Nel 1848 fece parte del Battaglione degli Studenti, attivo contro gli austriaci.

Nel settembre del 1859 con l’avvocato Gerardi e il dottor Marchioni fondava la “Sentinella lombarda” uscita poi col titolo di “Sentinella bresciana” divenendone poi direttore e proprietario.

Sarebbe stato il capo della Loggia massonica bresciana (da “Enciclopedia bresciana” di don Antonio Fappani).

La Sentinella Bresciana fu un quotidiano politico a carattere locale, organo di stampa del gruppo bresciano dei liberal moderati della "Destra storica". «Noi siamo anti tutto una sentinella che vigila il posto e difende il terreno; [...] ai noi la cura di dare il primo allarme, a noi l’invidiato onore delle prime fucilate» da “La Sentinella”, n. 2, 3 settembre 1859.

In una Brescia affidata all’amministrazione provvisoria del regno di Sardegna dopo l’esito della Seconda guerra d’indipendenza italiana, il 1º settembre 1859 uscì il primo numero de «La Sentinella», giornale politico e letterario. Il nuovo giornale, i cui numeri uscivano a cadenza trisettimanale il martedì, il giovedì e il sabato, offriva articoli di cronaca locale dando voce anche alle istanze risorgimentali del vicino Veneto.

Politicamente si allineò presto alla Destra filocavouriana che a Brescia era rappresentata dal Circolo Politico, un club di notabili comprendenti tra gli altri Diogene ValottiTartarino Caprioli e Giovanni Battista Nicolini.

Il Circolo Politico era contrapposto al Circolo Nazionale, vicino alla Sinistra e guidato dal Fr.: Giuseppe Zanardelli e da Francesco Cuzzetti.

Su questo dato storico di innestano le diversità squisitamente politiche che intersecano le due anime liberali, la destra moderata e i progressisti zanardelliani, che si ritrovano nelle due Logge massoniche, l“Arnaldo” e la “Cenomane”.

In occasione delle elezioni amministrative del gennaio 1860, il giornale propagandò i nomi dei politici allineati al Circolo, mentre alle politiche del marzo 1860 appoggiò il nome di Cavour nel primo collegio elettorale cittadino.

Nell’aprile 1860, un gruppo dei membri del Circolo Politico costituì una società che si occupò di rilevare e potenziare la testata: poche settimane dopo, il 15 maggio 1860, iniziò la pubblicazione quotidiana e si aggiornò la testata in «La Sentinella Bresciana».

Dopo l’improvvisa chiusura de «L’Indicatore Bresciano» (1860-1861), rimase l’unico quotidiano locale fino al 1º novembre 1870, quando si avviò la pubblicazione del quotidiano «La Provincia di Brescia», voluto dall’esponente principale della sinistra liberal progressista locale il Fr.: Massone Giuseppe Zanardelli.

Nel gennaio 1861, la precedente società fu rilevata da un’altra, composta da altre personalità del Circolo Politico, come Giovanni Martinengo di VillaganaLodovico Bettoni-Cazzago e Giovanni Luscia.

L’anno dopo, il Fr.: Luigi Botturelli divenne direttore del quotidiano e in poco tempo ne divenne il principale azionista: da Massone di quel tempo, il nuovo direttore inaugurò la linea anticlericale che avrebbe caratterizzato il giornale per un trentennio, terminando le collaborazioni con alcuni esponenti del clero bresciano, come Pietro Emilio Tiboni, che si erano mostrati vicini alle istanze liberali e risorgimentali.

Fino al marzo del 1876, «La Sentinella Bresciana» mantenne la linea propagandista dei candidati della Destra alla Camera dei deputati e dei consigli comunali e provinciali.

In particolare, appoggiò le nomine sindacali di Gaetano Facchi, di Giovan Battista Formentini e di Giuseppe Salvadego.

Dopo l’avvento del primo governo Depretis, al cui interno Zanardelli ricoprì l’incarico di Ministro dei Lavori Pubblici, «La Sentinella Bresciana» propugnò una linea di distensione nei confronti degli avversari della Sinistra.

Nel 1877 fu costituita una nuova società anonima che rilevò la proprietà della testata dagli eredi di Botturelli.

Alle elezioni politiche del 1882, Zanardelli decise di non rispettare il discorso di Stradella di Agostino Depretis ed escluse gli esponenti della Destra nel listino presentato dai ministeriali liberal progressisti nei collegi plurinominali di Brescia e di Verolanuova.

«La Sentinella Bresciana» rispecchiò la volontà della Destra bresciana, riunita nell’Associazione Costituzionale, di rompere il clima di distensione e aprì una fase di dura contrapposizione tra le due forze politiche liberali che sarebbe durata per quasi un quarantennio.

In Municipio si giunse alla costituzione di una “Giunta di resistenza” (1884-1885), retta dal liberal moderato Francesco Caprioli, in contrapposizione alla crescita di consenso elettorale della sinistra zanardelliana ottenuta grazie all’allargamento del suffragio.

Dopo le elezioni comunali generali del 1885, nessun esponente moderato entrò nel consiglio comunale cittadino.

Vi rientrarono solamente in occasione di quelle del 1889 che, grazie alla nuova legge elettorale, permise l’elezione di esponenti della minoranza nelle assemblee locali.

Finita all’opposizione, la Destra bresciana si avvicinò ai cattolici e «La Sentinella Bresciana» abbandonò la linea anticlericale.

Passò all’Or؞ Eterno nel gennaio del 1874 all’età di 47 anni.

 

BOZZONI Francesco

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta (1809).

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Nulla sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

Francesco Bozzoni, forse un omonimo, forse il nostro, è annoverato nel 1815 tra gli Ingegneri civili che progettò inizialmente la Strada da Ponte Crotte-Urago-Collebeato (in Rodolfo Vantini e l’architettura neoclassica s Brescia, Atti del Convegno di Studi dell’Ateneo di Brescia, 12 novembre 1992).

 

 

 

BRACCIO Gregorio

(?)

Fratello Affiliato alla Regia Loggia Arnaldo all’Or؞ di Brescia di RSAA (1868).

(Silvano Danesi, o.c. Liberi Muratori in Lombardia, ecc, Edimai, 1995, p. 121).

Dottore. Nulla sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il suo nome non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

 

BRAGA Giuseppe

(?)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55).

Tenente dell’esercito napoleonico. Bresciano.

Nulla sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il nome del FR؞ Braga non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

 

BRANDOLINI Matteo

(?)

Fratello affiliato della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 62).

Tegolatore della Loggia nel 1809.

Nulla sappiamo di questo Fr؞, mancando notizie certe su di lui. Il nome del Fr؞ Brandolini non figura nei repertori enciclopedici e nelle storie letterarie massoniche.

 

BREME Arborio, per esteso Giuseppe ARBORIO GATTINARA Marchese di Breme

1754- 1828

Dignitario onorario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 50).

Nacque a Parigi il 28 agosto 1754. Diplomatico.

Marchese di Breme e conte di Sartirana, figlio di Ferdinando (ambasciatore del re di Sardegna presso la corte di Francia )e Carlotta Solaro dei conti di Moretta.

Intraprese la carriera militare; il 19 settembre 1771 divenne Alfiere nel reggimento provinciale di Torino.

Il 20 ottobre successivo, a soli 17 anni, sposò Marianna Dal Pozzo dei principi della Cisterna; padre di Filippo e Ludovico (che divenne monsignore di Breme e che fu amico del Pellico e dei Confalonieri e uno degli scrittori del Conciliatore, vedi C. Cantù Il Conciliatore pag. 86).

Nel 1782 interruppe la carriera militare, dopo aver raggiunto il grado di capitano dei granatieri, ed intraprese, sulle orme del padre, quella diplomatica.  

Fu ambasciatore del Regno Sardo a Napoli e a Vienna.

Già ciambellano del re, più volte chiamato al Consiglio nel 1793, gli fu proposta l’ambasciata di Spagna, ma la rifiutò, mentre nel 1795 fu nominato "gentiluomo di camera" e l’anno dopo "tesoriere della SS. Annunziata".

Divise allora il suo soggiorno tra Torino, dove avrebbe cercato invano di far accogliere dal re un suo piano atto a prevenire la disastrosa pace di Cherasco, e il castello di Sartirana, in Lomellina, dedito alla famiglia e all’amministrazione dei suoi cospicui possedimenti.

Proprio a Sartirana, nel dicembre 1798, lo raggiunse la notizia dell’occupazione del Piemonte e della capitale da parte francese.

Accorso a Torino, vi giunse la notte del 9-10 dicembre, poche ore dopo l’abdicazione di Carlo Emanuele IV.

Fu costretto a grosse contribuzioni in denaro e in derrate e subì spoliazioni di bestiame e di quant’altro poteva servire all’esercito invasore.

Alcuni mesi dopo, inoltre, fu, con una quarantina di esponenti delle principali famiglie piemontesi, tradotto a Grenoble e poi a Digione e qui trattenuto come ostaggio per quattordici mesi.

Liberato, assieme agli altri, dopo Marengo e la riconquista del Piemonte da parte di Napoleone, ritornò nel suo castello di Sartirana, che l’anno seguente passò con il Novarese e il Vigevanese a far parte del territorio della Repubblica cisalpina sotto il nome di dipartimento dell’Agogna.

Trasformata nel 1802 la Repubblica cisalpina in Repubblica italiana, il “cittadino” Breme, adattatosi al nuovo stato di cose, accettò la nomina a presidente del Consiglio e della commissione amministrativa del dipartimento dell’Agogna.

Tenne la carica per undici mesi, fino alla fine del 1803.

Si distinse in attività organizzative e nell’impegno posto nella propagazione della vaccinazione.

Nel marzo 1805 a Milano ai festeggiamenti per l’incoronazione di Napoleone a re d’Italia, il viceré Eugenio Beauharnais gli propose la nomina di “Consigliere di Stato del Regno d’Italia”, che accettò per volontà espressa di Napoleone.

Nel settembre seguente fu nominato “Commissario generale presso l’armata franco-italica” del generale Massena con il delicato incarico di provvedere alla sua sussistenza.

Fu Ministro dell’Interno del Regno d’Italia (1806-1809): a Bologna, verso la fine del dicembre 1805, lo stesso viceré gli comunicò l’intenzione di Napoleone di porlo alla guida dell’importante ministero degli Interni del Regno d’Italia, al quale facevano capo anche la Pubblica Istruzione e i Lavori Pubblici, considerati da Napoleone branche della pubblica amministrazione, e al quale venne devoluta la pubblica beneficenza.

Vi si dedicò, com’era suo costume, con passione e fermezza.

Riorganizzò l’amministrazione del Regno; riordinò l’amministrazione dell’immenso patrimonio (circa 400 milioni) degli istituti di beneficenza (ospizi e ospedali) e, soprattutto, decise il bando della mendicità, adattando ricoveri per bisognosi; incoraggiò, ricorrendo anche a mezzi propri, l’uso del vaccino in tutto il Regno e introdusse il metodo del mutuo insegnamento.

Per ragioni di salute e forse anche per dissensi con il viceré si dimise nel 1809.

Per i servizi resi, il 2 dicembre 1809 Napoleone lo nominò senatore e conte dell’Impero e il 19 luglio 1810 presidente del Senato.

Passò all’Or.: Eterno a Sartirana nel 1828 all’età di 74 anni ed è sepolto nella chiesa parrocchiale.

 

BRIVIO Andrea Carlo

(1759 - 1846)

Fratello originario della Reale Loggia Amalia Augusta.

(Vedi op. cit. di Paolo Guerrini, I Cospiratori bresciani del ’21, p. 55 e 357).

Nacque a Castenedolo (Brescia) il 3 settembre 1759. Tenente dell’esercito napoleonico, magistrato e Giurista.

Fu allievo della scuola militare di Modena

Il Fr؞ Andrea Carlo fu integerrimo alto magistrato nel turbinoso periodo di convulsioni politiche del XIX sec.

Giurista nel senso più alto e nobile della parola fu Vicario in Valcamonica dove sposò una Calvi ed ebbe ventun figli.

Ebbe importante curriculum anche di Giudice già sotto la Serenissima e Giudice d'appello di Chiari sotto il governo provvisorio.

Fu console dell’Università dei mercanti.

Fu Presidente della Commissione nel 1799 per la ristrutturazione della Chiesa parrocchiale di Castenedolo.

Nel 1801 fu presidente del Tribunale d’appello di Brescia e poi Primo Presidente della Corte di giustizia.

Nel gennaio 1802 fu tra i 454 Rappresentanti italiani ai Comizi di Lione (in “Commentari della Accademia di Scienze, Lettere, Agricultura, ed Arti del Dipartimento del Mella“, 1858 e Almanacco del Mella per l’anno 1811).

La versatilità del suo ingegno fu mirabile, la storia, la poesia, l’agraria, l’architettura lo ebbero amorevole cultore.

Fu socio dell’Ateneo di Brescia.

Sospettato di appartenere alla Federazione, società sovversiva, il suo nome apparve nel processo dei Carbonari.

Passò all’Or؞ Eterno nel 1846, povero e austero all’età di 87 anni.

 

BRUSAFERRI Alceste

1929 - Vivente

Affiliato alla Loggia Leonida Bissolati n. 911 all’Or؞ di Cremona del GOI.

Nato il 14/05/1929. Vive a Quinzano d’Oglio (Brescia). Imprenditore.

Nel bresciano dal 1952 come imprenditore agricolo e nel settore chimico minerario – Vice presidente Latteria di Orzinuovi – Socio fondatore e presidente dell’Api (Associazione piccola e media industria) dal 1980 al 1990.

Nell’assemblea dell’A.P.I. (Associazione Piccole e Medie Industrie) del 22 marzo 1980, il Fr.: Brusaferri tracciò un programma liberista e evidenziò, con un aneddoto, gli insegnamenti che la vita, a volte, ci fornisce nei modi più impensati e che lasciano dentro di noi tracce indelebili.

Un’impostazione liberale e liberista, quella di Brusaferri relativamente alle imprese, alla quale si accompagnava un’idea di stato sociale che escludeva la sua diretta incidenza sul sistema produttivo.

Brusaferri, infatti, al secondo punto del suo programma chiese “l’avvio di una sostanziale riforma del sistema di finanziamento della sicurezza e della previdenza sociale, in diretta connessione con la avviata riforma sanitaria, i cui oneri devono essere sostenuti dall’intera collettività in ragione del reddito dei cittadini e non trasferibili sul costo del lavoro”. “L’idea liberale – ricorda Brusaferri – l’ho imparata sin da giovane da un mio zio bolognese. Lo frequentavo in tempi duri, nell’immediato Dopoguerra. Lo zio abitava a Monteveglio, dove aveva una tenuta. Un giorno, per raggiungerlo, inforcai la bicicletta e da Quinzano pedalai fino al Po. Il ponte era pattugliato da partigiani, i quali mi dissero che non si poteva procedere oltre senza un lasciapassare. Mi indicarono un’osteria vicina, dove avrei trovato un barcaiolo che mi avrebbe traghettato. Aspettai alcune ore e finalmente il barcaiolo si fece vivo. Concordammo il prezzo della traversata, imbarcammo la bicicletta e passammo il fiume. Ricordo ancora il puzzo di cadavere che emanava, nauseabondo, dalle acque, dove le mitragliatrici avevano scaraventato i corpi dei tedeschi in fuga. Giunto all’altra riva ripresi a pedalare e giunsi finalmente alla villa dello zio. Lo trovai intento a far buche nel terreno, dalle quali estraeva bottiglie di vino preziose, frutto del suo lavoro di anni e sottratte alle requisizioni. La vita ricominciava e con le bottiglie dalla terra usciva anche la speranza di un mondo nuovo. In quei viaggi e nei successivi, frequentando lo zio, trovai in lui un maestro di principi liberali, che ho conservato tutta la vita”.

Brusaferri, iscrittosi all’Api sin dal 1963 con la Simpo, la sua azienda di Quinzano d’Oglio (Brescia), trovò subito nell’associazione il luogo adatto per una politica associativa e imprenditoriale libera, ma la sua caratteristica principale, che segna i dodici anni della sua presidenza, è stata la capacità di costruire una rete di relazioni con tutti: politici, sindacalisti, imprenditori, attori della vita pubblica cittadina.

Ho cercato di avere un rapporto libero con tutti. Non essendo appoggiato da nessuno mi sentivo tranquillo nell’allacciare relazioni, con il solo scopo, vantaggioso per l’Associazione, di mettere l’Api al centro degli interessi della comunità”.

Rimpiango di non aver fatto vita politica attiva. Forse avrei potuto dare qualcosa, sulla base dell’esperienza acquisita, ma devo anche dire che in politica si dice una cosa e se ne fa un’altra e personalmente non sono il tipo che sa essere doppio. Nell’Associazione, invece, mi sono trovato a mio agio”.

Il 27/12/1984 fu nominato Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nel 1986 fu socio fondatore del Lions Club Cremona Stradivari e Presidente dello stesso nel 1990-1991.

BULFERETTI Domenico

1884 – 1969

Affiliato ad una Loggia bresciana (Arnaldo da Brescia o Cesare Abba?).

Nacque a Brescia il 4 settembre 1884.

Saggista, storico e critico letterario, studioso antifascista, è stato docente universitario di Letteratura italiana a Humboldt di Berlino e nelle università di Torino e Siena.

La famiglia è originaria da Cedegolo (Bs) in Val Camonica.

Frequentò il Collegio Cesare Arici di Brescia e si distinse presto per l’eccezionale conoscenza dei classici, in particolare di Dante tanto che dimostrò in pubblico di conoscere a memoria l’intera “Divina Commedia”.

Studiò alla Normale di Pisa e fu allievo del Fr.: Pascoli che seguì poi all’Università di Bologna, dove si laureò in lettere con ricerche sul vasto mondo scientifico-filologico di Angelo Poliziano.

Al Fr.: Pascoli dedicherà, dopo la morte, un grosso volume biografico.

A Pisa fu in contatto con Giuseppe Toniolo mentre a Milano fu a contatto con Tommaso Gallaratti Scotti; conobbe don Romolo Murri di cui fu seguace e sostenitore nella Lega Democratica Nazionale.

Con Guido Zadei fu l’esponente del movimento democratico-cristiano “murriano” a Brescia e promotore della sezione della Lega Democratica Nazionale.

Nel 1909 partecipò anche attivamente alla lotta politica a sostegno degli zanardelliani, contro il movimento cattolico ufficiale bresciano.

Nel frattempo incominciò a pubblicare saggi e articoli di soggetto garibaldino, curò l’edizione dei “Poemi Illirici” del Tommaseo e diede alla luce un romanzo “Non sarà deputato”.

Chiamato ad insegnare a Varese, in pieno accordo con l’assessore dott. Luigi Zanzi, pose le basi del Liceo Classico, che qualche anno dopo venne statizzato.

Passò poi ad insegnare all’Accademia Humboldt di Berlino e poi a Torino, dove poté dedicarsi agli studi preferiti.

Probabilmente per questo rinunciò ad una nomina all’Università di Cluy che gli venne fatta dopo la I Guerra mondiale.

Nel frattempo si prodigò a tenere conferenze e lezioni in Università popolari di gran parte d’Italia.

Fedele amico di Benedetto Croce ne seguì le teorie estetiche.

Si dedicò intensamente agli studi foscoliani approfondendo la genesi dei “Sepolcri” e la storiografia politica e le liriche delle “Grazie” e pubblicando più tardi un volume sullo stesso Foscolo, Fr.: della L.: Amalia Augusta.

Studi accurati dedicò all’opera del Parini”.

In saggi, in articoli e nell’introduzione alla “Morale Cattolica”, mostrò la lunga formazione e le trasformazioni del capolavoro manzoniano dal “Renzo e Lucia” agli “Sposi Promessi” e poi ai “Promessi Sposi” nelle due edizioni del 1827 e del 1840, dimostrando l’influenza del Rosmini.

Antifascista, ebbe dal Regime ostacolata l’attività di conferenziere e di pubblicista, ma poté ugualmente, con articoli sull“Ambrosiano” di Milano, tener vivi alcuni valori civili e richiamare l’attenzione su ben scelti libri e autori e rilevare anche le goffaggini di taluni personaggi della cultura ufficiale fascista.

Tuttavia durante il fascismo dovette accontentarsi di scrivere più che pubblicare, raccogliendo negli anni ‘30 il materiale per due “romanzi critici” di quest’epoca: “Le tre Americhe” e “Uguccione da Lodi”.

Sfolla durante gli ultimi anni di guerra a Cuasso al Monte, partecipò all’attività del C.L.N. e nell’immediato dopoguerra fondò “Ateneo Prealpino” che cercò di far diventare un centro di studi utili alle civili intese attraverso la conoscenza di lingue e culture diverse e alla attività economica.

Tenne anche conferenze e lezioni nell’Università per stranieri di Siena, ma soprattutto, proseguì nel coltivare il genere difficilissimo del “romanzo critico” abbozzando in un assiduo lavoro preparatorio. Si dedicò ancora fino all’ultimo dei problemi manzoniani discutendone con Gallarati-Scotti e svolse una lucida interpretazione dantesca incentrata sul Veltro. Fu amico di letterati e studiosi fra cui Umberto Cosmo, Gaetano Salvemini, Barbara Allason, Leone Ginzburg, ecc.

Tra i molti titoli delle sue opere ricordiamo “La porta del Purgatorio Dantesco e altri lavori su Dante”, “Pascoli: l’uomo, il maestro, il poeta”, “Il trionfo della libertà di Alessandro Manzoni e la massoneria”, “Non sarà deputato” (romanzo), “Gli amori Garibaldini di Ippolito Nevo”.

In Commentari dell’Accademia del Dipartimento del Mella (1808-1811) poi Commentari dell’Ateneo di Brescia (1812-1907): Bulferetti dr Domenico. - Gian Maria Mazzuchelli nel secondo centenario della sua nascita. - An. 1906, pag. 130. (Ms.) - Il primo centenario della stampa dei Sepolcri di Ugo Foscolo. - An. 1907, pag. 186. (Ms.).

All’Archivio di Stato di Varese è conservato un Fondo a suo none costituito da 260 buste di materiali vari donato dal figlio Luigi nel 1988 (mss., appunti, corrispondenza, stampati, versi, pagine di diario e ricordi autobiografici), ordinati e suddivisi in cinque serie: l’uomo (corrispondenza con parenti - incluso il carteggio con il figlio Luigi, 1963-1968 - e amici intimi, letterati e personaggi diversi, e un’autobiografia); il docente (materiali relativi all’attività accademica, conferenze, articoli); il critico letterario e lo storico (appunti di argomento dantesco, manzoniano, storico-critici e una miscellanea); il narratore (scritti letterari e progetti per opere narrative); quotidiani e periodici.

Passò all’Or.: Eterno il 29 (o 30) maggio 1969 a Varese all’età di 85 anni.

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