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JUNG E L’ARCHETIPO DELL’APOCALISSE

Aggiornamento: 26 giu 2020

Propongo alle vostre riflessioni una seconda tavola sull’argomento apocalittico, divisa in tre parti, che necessariamente devono essere meditate e comprese in un unico insieme. Per avere una migliore comprensione del pensiero junghiano, vi invito a proseguire la lettura individualmente, se per questioni di tempo non sarà possibile leggere tutto in un'unica volta e dovessimo limitarci a trattare solamente una o due parti.

Quando saremo in grado di metterci realmente in discussione provocheremo un terremoto emotivo nel nostro mondo, ma soltanto se avremo comprensione che non è il nostro Ego ma è il Sé [Il Sè rappresenta, secondo Jung, l’unità e la totalità della personalità nella sua parte conscia e in quella inconscia; la realizzazione del Sè costituisce la meta ideale del pensiero junghiano, che segue il difficile cammino dell’individuo verso la propria autorealizzazione.] a volerlo e ad attuarlo per ripristinare equilibri perduti, saremo nella possibilità d’essere costruttivi e non distruttivi. Solo grazie alla perdita del nostro vecchio mondo, è possibile vivere l’esperienza dell’apokatástasis [nel neoplatonismo con apocatastasi si indica il ritorno dei singoli enti all'unità originaria, all'Uno indifferenziato da cui l'intera realtà proviene, un ritorno possibile tramite l’ascesi filosofica], cioè la ricostruzione di ciò che è all’origine dell’Archetipo, perché il Sé necessita di costante rinnovamento, e noi dobbiamo permettergli di irrompere nella coscienza come un fiume in piena, abbattendo le abitudini di un Ego imponente che blocca e limita lo svilupparsi della personalità autentica. Jung ha reso possibile interpretare l’Apocalisse, in termini archetipici. Ho scolpito questa tavola riferendomi ad un elaborato del Jungian Centre for the Spiritual Sciences, dal libro sull’argomento di Edward F. Edinger, nonché dal Libro Rosso dello stesso Jung.

L’Apocalisse è un Archetipo che spesso dà luogo a sogni di distruzione accompagnati da sentimenti di perdita e paura. Secondo l’interpretazione di Jung l’attivazione di questo Archetipo, è accompagnata dall’irruzione del Sé nei confronti delle illusioni di strapotere dell’Ego, il quale vive l’esperienza come una disastrosa sconfitta. Più l’Ego è fragile, più teme di confrontarsi con la propria fragilità, e preferisce illudersi di poter essere nel pieno controllo della vita, preferendo nutrire la falsità della propria grandiosità.

I sentimenti di ansia e di disperazione che accompagnano la vita e i sogni di finitudine sono il sintomo della lontananza dell’Ego dalle sue profondità. Un aspetto fondamentale della crescita spirituale è il riconoscere quanto l’Ego sia limitato e inferiore rispetto alla saggezza e al potere del Sé comparabili alla saggezza e al potere della Natura, di cui noi siamo parte.

La comparsa di sogni o sentimenti di angoscia collegati a temi negativi e distruttivi, dovrebbe far riflettere sulla necessità del cambiamento, di cui il Sé si fa portavoce chiedendo di emergere dall’oscurità a livello della luce della coscienza. L’irruzione del Sé lascia l’Ego tramortito e disperato, ma la disperazione dipende dall’incapacità di riconoscere i nostri limiti, i nostri errori, per divenire maggiormente autentici e reali. Ricordiamo che il termine Apocalisse deriva dal greco apo e kalypto, che significano, portar via ma anche coprire, nascondere. Apocalisse, allora, è scoprire qualcosa che era stato coperto.

Che cosa è coperto? Quale verità è nascosta? Ogni volta che si ravvisano i sintomi dell’attivazione di questo Archetipo, siamo di fronte alla necessità di doverci occupare della nostra psiche, abbiamo bisogno di compiere una seria riflessione sulle nostre personali spaccature, sulla necessità di riconciliare gli opposti e le contraddizioni all’interno della nostra personalità. Per noi Massoni questo Archetipo si è attivato con l’iniziazione, che ha un suo precipuo scopo che non è creare una reazione di cambiamento, perché essa è già innata in noi con la presenza dell’Archetipo, ma di renderci consapevoli della sua esistenza. L’Archetipo dell’Apocalisse provoca intenzionalmente comportamenti, sentimenti, pensieri di cambiamento.

È l’Ego che crea resistenze e contrasti aspri al cambiamento. Una caratteristica dell’Archetipo dell’Apocalisse, come di tutti gli archetipi del resto, è d’essere numinoso: ha in se stesso il concetto di sacro, evoca l'idea della straordinarietà, di ciò che è oltre il normale, di qualcosa assolutamente estraneo, diverso, indeducibile, che irrompe nell'ordinario, numinoso appunto, dal latino numen, che significa la misteriosa (=senza nome) potenza divina. Il sacro nella storia agisce sull’uomo meravigliandolo, coinvolgendolo in una esperienza fascinosa oppure atterrendolo. Il sacro si esprime secondo le polarità antitetiche del tremendum e del fascinus. Gli Archetipi hanno una qualità divina, un potere e fascino che derivano dalla loro origine nell'inconscio collettivo. Quando un Archetipo ci spinge ad agire, come nel caso dell’Archetipo dell’Apocalisse, possiamo sentirci coinvolti in qualcosa di più grande di noi stessi. In quei momenti è essenziale che ci ricordiamo di non identificarci con l'Archetipo. L'ego non è l'Archetipo e potrebbe esaltarsi oltre misura e inorgoglirsi se ci si identifica. La maggior parte delle persone ignora più o meno volutamente il proprio inconscio, in cui sono raccolti i nostri complessi psichici, perché è percepito come negativo, quale eterno antagonista all’origine di numerosi conflitti. Ma noi siamo la personificazione, in pensieri e comportamenti, di quello che è l'insieme del nostro conscio e inconscio, che non possono essere disgiunti. Noi siamo quel che siamo anche per ciò che rifiutiamo di riconoscere o ammettere in noi stessi razionalmente. Pertanto, perché non tentare di conoscerci meglio e pienamente, avvicinandoci pian piano all'inconscio? Jung indica una strada e rassicura che alla fine dell’esplorazione del nostro inconscio, lunga, faticosa e angosciante, si trova la sorprendente scoperta del Sé, della nostra luce interiore, della parte di sapienza divina seppellita nel più profondo del nostro essere. Attraverso l’integrazione della nostra “faccia nascosta” si crea il processo d’individuazione e, con essa, la rinascita nella luce. Questa tavola prosegue per un necessario approfondimento con 2 compendi e un allegato, il primo è relativo a come l'Archetipo dell'Apocalisse agisce sull'individuo, il secondo a come agisce sulla collettività e l'allegato, molto breve, sul significato di archetipo.

Compendio 1

AZIONE DELL'ARCHETIPO DELL'APOCALISSE SULLA PERSONA

Quelle che percepiamo come le nostre “ombre” simbolizzano, in positivo, i comportamenti che avremmo potuto scegliere, le possibilità che ancora non abbiamo vissuto o la persona che possiamo essere e che ancora non abbiamo manifestato fino ad oggi. Le nostre ombre sono guadi che dobbiamo attraversare sul sentiero della liberazione, e le dobbiamo affrontare, se non lo facciamo tutta la nostra vita sarà l’ombra di quella che avrebbe potuto essere in pienezza e gioia.

Inizialmente attivare e impegnare il nostro sistema psichico può sembrarci uno spreco d’energia, inutile perché senza risultati immediati e in più col pericolo di cominciare un processo difficile che può farci sentire incapaci d’affrontarlo e portarlo a termine.

Di fronte all’attivazione di quest’Archetipo ci sono reazioni diverse.

Un primo esempio sono le moltissime le persone che si organizzano nella illusione di sopravvivere alla fine del mondo. Basta pensare al continuo aumento dei membri di sette che predicano l’Apocalisse sia in Italia, che nel resto del mondo. Ritrovarsi insieme in un gruppo ristretto per credersi i migliori, gli eletti che possono sfuggire al disastro. Come se ciò bastasse a spegnere l’angoscia dell’imminente fine del mondo, senza riflettere sul semplice e inevitabile fatto che quando parliamo della fine del mondo, intendiamo il mondo con noi sopra, ma il mondo continuerà senza di noi, la terra esisterà con altre forme di vita e saremo noi a finire per sempre, passando a esistenza migliore oppure disperdendoci nel vuoto assoluto. Questo atteggiamento irrazionale riesce a far presa, perché nell’animo ”perso” del settario scatta il meccanismo della garanzia di protezione, cioè il credere che sarà sufficiente far parte di un gruppo di persone elette per avere la salvezza dal caos. Nessuna consapevolezza delle basi assolutamente anti-spirituali di questa concezione, dove la presunzione di far parte della schiera dei buoni, sostiene il solito tragico pensiero della superiorità spirituale. Nessuna consapevolezza del fatto che la pretesa asserzione d’avere una presunta superiorità spirituale è la negazione della spiritualità in sé. Questi comportamenti deliranti sono l’espressione di un Ego che non vuole rinunciare alla sua illusione di grandiosità, di un Ego paralizzato nella sua ipertrofia vanitosa e superba (vanità delle vanità, tutto è vanità, Qo 1:2) che domina la personalità ed è disposto a lanciarsi in un burrone o a consumarsi lentamente piuttosto che arrendersi alla consapevolezza dei propri limiti e far posto alla saggezza del Sé.

Ogni tentativo di guadagnarsi garanzie per l’eternità è solo un gesto al contempo grandioso e disperato, dettato dalla totale sfiducia nella vita e in se stessi. Da un lato abbiamo l’espressione del delirio di onnipotenza e dall’altra la totale incapacità di vivere nel presente, nella realtà, nella verità dei propri limiti e della conoscenza delle proprie reali possibilità e dei propri talenti.

Il secondo esempio che voglio portare, che poi il cuore di questa tavola, siamo noi massoni, appartenenti ad un Ordine iniziatico. Jung da buon psicoterapeuta lavorò instancabilmente per guarire il mondo, alimentare la pace, e riconciliare i conflitti. Secondo il suo punto di vista non ci sarà alcun cambiamento reale in noi, senza un lavoro che parte dalle fondamenta della persona e della relazione io/tu. Lavoro che noi massoni operiamo costantemente in Loggia.

L’Archetipo dell’Apocalisse va affrontato in termini simbolici, come un’opportunità di esplorazione e maggiore conoscenza di sé e della propria spiritualità, di quanto costantemente nascondiamo dietro le maschere dei nostri ruoli abituali. Quando l’Archetipo non è conosciuto, prende il controllo della personalità, la quale ne è letteralmente posseduta e in questo stato di cecità le reazioni sono spesso negative e autodistruttive.

Siamo di fronte a una scelta: possiamo resistere all’impegno che da iniziati ci siamo presi, vivere nella negazione e allontanarci dalla progressiva elevazione iniziatica che l’Ordine ci offre, descrivendo l’offerta come “banale” o incomprensibile o irrilevante. Esorto i fratelli a non credere che gli studi esoterici siano superflui in un Ordine iniziatico che segue il simbolismo nell’insegnamento e l’esoterismo nell’Arte Reale. Oppure possiamo seguire gli insegnamenti e cominciare a cambiare. Quest'ultima scelta non è attraente, perché implica di permettere all'Ego di confrontarsi dal Sé. Questo non è qualcosa che l’Ego accoglie. Jung ha osservato che “l'esperienza del Sé è sempre una sconfitta per l'Ego.” L'Ego non sa come affrontare la propria fragilità, anche quando crediamo di avere il controllo della nostra vita, perché non ama essere costretto a confrontarsi con i propri limiti.

Una parte fondamentale della crescita spirituale sta nel riconoscere quanto l'Ego sia limitato e inferiore, rispetto alla saggezza e la potenza del Sé.

Ci sono momenti nella vita dei ricercatori spirituali, quali mi auguro noi tutti vogliamo essere, in cui si presentano i sogni di distruzione o paesaggi (che sono riferimenti interiori) di terreni incolti o di natura selvaggia, di solito accompagnati da emozioni di paura, tristezza o terrore e castigo.

Ci viene chiesto di riconoscere i nostri limiti, vedere i nostri errori, sentire i rimorsi di coscienza e di trovare modi più autentici e significativi di vivere. Il nostro vecchio mondo e la nostra visione del mondo andranno in frantumi e questo è esattamente ciò che vuole il Sé.

Questo processo richiede tempo (mesi, se non anni), ma il Sé è paziente. Però è implacabile: anche se non ci deluderà, non ci permette di stare distaccati! Meglio non seguire l’esortazione dell’acrostico alchemico V.I.T.R.I.O.L. e scavare nell’inconscio se rifiutiamo d’iniziare a cooperare con il Sé! E se non cooperiamo di solito il Sé costringe l'Archetipo a manifestarsi nella vita, e si presenterà con ogni sorta di cose dolorose e infelici. Il Sé non deve essere contraddetto. Se non aderiamo all’obiettivo finale dell'Archetipo di rinnovare e ricostruire la nostra realtà, questo ci costringerà a farlo attraverso esperienze dolorose. E tali esperienze sono terribili da sopportare, ma sono poca cosa rispetto alla manifestazione dell'Archetipo a livello collettivo, di cui vi parlo nella terza parte.

Conoscere veramente noi stessi e migliorare, significa saper viaggiare verso il Sé, abbandonando man mano parte del peso dell’Ego e le sue cattive abitudini, facendolo diventare via via più leggero, perché diventiamo più consapevoli e capaci di venire a patti con il risentimento verso il passato, più capaci di perdonare chi ci ha offeso e nel saperci perdonare le nostre manchevolezze per vincerle e superarle, non per mantenerle e fallire di nuovo. In questo nostro personale cammino verso la luce interiore si ridimensiona fino a dissolversi, l’ansia per il futuro, causa principale del proliferare di personalità soffocate, paralizzate, logorate o distruttive.

La ricerca spirituale è essenzialmente la ricerca dell’unione di se stessi e di se stessi con l’universo mondo, ma soprattutto l’intuizione, la comprensione e l’identificazione con un'“anima collettiva”.



Compendio 2

AZIONE DELL'ARCHETIPO DELL'APOCALISSE SULLA COLLETTIVITÀ

A livello collettivo l’Archetipo dell’Apocalisse, inteso quindi come “trasformazione”, riorienterà l’umanità allontanandola dai miraggi di una civilizzazione squilibrata per permettere un nuovo modo di vivere, più consono alle reali possibilità, più essenziale, più vitale.

Un forte segnale di attivazione dell’Archetipo dell’Apocalisse a livello collettivo è il terrorismo, che riflette la "invasione di forze demoniache represse." Tali forze di solito si attivano in tempi apocalittici. Alla luce delle stragi dell’11 settembre e ora del 13 novembre, e di tutte quelle che si sono succedute nel periodo, poche persone in Occidente esiterebbero a identificare i jihadisti islamici come “demoniaci”. Altri segni sono meno evidenti sono rappresentati dalle tensioni delle relazioni politiche internazionali, non solo quelle che generano il terrorismo, ma quelle che generano guerre in continuazione. “La tensione degli opposti” è stato ciò che ha determinato le guerre in tutto il mondo negli ultimi decenni: l’Irlanda del Nord, la ex Jugoslavia nel 1990, la Somalia, i sunniti e sciiti in Iraq e Siria, gli ebrei e i palestinesi, sono solo alcuni degli esempi di opposti in confronto. La politica internazionale è piena di nemici che si confrontano l'un l'altro, come gli opposti che sono contenuti nel Sé collettivo, e che ci chiedono di essere consapevoli delle forze dirompenti in atto e di conciliare le differenze. Altri sintomi di attivazione dell’Archetipo sono le condizioni in cui versano gli Stati, incapaci di tutelare i propri cittadini. Altri indicatori della sua attivazione sono il proliferare di brutalità, volgarità, e altre forme di degrado umano, tutti sintomi che fanno temere che il mondo sia all’ultimo stadio del suo degrado.

Jung non apprezzava tutte le moderne tecnologie indifferentemente e vide in molte di loro una grande espansione dell’Ego. Da questo eccesso viene il nostro disprezzo per la natura e le convinzioni che stanno alla base di gran parte della scienza moderna (sentirsi un Dio e non una creatura che può cooperare alla creazione di Dio): il credere che si possa gestire una società valida in violazione delle leggi naturali. Così vediamo disastri, incendi, molteplici problemi ecologici e di salute pubblica, il riscaldamento globale con l’innalzamento del livello dei mari e lo scioglimento dei ghiacciai, i cambiamenti di habitat. Un corollario di distruzione ambientale a cui corrisponde l'intensa lotta degli ambientalisti che sperano di salvare la Terra: la loro passione riflette l'attivazione dell'Archetipo dell’Apocalisse. Si potrebbe continuare ad elencare a lungo, ma penso che abbiate compreso.

Considerando quindi il degrado umano, politico e culturale in cui siamo immersi, è sicuro che l’Archetipo Apocalisse è attivato ed in piena attività. Non dobbiamo tuttavia commettere l’errore di trascurare che la sua essenza è archetipica, se no sprofondiamo automaticamente in uno stato proiettivo dove non prevale la realtà oggettiva in tutte le sue componenti comprese quelle positive di buoni valori condivisi dalla stragrande maggioranza dell’umanità, ma una rappresentazione prospettica altrettanto illusoria nella sua negatività dove prevalgono terrore, furia e brutalità, violenza, sopraffazioni e guerre.

Noi massoni siamo tra coloro che riescono ancora a sognare, ad immaginare un mondo migliore e a battersi per questo, perché, pur usando la ragione che ci permette d’esprimere il libero pensiero razionale, sappiamo d’essere collegati all'unità “creante” di questo mondo, che produce nel nostro inconscio atti intuitivi essi stessi creativi e che passano attraverso sensazioni e presentimenti che, per quanto ne sappiamo, nulla hanno a che fare con la ragione.

Un tale riorientamento è un processo doloroso, perché mettere in discussione le idee che abbiamo sulla realtà e su come stanno le cose circa il nostro modo di pensare la civiltà, è doloroso se può scardinare delle convinzioni radicate. Dobbiamo ripensare come le cose procedono nel mondo. Dobbiamo ripensare guardando al futuro, ripensare a nuovi “modelli” di società più adatti alla successiva fase evolutiva dell'umanità per sostituirli a quelli attuali. Il rinnovamento delle convinzioni su cui si basa la nostra civiltà non è un processo facile. Presenta la sfida più grande per la vita come la conosciamo. Pensiamo alla civiltà occidentale come il meglio dello sviluppo umano e ci deliziamo della nostra elevata tecnologia, delle raffinate arti e della cultura, e delle virtù della “modernità”. Raramente ci rendiamo conto che, nel nostro desiderio di progresso scientifico e delle sempre più efficaci forme di controllo sulla natura, abbiamo perso ogni collegamento con il sacro. Il Sé collettivo non si diverte. La natura non tollera tali abusi molto più a lungo. Stiamo vedendo sempre più prove di questo in tutto il pianeta.

Jung era molto intuitivo. Grazie alla sua grande intuizione fu in grado di percepire cambiamenti nella coscienza collettiva molto prima che i cambiamenti esterni si realizzassero e fossero evidenti a tutti. Uno dei cambiamenti che lui aveva notato fu l’avvicinarsi del “tempo della fine” e l'attivazione di quello che definì essere appunto l’Archetipo dell’Apocalisse, ma non era per nulla un apocalittico. Ha riconosciuto che l'Archetipo dell'Apocalisse esiste ed è attivo nel nostro inconscio collettivo. Ha capito che, in quanto si tratta di un Archetipo, l'Apocalisse ha un certo fascino per noi (a causa della sua numinosità). Ha contestato l'interpretazione letterale che i fondamentalisti cristiani danno dei testi biblici (in particolare Daniele e Apocalisse). Jung ha capito che questi libri, con il loro ricco simbolismo e metafore, dovevano essere trattati come i sogni e come i simboli. Non descrivono eventi letterali che devono accadere, ma forniscono immagini metaforiche legate a stati psichici interiori dell'essere. In secondo luogo, ha compreso che l'incontro con il Divino è la nostra opportunità di integrare l'ombra, in modo da allargare il nostro essere e aumentare la nostra capacità di compassione.


Ripeto, per darne opportuno rilievo, che Jung ha lavorato sempre e instancabilmente per guarire il mondo, per promuovere la pace e per riconciliare i conflitti.

A questo scopo ha invitato tutti a compiere il proprio lavoro interiore, nella consapevolezza che tutto il vero cambiamento, che trasforma la realtà in una nuova fase, inizia dal singolo e dipende dal lavoro del singolo individuo. Jung ci direbbe che, se vogliamo evitare la catastrofe globale, se vogliamo cogliere l'opportunità che l'Archetipo dell’Apocalisse ci offre, si deve intensificare il nostro lavoro interiore, fino a integrare la nostra ombra. Riconoscere il nostro “partecipe” interiore. Subordinare l'Ego al nostro cuore Divino, il Sé. Solo con questi sforzi individuali saremo in grado di utilizzare questo Archetipo apocalittico per trasformare la nostra civiltà in qualcosa di più favorevole alla pienezza del nostro potenziale umano.


In conclusione, Jung ha ritenuto che fosse importante per le persone conoscere questo Archetipo, perché ha riconosciuto il potere di ogni individuo di cambiare il futuro. Egli sapeva che se abbastanza persone diventano consapevoli dell'Apocalisse, come Archetipo, capire i suoi termini e i suoi compiti e interiorizzarne il significato nella loro vita, il destino del mondo potrebbe essere più positivo.

Ho detto

Fr. M. Daniele



Allegato

CHE COSA SONO GLI ARCHETIPI

Gli archetipi, secondo un concetto di Jung che è stato rielaborato successivamente dalla sua scuola, sono centri neuropsichici innati che danno luogo a modelli di comportamento intrinseci nel nostro essere umani, che non dobbiamo imparare e che aiutano a rispondere nel momento in cui nella vita si presentano nuove esperienze.

L’Archetipo “inizia” il comportamento ed è universale; ogni collettività ha “madre”, “padre”, “nascita”, “morte”, “vecchio saggio”, “ombra”, “anima”, ecc., essi sono presenti in tutte le culture, sono caratteristiche universali dell'esistenza umana.

Gli archetipi costringono i nostri modi di percezione in schemi specifici, sono parte della nostra gamma di caratteristiche umane che già sono dentro di noi, come una forma di naturale auto-organizzazione.

Ebbene, se noi possiamo solo vedere i comportamenti o modelli di sentire che l'Archetipo suscita, non è che se li conosciamo quando l’Archetipo è attualizzato da azioni da parte nostra, possiamo anche rimodulare e riorganizzare i nostri comportamenti in nuovi schemi?

Gli archetipi hanno “una certa autonomia”, Jung ci dice che gli archetipi opereranno al di fuori della volontà cosciente del nostro ego. Qualcosa in noi agisce nonostante la nostra volontà.

Gli archetipi hanno intenzionalità: hanno uno scopo; influiscono su di noi e ci inducono ad agire in un certo modo, per raggiungere un determinato obiettivo. L'Archetipo “creatore” intende aiutarci portare qualcosa di nuovo in vita. L'Archetipo “maestro” si propone di trasmettere le nostre conoscenze a coloro che sono ricettivi ad imparare. Gli archetipi hanno due caratteristiche importanti che voglio esaminare qui.

La prima caratteristica è che sono numinosi: hanno in se stessi il concetto di sacro, evocano l'idea della straordinarietà, di ciò che è oltre il normale, di qualcosa assolutamente estraneo, diverso, indeducibile, che irrompe nell'ordinario, numinoso appunto, dal latino numen, che significa la misteriosa (= senza nome) potenza divina. Il sacro nella storia agisce sull’uomo meravigliandolo, coinvolgendolo in una esperienza fascinosa oppure atterrendolo. Il sacro si esprime secondo le polarità antitetiche del tremendum e del fascinus. Gli Archetipi hanno una qualità divina, un potere e fascino che derivano dalla loro origine nell'inconscio collettivo. A volte, quando un Archetipo ci spinge ad agire possiamo sentirci coinvolti in qualcosa di più grande di noi stessi. In quei momenti è essenziale che ci ricordiamo di non identificarci con l'Archetipo. L'ego non è l'Archetipo e potrebbe esaltarsi oltre misura e inorgoglirsi se identifica con esso. Questo è importante da ricordare quando si considera l'Archetipo dell'Apocalisse, come spiegherò di seguito.

La seconda caratteristica è che gli archetipi hanno un potere trasformativo. Se riconosciamo e assimiliamo un Archetipo, possiamo cambiare la nostra vita, perché gli archetipi ci aiutano a crescere in modo sorprendente. Ad esempio la nostra cultura vorrebbe farci credere che essere creativi significa essere dotati della capacità di dipingere come Picasso o comporre come Beethoven. La nostra cultura ha stroncato il nostro senso di creatività limitando il concetto "creativo" alle arti nobili e a prestazioni magistrali, ma l'Archetipo vive in ognuno di noi e ci aiuta ad creativi in un modo o nell'altro ogni giorno della nostra vita. Riconoscere questo e vivere spensieratamente la nostra creatività espande consapevolmente la percezione della realtà e amplia la visione della nostra vita.


F.M.A. Daniele

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